Embriologia: le novità



Embriologia: le novità

Romano S., Albricci L., Maggiulli R., Capalbo A., Baroni E., Colamaria S., Sapienza F., Ubaldi F., Rienzi L.,

Introduzione
L’entrata in vigore della Legge n. 40 sulla Procreazione Medicalmente Assistita  ha introdotto una serie di limitazioni nelle procedure di laboratorio dei centri italiani di fecondazione in vitro. Non potendo più effettuare una selezione degli embrioni da trasferire sulla base di criteri morfologici e/o genetici la nostra attenzione si è quindi rivolta alla valutazione di possibili criteri di selezione dei gameti prima della loro inseminazione.
L’aspetto delle cellule del cumulo e della corona radiata sono poco significative nel predire la maturità ovocitaria. La tecnica ICSI, che prevede la rimozione di tali cellule, ha consentito di osservare le caratteristiche morfologiche ovocitarie prima della inseminazione intracitoplasmatica. Sebbene la presenza del primo corpo polare dell’ovocita rappresenti un marker di maturità nucleare, recenti studi hanno dimostrato, utilizzando la microscopia a luce polarizzata, che ovociti che presentano un corpo polare nello spazio perivitellino possono essere ancora immaturi (Rienzi et al. 2005).
La completa competenza dell’ovocita è comunque legata non solo alla maturità nucleare ma anche alla maturità citoplasmatica che può essere acquisita indipendentemente da quella nucleare. La mancanza di sincronia tra questi due processi può manifestarsi in differenti  anomalie morfologiche ovocitarie che possono essere di natura citoplasmatica o extracitoplasmatica (Kahraman et al. 2000). Le anomalie citoplasmatiche possono essere caratterizzate da citoplasma scuro, da eccessiva granulosità centrale, dalla presenza di vacuoli o di corpi retrattili. Le anomalie extracitoplasmatiche sono invece caratterizzate da irregolarità nella forma ovocitaria, da un aumento dello spazio perivitellino, da frammentazione del primo corpo polare, da alterata consistenza dell’oolemma o della zona pellucida.
In letteratura la correlazione  tra  morfotipi ovocitari ed i tassi di fertilizzazione e  di sviluppo embrionale è valutata in maniera discordante da diversi autori. Questo  può dipendere dalla scelta dei criteri di valutazione e dal prendere  contemporaneamente in considerazione più aspetti morfologici  ovocitari.
Il nostro gruppo ha svolto recentemente uno studio nel quale i morfotipi ovocitari  sono stati valutati singolarmente e correlati alle percentuali di fecondazione e di sviluppo embrionale e ai risultati clinici  quali percentuale di gravidanza e di impianto. Lo scopo di questo lavoro è stato  anche quello di  definire un sistema di valutazione, basato su uno score, che possa servire nella pratica di laboratorio a selezionare gli ovociti con maggiori competenze ovocitarie in termini di fertilizzazione, morfologia pronucleare e potenzialità di sviluppo embrionale. 
Nuove metodiche per la valutazione del trascritto genico (trascriptoma), dell’espressione proteica (secretoma) e del metabolismo cellulare (metaboloma) ovocitario sono state inoltre molto recentemente proposte per esaminare in maniera non invasiva le sue potenzialità di sviluppo. Queste tecniche permetterebbero di acquisire informazioni sui meccanismi fisiologici e di valutare l’ovocita/embrione su basi totalmente nuove.
Per quanto riguarda la selezione del singolo spermatozoo prima della sua iniezione intracitoplasmatica sono state recentemente introdotte nuove tecniche che si basano sulla morfologia dello spermatozoo o sulla sua capacità biochimica di legarsi all’acido ialuronico. Le potenzialità di queste nuove tecniche nel migliorare i risultati della ICSI verranno discusse in questo lavoro.
Tra le novità della PMA sono anche da rilevare nuovi protocolli per la crioconservazione ovocitaria.
Aspetto del complesso cumulo corona ovocita
Gli ovociti maturi presentano generalmente un elevato grado di espansione delle cellule del cumulo dovuto alla loro attiva secrezione di acido ialuronico che si interpone tra gli strati cellulari separandoli e conferendo al complesso cumulo-corona radiata un soffice aspetto.
La selezione degli ovociti maturi sulla base del grado di espansione del rivestimento del cumulo non rappresenta una metodica di recente introduzione nella pratica di laboratorio ed è stata in parte abbandonata da quando con l’introduzione della tecnica ICSI si è osservato che l’aspetto del complesso cumulo-corona-ovocita non è strettamente legato alla maturità nucleare degli ovociti de cumulati.
