Fecondabilità ed abortività nelle pazienti con Lupus



Fecondabilità ed abortività nelle pazienti con Lupus

Nicoletta Di Simone, Chiara Tersigni, Silvia D’Ippolito, Alessandro Caruso.

Il lupus eritematoso sistemico (LES) è una patologia infiammatoria cronica a patogenesi autoimmune, caratterizzata dalla presenza di lesioni tissutali e cellulari provocate da autoanticorpi e dalla deposizione di immunocomplessi patogeni. Tali lesioni possono coinvolgere cute, articolazioni, reni, polmoni, sierose, sistema nervoso, fegato ed altri organi. Le alterazioni immunologiche sarebbero dovute ad una abnorme risposta immunitaria verosimilmente prodotto di un’alterata interazione tra suscettibilità genetica e fattori ambientali. La diagnosi di LES è possibile in presenza, anche non simultanea, di almeno 4 degli 11 criteri, sia clinici che laboratoristici, stabiliti nel 1982 dall’American College of Rheumatology (ACR) e rivisti nel 1997 (1) (Tabella 1).
La prevalenza del LES in donne in eta’ fertile è da sei a dieci volte  più elevata rispetto all’uomo, mentre in età prepuberale e post-menopausale il rapporto femmine: maschi è di 3:1. La malattia ha un’ incidenza che varia da 10 a 122 casi su 100.000 individui e presenta una spiccata variabilità etnica, essendo maggiore negli Afro-Caraibici (120 casi su 100.000 individui), seguiti dagli Asiatici (50 per 100.000 individui), infine dai Caucasici (12.5 casi su 100.000 individui) (2).

Tasso di fertilità nelle pazienti con LES e condizioni ottimali per il concepimento
In donne con LES è stato riportato un tasso di gravidanza che va da 2.0 a 2.4 gravidanze per paziente, non solo durante il periodo di remissione della malattia, ma anche durante le fasi di attività. Tuttavia, alcuni fattori possono contribuire ad una riduzione del tasso di fertilità in alcune pazienti. Nelle fasi di attività della malattia oppure come conseguenza della terapia con corticosteroidi ad alte dosi, possono verificarsi irregolarità mestruali con cicli anovulatori. Inoltre lo stadio terminale dell’insufficienza renale, secondaria a nefrite lupica, può comportare un’ amenorrea prolungata (3).
L’insufficienza ovarica iatrogena, secondaria alla terapia con ciclofosfamide, è un altro fattore di rilievo per la riduzione della fertilità. L’incidenza di amenorrea permanente secondaria al trattamento con ciclofosfamide va dall’11% al 59% dei casi ed è dipendente dall’età della paziente e dalla dose cumulativa di farmaco somministrata. In generale il rischio di insufficienza ovarica è più alto nelle pazienti trattate con ciclofosfamide per via orale rispetto a quello delle pazienti trattate con cicli intermittenti per via endovenosa. In assenza di alcune condizioni quali insufficienza renale, paziente in trattamento con ciclofosfamide, malattia in fase attiva, paziente in trattamento con corticosteroidi ad alte dosi, si riscontra un tasso di fertilità uguale alla popolazione femminile generale e le pazienti non dovrebbero essere scoraggiate dall’affrontare la gravidanza (4). Tuttavia un adeguato counselling dovrebbe renderle edotte circa l’aumentato rischio di complicanze della gravidanza e l’aumentata incidenza di aborti.
Esistono alcune condizioni materne che devono indurre il ginecologo a controindicare la gravidanza (5). Tra queste:

  • Ipertensione polmonare severa (pressione arteriosa polmonare >50 mmHg durante la sistole oppure presenza di sintomi di ipertensione polmonare)
  • Patologia polmonare restrittiva
  • Insufficienza cardiaca
  • Insufficienza renale cronica (con valori di creatininemia >2.8 mg/dl)
  • Precedente gravidanza trattata con aspirina ed eparina, ma che abbia esitato comunque in preeclampsia o HELLP syndrome
  • Episodio di ictus avvenuto nei 6 mesi precedenti
  • Severa riacutizzazione della malattia nei 6 mesi precedenti