Sebbene quindi l’aspetto del complesso cumulo corona ovocita non rappresenti un elemento  sufficiente a valutare la maturità e le competenze ovocitarie studi più recenti hanno evidenziato l’importanza del rapporto metabolico tra cellule del cumulo e ovocita. E’ stato osservato infatti che la presenza delle cellule del cumulo può migliorare il metabolismo degli embrioni sia stimolando l’espressione di determinati geni coinvolti nei processi metabolici sia riducendo gli effetti dello stress ossidativo che possono verificarsi durante la coltura  in vitro  ed inoltre la rimozione parziale delle cellule del cumulo prima di effettuare la ICSI incide positivamente sulla qualità e sullo sviluppo embrionale (Ebner T et al. 2006).
Sulla base di queste considerazioni nelle nostre procedure di laboratorio abbiamo rivalutato l’importanza di operare una selezione dei complessi cumulo ovocita in accordo con quanto riportato da Canipari e coautori (Canipari et al 2004) secondo cui tra gli ovociti che progrediscono nella maturazione nucleare e raggiungono lo stadio di metafase II (MII) quelli circondati da cellule del cumulo e della corona radiata normalmente espanse siano di migliore qualità.
Valutazione della maturità nucleare ovocitaria
Generalmente la maturità nucleare viene valutata in base alla presenza di un corpo polare estruso nello spazio perivitellino dell’ovocita. Gli ovociti recuperati in seguito a stimolazione ovarica possono trovarsi in uno stato di maturazione asincrono e questo comporta che circa l’85% degli ovociti  al momento della decumulazione ha completato la prima divisione meiotica e si trova allo stadio di MII con un evidente corpo polare nello spazio perivitellino; il restante 10% si trova bloccato nello stadio di Diplotene della prima Profase meiotica caratterizzato dalla presenza di una Vescicola Germinale (VG) e circa il 5% degli ovociti si  presenta senza  VG e senza aver estruso il I corpo polare e quindi viene valuatato convenzionalmente come stadio di Metafase I (MI). In realtà questi ovociti potrebbero trovarsi in una delle varie fasi della prima divisione meiotica (metafase, anafase, e precoce telofase) (Rienzi et al.2005).
Gli ovociti che si presentano immaturi al momento della rimozione delle cellule del cumulo e della corona radiata, possono raggiungere lo stadio di MII in percentuali  e tempi di coltura diversi in funzione del loro grado di immaturità. Tuttavia la percentuale di fecondazione e il tasso di sviluppo embrionale risultano essere più bassi rispetto a quelli ottenuti con ovociti maturati in vivo. Inoltre, sebbene in letteratura siano riportate sporadiche gravidanze ottenute con questi ovociti gli embrioni che si sviluppano da ovociti maturati in vitro presentano una più alta incidenza di aneuploidie. Pertanto è assolutamente sconsigliabile inseminare ovociti che al momento del prelievo si trovano in uno stadio di MI o di VG qualora il numero di MII disponibile risultasse sufficiente.
Allo stadio di MII i cromosomi omologhi ovocitari sono allineati sul piano equatoriale di una struttura formata da microtubuli  che prende il nome di fuso meiotico. Questo sistema altamente dinamico è localizzato alla periferia dell’ovocita ed è attaccato con un polo alla corteccia cellulare.
L’analisi del fuso meiotico è stata recentemente resa possibile mediante un sistema di microscopia a luce polarizzata collegato ad un software processore di immagini (Oosight, CRI, USA), la valutazione avviene in maniera non invasiva in quanto si sfrutta la birifrangenza della struttura microtubulare del fuso meiotico capace di deviare il piano della luce polarizzata e di determinare una ritardanza. Queste proprietà rendono il sistema capace di creare un contrasto e di osservare la struttura del fuso meiotico. L’utilizzo di questo sistema ha fornito  anche nuove informazioni riguardo la maturità nucleare ovocitaria. E’ stato dimostrato che alcuni ovociti valutati “maturi”, ad una semplice analisi tramite microscopia ottica, non hanno in realtà ancora completato la prima divisione meiotica nonostante presentino un evidente corpo polare nello spazio perivitellino (Rienzi et al. 2005). Le immagini di questi ovociti acquisite con il microscopio a luce polarizzata dimostrano che il fuso meiotico si trova a metà tra il citoplasma ovocitario ed il primo corpo polare. Questi ovociti si trovano quindi ancora nello stadio di Telofase I.
La percentuale di ovociti che presenta un fuso meiotico ben visibile al momento della decumulazione varia tra il 60-90% degli ovociti con corpo polare. La presenza e l’integrità di questa struttura è necessaria sia per garantire la sequenza di eventi che portano al completamento della meiosi che per i processi di fertilizzazione ed ha un ruolo importante nel determinare le potenzialità di sviluppo ovocitaria. Diversi sono i fattori che possono determinare la mancanza di un fuso meiotico visibile: 1) immaturità degli ovociti; 2) condizioni non ottimali dell’ambiente di coltura; 3) età della donna o invecchiamento degli ovociti  in vitro; 4) variazioni di temperatura e di pH durante la manipolazione degli ovociti all’esterno dell’ambiente di coltura .
Uno nostro recente studio ha dimostrato che anche la tecnica  di osservazione del fuso meiotico può influenzare la percentuale di visualizzazione. Ruotando infatti l’ovocita con una micropipetta è possibile orientare correttamente la struttura del fuso in modo e rendere più facile l’osservazione tramite luce polarizzata. Cohen e altri autori hanno dimostrato inoltre che la visualizzazione del fuso meiotico è correlata al tempo che intercorre dalla somministrazione dell’hCG. Per tale motivo è stato suggerito di effettuare la ICSI dopo 38-42 ore dalla somministrazione di hCG in modo che la maturità nucleare ovocitaria sia completamente raggiunta in una percentuale più elevata di ovociti (Cohen et al., 2004).
L’utilizzo della microscopia polarizzata ha inoltre permesso di osservare negli ovociti maturi che la posizione del primo corpo polare non ha un valore accuratamente predittivo della localizzazione del fuso meiotico. Lo spostamento del primo corpo polare rispetto al fuso meiotico potrebbe essere la conseguenza dell’azione meccanica esercitata per rimuovere le cellule del cumulo e della corona radiata prima di effettuare la ICSI. Negli ovociti maturati in vitro infatti la posizione del corpo polare è risultata essere strettamente correlata alla posizione del fuso meiotico.
Questo studio ha messo inoltre in relazione  i possibili angoli di deviazione del corpo polare rispetto alla posizione del fuso meiotico con i risultati ottenuti in termini di percentuale di fertilizzazione, di sviluppo e qualità embrionale post ICSI. E’ emerso che quando il grado di dislocazione è moderato non si osservano significative differenze nei risultati. Tuttavia quando l’azione meccanica dell’operatore durante la decumulazione determina una deviazione del corpo polare maggiore di 90° si osservano tassi di fertilizzazione significativamente più bassi.
L’utilizzo della microscopia a luce polarizzata consente inoltre di avere informazioni qualitative sul fuso meiotico e in modo particolare sulla struttura molecolare che si riflette nel grado di birifrangenza osservato. E’ stato suggerito che un aumento della temperatura durante la manipolazione dell’ovocita può causare una diminuzione della ritardanza dovuta probabilmente ad una parziale perdita di polimerizzazione dei microtubuli. Si ritiene che più elevato sia il numero di microtubuli del fuso meiotico più precisa sarà la migrazione cromosomica. Pertanto il grado di birifrangenza del fuso meiotico potrebbe essere un fattore prognostico della qualità ovocitaria.
La presenza di un fuso meiotico ben visibile in una regione del citoplasma ovocitario non distante dal sito di estrusione del primo corpo polare  con una adeguata birifrangenza rappresenta quindi un elemento importante nella selezione ovocitaria. Poter osservare la posizione del fuso meiotico consente inoltre di orientare l’ovocita  durante la ICSI in modo da scegliere il corretto punto d’ingresso della micropipetta ed evitare in questo modo  qualsiasi danno di natura meccanica alla struttura del fuso meiotico (Tabella 1).
L’analisi con microscopia polarizzata  ha di recente fornito informazioni anche sulla struttura della zona pellucida rivelando la presenza di tre strati  che differiscono nello spessore e nel grado di rifrangenza. Lo strato più interno della zona pellucida si presenta più spesso e birifrangente rispetto al tratto più esterno e a quello intermedio più sottile e scuro. Un elevato grado di ritardanza dello strato più interno della zona pellucida sembra  correlato positivamente alla qualità e alle potenzialità di sviluppo ovocitarie. (Tabella 1).
Valutazione della morfologia ovocitaria
La competenza ovocitaria in termini di fertilizzazione e di potenzialità di sviluppo embrionale è legata alla maturità nucleare dell’ovocita ma anche al raggiungimento sincrono della maturità citoplasmatica. L’assenza di sincronia tra questi processi si riflette in un alterazione della morfologia ovocitaria che possono essere di natura citoplasmatica o extracitoplasmatica (  Kahraman S et al.,2000).
Un ovocita allo stadio di MII osservato alla luce di un microscopio  ottico  dovrebbe avere per essere considerato “normale” quando ha: una zona pellucida regolarmente circolare, chiara e non troppo spessa, un ridotto spazio perivitellino, un primo corpo polare intatto e un citoplasma chiaro moderatamente granulare (Ebner T et al., 2006).
In letteratura  la correlazione tra i dimorfismi ovocitari e risultati in termini di fecondazione e qualità embrionale è valutata in maniera discordante. Alcuni autori sostengono che la fertilizzazione avvenga in maniera indipendente dalla morfologia ovocitaria e che la qualità embrionale come anche la percentuale di gravidanza e di impianto degli embrioni ottenuti da ovociti anomali sono paragonabili a quelle ottenute trasferendo embrioni derivanti da ovociti con un normale aspetto morfologico. D’altro canto studi condotti da altri autori riportano invece una significativa correlazione tra morfologia ovocitaria e potenzialità di sviluppo embrionale.  In modo particolare Xia ha suggerito che una valutazione della qualità ovocitaria basata sull’osservazione dei seguenti aspetti: morfologia del corpo polare, dimensioni dello spazio perivitellino, presenza di inclusioni citoplasmatiche, serva a selezionare l’ovocita con maggiore potenzialità in termini di fertilizzazione e sviluppo embrionale dopo ICSI (Xia P  et al., 1997).
Allo scopo di esaminare singolarmente le possibili anomalie morfologiche ovocitarie e l’influenza di queste sulle potenzialità di sviluppo, abbiamo condotto tra Settembre 2004 e Dicembre 2005 uno studio volto a definire un criterio morfologico di scelta degli ovociti maturi che potesse servire a predire le competenze ovocitarie  in termini di fertilizzazione, morfologia pronucleare, e capacità di sviluppo embrionale (Rienzi L et al., 2008). Dall’analisi di 1,191 ovociti alla stadio di MII è emerso che lo sviluppo embrionale è significativamente compromesso solo dalla presenza di alcune anomalie morfologiche: corpo polare grande o degenerato, presenza di vacuoli  e di uno spazio perivitellino aumentato, citoplasma granulare e presenza di area centrale granulare.
La presenza di un corpo polare degenerato potrebbe essere legata ad un’asincronia tra la maturità nuclerare e la maturità citoplasmatica dell’ovocita, mentre  l’estrusione di un corpo polare grande in dimensioni è un indice di una non corretta migrazione del fuso meiotico verso la periferia dell’ovocita (Xia P 1997). Per quanto riportato da altri autori la presenza di uno spazio perivitellino aumentato  sembra invece riflettere una post maturità dell’ovocita al momento di effettuare la ICSI che potrebbe comprometterne la fecondazione (Kahraman et al., 2000).  Si ritiene inoltre che i vacuoli si formino spontaneamente o siano il risultato di una fusione di vescicole preesistenti derivate dal SER o dall’apparato di Golgi. Nel nostro studio la presenza di vacuoli si correla ad un più bassa percentuale di fertilizzazione; probabilmente queste inclusioni citoplasmatiche interferiscono con la funzione del citoscheletro ovocitario con possibili  conseguenze sull’organizzione del fuso meiotico. La presenza di un’area granulosa centrale o diffusa influenza negativamente la qualità dei pronuclei e quella embrionale, queste alterazioni citoplasmatiche per quanto è emerso anche da altri studi potrebbero essere legate ad uno stato di immaturità ovocitaria (Kahraman S et al. 2000) o riflettere una scarsa qualità ovocitaria. Non abbiamo osservato invece una significativa correlazione tra la presenza di SER e la percentuale di fertilizzazione, morfologia dei pronuclei e qualità embrionale, questo dato è forse semplicemente dovuto al ridotto numero di ovociti che presentavano questa anomalia nel nostro studio.
Sulla base di queste osservazioni abbiamo definito un sistema di valutazione della qualità morfologica ovocitaria (MOMS- MII ovocyte morphological score) (Tabella 2). Lo score è stato creato considerando quanto ogni morfotipo ovocitario influenzasse i risultati nell’ottenimento della fertilizzazione, di una buona morfologia pronucleare ed embrionale (OR). Gli ovociti che ottengono per le loro caratteristiche morfologiche lo score più basso dimostrano di avere una maggiore potenzialità di sviluppo. Per verificare se questa modalità di valutazione avesse un riscontro con i risultati clinici, abbiamo calcolato in modo retrospettivo lo score medio degli ovociti inseminati nel gruppo di pazienti che hanno ottenuto la gravidanza e nel gruppo di pazienti con esito negativo. Sulla base della significativa differenza riscontrata nei due gruppi  lo score ovocitario potrebbe servire ad individuare una maggiore qualità ovocitaria associata a maggiori possibilità di successo. 

Valutazione del profilo dell’espressione genica (trascriptoma) degli ovociti e delle cellule del cumulo
La necessità di studiare i meccanismi molecolari  che sono alla base dei processi iniziali dello sviluppo embrionale ha da sempre spinto a mettere a punto metodiche di valutazione dell’espressione genica. Le tecniche utilizzate in passato hanno comportato varie limitazioni dovute principalmente alla bassa sensibilità di analisi e alla scarsa quantità di materiale biologico disponibile per la ricerca. Inoltre queste tecniche non consentivano di quantificare il numero dei trascritti di mRNA nei singoli ovociti ed embrioni. L’avvento della RT-PCR ha consentito invece di superare queste limitazioni fornendo, mediante l’analisi di singoli trascritti genici, informazioni riguardanti i meccanismi regolatori che sono alla base dei processi fisiologici cellulari. Sebbene questa metodica fosse adeguata per la quantificazione di singoli trascritti non consentiva di analizzare contemporaneamente più geni dal momento che era possibile esaminare solo  nove geni per ovocita/embrione, lasciando circa il 99.97% dei geni presenti nel genoma non testati.
Questo obiettivo è stato successivamente raggiunto con l’introduzione della tecnica microarry. Questa metodica sfrutta una tecnica di ibridazione inversa che consiste nel fissare microscopiche sonde di DNA (probe) su un supporto solido e nel marcare invece l’acido nucleico target ovvero gli mRNA convertiti in cDNA dall’enzima trascriptasi inversa. La possibilità di analizzare e quantificare l’espressione di migliaia di geni simultaneamente ha rappresentato un’importante via nella comprensione degli eventi molecolari legati ai primi stadi di sviluppo embrionale. Recentemente sono stati condotti diversi studi sul profilo dell’espressione genica dei complessi cumulo-ovocita  allo scopo di ottenere informazioni sui processi che regolano la maturazione ovocitaria. Grazie alla tecnica del DNA microarry è stato possibile inoltre  identificare  i geni che sono coinvolti  nei processi di acquisizione delle competenze ovocitarie durante l’ovulazione.
E’ stato recentemente osservato che durante la stimolazione ovarica il profilo di espressione  di alcuni geni negli ovociti ad esempio bone morphogenic protein 15 (BMP15) o GDF9, e nelle cellule del cumulo (PTX3), va incontro a dei cambiamenti legati ai diversi stadi di maturazione nucleare che possono essere monitorati mediante microarray. Se da un lato questa metodica ha permesso di acquisire informazioni importanti sulla regolazione genica dei processi fisiologici ovocitari dall’altro non consente di operare una selezione ovocitaria in quanto comporta la perdita di vitalità dell’ovocita. Lo studio dei trascriptomi nelle cellule del cumulo potrebbe invece essere d’aiuto nella scelta del protocollo di stimolazione più idoneo, e nell’ottimizzazione dei protocolli di coltura ovocitaria (Assou et al.,2006).
Valutazione del profilo metabolico (metaboloma) degli ovociti e delle cellule del cumulo
L’applicazione delle tecniche di biologia molecolare per l’analisi non invasiva del consumo di particolari nutrienti da parte dell’embrione, durante le fasi di coltura in vitro, potrebbe rappresentare un mezzo di misura delle potenzialità di sviluppo. E’ stato osservato che il maggior consumo di piruvato e di glucosio si correla alla maggiore capacità di questi embrioni di raggiungere lo stadio di blastocisti. Altro markers di valutazione metabolica in grado di fornire informazioni sulla potenzialità di crescita embrionale è rappresentato dalla produzione di ammonio che riflette la transaminazione degli aminoacidi da parte dell’embrione (Gardner DK et al. 2001).     
Valutazione proteomica embrionale (proteoma) e del secreto cellulare (secretoma)
I cambiamenti nel trascrittoma tuttavia sottostimano la complessità cellulare e non sempre individuano precisamente i cambiamenti  funzionali  in risposta a stimoli esterni. L’analisi, oggi possibile, ad alta definizione del proteoma embrionale, includendo le modificazioni post-traduzionali e le interazioni proteiche,  ha l’indubbio vantaggio di poter indagare con maggiore accuratezza lo stato cellulare. Gardner e colleghi hanno generato tramite spettrometria di massa e analizzatore a tempo di volo (MALDI-TOF) i primi profili proteici di embrioni murini riportando differenze significative  nel quantitativo di 32 biomarkers proteici in colture con differenti concentrazioni di ossigeno nella fase gassosa (5%-20%) in comparazione con quello in vivo, confermando l’effetto patologico di quella al 20%. Questa grande possibilità di studio offre una opportunità unica per poter indagare con elevata sensibilità l’effetto di variazioni procedurali nei sistemi di  coltura e come queste vengano recepite e tradotte dall’embrione.
Parallelamente all’analisi del proteoma embrionale è possibile, mediante analoghe tecnologie, valutare sperimentalmente in modo altamente affidabile il prodotto (secreto) del metabolismo embrionale. Questa tecnologia consente di studiare il prodotto proteico metabolico, dal punto di vista  quantitativo e qualitativo, secreto nel mezzo di coltura durante i diversi stadi dello sviluppo (Katz-Jaffe MG et al. 2006). Queste analisi saranno in grado di rivelare biormarkers proteici in grado di fornire indicazioni sullo stato metabolico degli embrioni in coltura che potranno essere utilizzate nella pratica  clinica come parametro aggiuntivo per la selezione degli embrioni da trasferire.
Selezione dello spermatozoo ad alto ingrandimento: IMSI
Da recenti studi è emerso che la valutazione della morfologia del singolo spermatozoo prima di effettuare la ICSI, è importante nel predire l’esito della microinseminazione. La scelta di spermatozoi che presentano  difetti morfologici della testa o del collo influenza negativamente il tasso di fecondazione e la percentuale di impianto. Valutare la morfologia del singolo spermatozoo a basso igrandimento (400x), come normalmente viene osservata prima della ICSI, consente di individuare i difetti maggiori della morfologia ma non le anomalie di minor entità. L’introduzione della tecnica IMSI (Intracytoplasmatic Morphologically Selected sperm Injection) da parte di Bartoov ha reso possibile di associare alla normale procedura della ICSI la selezione dello spermatozoo ad elevato ingrandimento (Bartoov et al 2003).
La tecnica IMSI descritta da Bartoov si avvale di precisi criteri di valutazione chiamati nel loro insieme MSOME (Motil Sperm Organellar fine Morphology Examination in real time). Questi criteri si basano sulla valutazione delle caratteristiche strutturali dello spermatozoo quali: nucleo, acrosoma, lamina post–acrosomiale, collo, mitocondri e coda. L’analisi dell’ultrastruttura spermatica richiede l’utilizzo di un invertoscopio equipaggiato con un ottica Normaski, un obiettivo 100x ad immersione, ed un sistema di elaborazione di immagine digitale che consente di osservare il campione ad un  ingrandimento finale pari a 6.600x.
Per quanto è stato riportato da recenti studi la selezione morfologica del singolo spermatozoo ad alto ingrandimento e in  tempo reale è correlata ad un aumento delle percentuali d’impianto e ad una diminuzione del tasso di aborto nei casi di severo fattore maschile e di ripetuti fallimenti di cicli IVF-ICSI (Bartoov  et al 2003).
L’applicazione di questa procedura a popolazioni di pazienti con scarsa prognosi consente inoltre di studiare la relazione tra particolari difetti dello spermatozoo e i risultati della ICSI e identificare altre popolazioni di pazienti che potrebbero beneficiare di questa tecnica.
Microscopia polarizzata per la selezione degli spermatozoi
Recentemente è stato proposto di applicare la microscopia polarizzata  per valutare l’organizzazione della struttura interna in entrambi i compartimenti della testa degli spermatozoi, nucleo e acrosoma, e nel flagello (Baccetti B 2004). Il nucleo dello spermatozoo maturo presenta infatti una birifrangenza intrinseca associata all’orientamento longitudinale di filamenti nucleoproteici. Lo stesso tipo di birifrangenza si osserva sia nel compartimento acrosomiale per la presenza di filamenti proteici subacrosomiali che nel flagello, dove la birifrangenza è associata alla struttura microtubulare dell’assonema e alla presenza del condrioma nel collo dello spermatozoo. L’assenza di una evidente birifrangenza si associa quindi ad un’alterazione delle strutture protoplasmiche dello spermatozoo spesso correlata al suo stato di maturità nucleare o alla presenza di vacuoli nella testa dello spermatozoo che di recente è stata associata ad un elevato grado di denaturazione e frammentazione del DNA spermatico.
Questa procedura consiste nell’utilizzo della microscopia polarizzata associata alla tecnica ICSI per osservare la birifrangenza dello spermatozoo che viene selezionato per la microinseminazione senza comprometterne la vitalità o la sua motilità. I dati emersi da un recente studio prospettico randomizzato hanno dimostrato che selezionando tramite luce polarizzata gli spermatozoi nei campioni di pazienti con severo fattore maschile ovvero nei pazienti con severa oligoastenoteratospermia in assenza di forme progressive e nei pazienti sottoposti a TESE, le percentuali di gravidanza e di impianto sono risultate maggiori rispetto a quelle ottenute utilizzando la tecnica ICSI convenzionale (Gianaroli L et al. 2007). Questi risultati suggeriscono che la selezione degli spermatozoi per la ICSI  basata sulle loro proprietà birifrangenti intrinseche può trovare la sua massima applicazione nei casi in cui la percentuale di spermatozoi con proprietà birifrangenti non è elevata come osservato nei pazienti affetti da severo fattore maschile, rappresentando quindi sia un valido strumento di diagnosi della qualità del campione analizzato che un nuovo metodo di selezione spermatica in grado di fornire nuove informazioni sulla fisiologia degli spermatozoi.
Selezione degli spermatozoi maturi attraverso il legame con acido ialuronico
L’acido ialuronico (HA) è un polisaccaride presente nella matrice extracellulare delle cellule del cumulo che circondano l’ovocita . Da quanto è emerso da recenti studi gli spermatozoi che si legano alle molecole di acido ialuronico hanno raggiunto la maturità nucleare e hanno completato correttamente il processo di spermiogenesi che comporta l’estrusione dei residui citoplasmatici e il rimodellamento della membrana plasmatica con acquisizione di recettori per il legame alla zona pellucida dell’ovocita e all’acido ialuronico.
L’applicazione di questa procedura di selezione degli spermatozoi ha evidenziato che gli spermatozoi che si legano all’acido ialuronico non presentano frammentazione del DNA e dall’analisi molecolare  non si osserva la presenza di caspasi-3 attiva come mediatore fondamentale del processo apoptotico (Cayli et al. 2004). Esaminando tramine FISH l’assetto cromosomico degli spermatozoi selezionati con HA, é emerso inoltre che la frequenza di anomalie cromosomiche (disomie e diploidie) risulta  in un range normale, indipendentemente dalla frequenza di aneuploidie osservata nel campione di partenza.
La selezione degli spermatozoi maturi può essere effettuata utilizzando dei mezzi che contengono acido ialuronico (ad es. Sperm Slow; Medicult, Denmark) oppure supporti plastici quali dishes  Petri rivestite con HA (PICSI). Gli spermatozoi maturi si legano all’acido ialuronico mentre quelli che non hanno completato il processo di maturazione e pertanto presentano una bassa concentrazione di recettori per l’HA si muovono liberamente senza formare alcun legame.                       
Sebbene i dati riportati i letteratura suggeriscono che la selezione degli spermatozoi con HA può essere d’aiuto nel migliorare i criteri di scelta dello spermatozoo selezionato per la ICSI  sono necessari studi randomizzati per valutare la reale efficacia clinica di questa procedura.
Crioconservazione ovocitaria
L’idea di crioconservare i gameti umani risale al 1700 quando si pensò di congelare gli spermatozoi nella neve. La crioconservazione dei gameti femminili ha comportato però maggiori difficoltà tecniche dovute alla struttura citologica della cellula uovo e alle sue dimensioni (basso rapporto superficie/volume). La continua ricerca nel campo della crioconservazione ovocitaria ha permesso oggi di valutare nuove procedure di congelamento e ad ottimizzare l’utilizzo dei crioprotettori al fine di migliorare la sopravvivenza ovocitaria, la fecondazione e il successivo sviluppo. Le tecniche di crioconservazione attualmente utilizzate per gli ovociti sono due: congelamento “lento” e congelamento “rapido” o vitrificazione. Il congelamento lento rappresenta una metodica convenzionale utilizzata già da tempo (anche per gli embrioni umani) che prevede l’esposizione degli ovociti a basse concentrazioni di crioprotettori  per deidratare l’ambiente cellulare e prevenire la formazione di cristalli di ghiaccio durante il graduale abbassamento di temperatura che viene controllato da un dispositivo cryofreezer programmabile. I crioprotettori normalmente utilizzati nel protocollo di congelamento lento sono il Proprandiolo utilizzato in genere alla concentrazione di 1,5M ed il Saccarosio in concentrazioni variabili di 0.2-0.3 mol/l. Da recenti studi è emerso che il protocollo che utilizza il saccarosio a concentrazione di 0.3 mol/l garantisce migliori risultati in termini di sopravvivenza e fertilizzazione  ma non risulta efficiente nell’ottenimento dei risultati clinici in quanto sono state osservate basse percentuali di impianto (~6%) e di gravidanza (~10%) (Borini et al.2006).
La procedura alternativa di vitrificazione prevede invece transizioni più rapide di temperatura e l’esposizione degli ovociti a concentrazioni di crioprotettori molto più elevate al fine di rendere più veloce il processo di disidratazione cellulare e non lasciare il tempo alle molecole d’acqua di organizzarsi in strutture cristalline. Questa metodica ha messo però in discussione il probabile effetto tossico legato alle alte concentrazioni dei crioprotettori e il rischio di contaminazione dell’azoto liquido con cui gli ovociti  vengono direttamente in contatto. Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto sono stati recentemente introdotti nella procedura di vitrificazione supporti chiusi che prendono il nome di Cryotip, questi sistemi anche se permettono di raggiungere il congelamento con una velocità di 200°/min rispetto alla velocità di 20.000°/min dei sistemi aperti garantiscono comunque risultati paragonabili a quelli ottenuti con supporti aperti convenzionalmente utilizzati (Kuwayama M et al., 2005).
Recentemente Oktay e coautori hanno realizzato una metanalisi analizzando tutti i dati presenti in letteratura relativi all’efficienza della crioconservazione ovocitaria. I dati dimostrano che dal 1997 al 2005 si è ottenuto un miglioramento graduale nel tempo sia dell’efficienza del congelamento lento che della vitrificazione. E’ stato osservato  che il congelamento rapido offre migliori percentuali di sopravvivenza ovocitaria allo scongelamento, più elevate percentuali di impianto e di bambini nati vivi per transfer effettuato. Va però sottolineato che l’aumento delle percentuali di gravidanza osservato può essere in parte dovuto al fatto che i risultati relativi alla vitrificazione  provengono normalmente da programmi di ovodonazione mentre quelli relativi al protocollo di congelamnetnto lento (dati relativi per lo più ai centri italiani) da programmi di fecondazione in vitro omologa e questo  rende quindi molto difficile il paragone.
Conclusioni
Data la situazione legislativa italiana che vieta la possibilità di operare una selezione degli embrioni sulla base delle caratteristiche morfologiche e genetiche, in un laboratorio moderno di embriologia bisognerebbe disporre delle più recenti tecniche per valutare gli ovociti (Tabella 3) e gli spermatozoi prima della inseminazione. Questo richiede però sia l’utilizzo di microscopi ad alta definizione che a luce  polarizzata con costi elevatissimi. La valutazione anche più accurata non è però sufficiente a garantire i risultati in termini di gravidanze e bambini nati. Quest’ultimi dipendono prevalentemente dal  sistema di coltura al quale vengono esposti gameti ed embrioni durante il loro mantenimento in laboratorio. Il numero di incubatori presenti nel laboratorio, il controllo sistematico della fase gassosa del sistema di coltura come anche la corretta manipolazione dei gameti  che richiede un adeguato training dell’equipe di laboratorio,  rappresentano ancora e sempre gli aspetti più importanti nel raggiungimento dei migliori risultati e dovrebbero pertanto essere il primo obiettivo dell’embriologo.

Bibliografia
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Centro  g.en.e.r.a, Clinica Valle Giulia, Roma