LES e gravidanza
E’ stato osservato che l’instaurarsi di una gravidanza può rappresentare il momento di esacerbamento della malattia lupica. Sono state osservate riattivazioni (flare) della malattia in una percentuale variabile dal 45 al 60% durante la gravidanza o nel postpartum.  È ormai accertato che un fattore di rischio importante è dato dalla fase di attività o quiescenza della malattia e dalla durata del periodo di remissione prima dell’istaurarsi della gravidanza (3, 5). Le pazienti che intraprendono una gravidanza dopo un periodo di remissione del LES di almeno 6 mesi, permangono in remissione nei 2/3 dei casi; nel rimanente numero di casi si verifica invece una ripresa di malattia. Al contrario se il concepimento avviene quando il LES è in fase attiva si assiste ad un peggioramento della malattia nella metà dei casi. Infine la gravidanza o il puerperio possono rappresentare un momento un cui il LES potrebbe  manifestarsi per la prima volta ed in tali casi la malattia ha un decorso particolarmente severo (3,5).
Il LES espone la donna che intraprende una gravidanza ad un aumento dei rischi che possono interessare da un lato il procedere della gravidanza, dall’altro la salute della gestante stessa. In particolare le principali complicanze fetali sono costituite da aborto spontaneo, morte endouterina, parto prematuro, ritardo di crescita intrauterino (IUGR), interessamento cardiaco fetale con conseguente blocco cardiaco congenito, lupus eritematoso neonatale. Le complicanze materne sono legate soprattutto all’insorgenza di ipertensione arteriosa e/o preeclampsia, la presenza di trombocitopenia, un aumentato rischio di tromboembolismo venoso ed arterioso, l’insorgenza di diabete gestazionale soprattutto iatrogeno, l’esacerbazione della malattia lupica (3,5,6).
Il parto prematuro è più frequente nelle pazienti con LES, con una percentuale del 30% di nascite che avvengono prima della 37ma settimana (7). In merito all’iposviluppo fetale Mintz e coll.(7) hanno osservato che in 20 su 86 (23%) gravidanze che avevano superato la 30ma settimana di gestazione i nati avevano un ritardo di crescita, 4 erano nati morti. Altri studi riportano tra il 12 ed il 32% di iposviluppi fetali (7,8).
Il rischio di preeclampsia nel corso della gravidanza con LES è aumentato, variando dal 5% al 38% secondo i dati riportati in letteratura (4). Anche l’ipertensione gestazionale può essere riscontrata frequentemente (37%-56%) durante la gravidanza di queste pazienti. La positività degli aPL è un ulteriore fattore di rischio per l’insorgenza precoce della preeclampsia, di parto pretermine ed iposviluppo fetale.
La differenziazione tra preeclampsia e riacutizzazione della nefrite lupica durante la gravidanza può risultare difficoltosa. Entrambe le condizioni, infatti, possono manifestarsi con ipertensione, proteinuria, edema e peggioramento della funzione renale, e possono coesistere nella stessa paziente. La distinzione tra riattivazione della nefrite ludica e preeclampsia è importante perché la gestione clinica è diversa. Ci sono alcuni indizi clinici che possono aiutare. In primo luogo, come mostrato da Buyon et al (12), mentre i livelli sierici di C3 e C4 aumentano stabilmente in gravidanza e nella preeclampsia, la caduta di C3 e C4, associata ad un aumento del titolo degli anticorpi anti-dsDNA, ed è verosimilmente da attribuire ad una riacutizzazione del LES. La proteinuria, associata a rialzo pressorio dopo il secondo trimestre, con incremento dei livelli plasmatici di acido urico, depongono, invece, per l’insorgenza della preeclampsia. In secondo luogo, la presenza di sedimento urinario attivo e manifestazioni della malattia lupica in altri organi, come artiti, vasculiti cutanee, ulcere orali e linfoadenopatie in pazienti con un peggioramento della proteinuria, sono suggestivi di una riacutizzazione del LES. Infine, il trattamento con prednisone tipicamente peggiora gli indicatori di preeclampsia sia clinici che laboratoristici, mentre la patologia lupica renale risponde positivamente ad aumentate dosi di prednisone (4).
Non tutte le pazienti con LES hanno lo stesso rischio di complicanze durante la gravidanza e si considerano ad alto rischio le pazienti con (5):

  • storia ostetrica sfavorevole
  • coinvolgimento renale e/o cardiaco
  • ipertensione polmonare
  • presenza di patologia polmonare di tipo interstiziale
  • fase attiva di malattia
  • uso di terapia cortisonica ad alte dosi
  • sindrome da anticorpi antifosfolipidi (APS)
  • positività sierica per anticorpi contro Antigeni Nucleari Estraibili (Ro, La) o ENA
  • gravidanza multipla

Gli elementi di rischio maggiormente implicati sono dati essenzialmente da: (a) positività sierica per gli anticorpi antifosfolipidi; (b) grado di interessamento renale; (c) indice di attività del LES.
La positività per anticorpi antifosfolipidi rappresenta il più importante elemento predittivo di complicanze della gravidanza. Gli anticorpi antifosfolipidi sono riscontrati nel 30-80% delle pazienti con LES e diversi studi sia prospettici che retrospettivi hanno evidenziato che essi si associano a perdite fetali ricorrenti (3). Il ruolo patogenetico di tali anticorpi è stato dimostrato in animali da esperimento in cui l’inoculazione di anticorpi durante la gravidanza induceva insufficienza placentare ed aborti (9). La trombosi del letto placentare non sembra essere l’unico meccanismo d’azione anticorpale, ad essa si aggiungerebbe un danno funzionale diretto sulle cellule del trofoblasto  la cui ruolo è fondamentale per un’adeguata placentazione (10). Le pazienti con positivita’ per tali anticorpi sono a rischio di presentare non solo abortività ricorrente ma anche altre complicanze della gravidanza quali iposviluppo fetale e preeclampsia precoce, entrambe correlate al deficit di placentazione.
La gravidanza con LES e nefropatia lupica ha un rischio di complicanze dipendente dal grado di attività della malattia. La remissione clinica da almeno 6 mesi prima del concepimento si accompagna ad una buona prognosi fetale anche nelle forme più severe di nefropatia. Al contrario il concepimento nei 6 mesi precedenti si correla al grado di funzionalità renale: è stato osservato che se la creatininemia si mantiene su valori pari o inferiori a 1.5 mg/dl vi è una buon percentuale di nati vivi a termine; al contrario la percentuale di nati vivi si riduce, se i valori della creatininemia sono superiori a 1.5 mg/dl con una percentuale di insuccessi ostetrici pari al 50%. È stata inoltre riscontrata un’incidenza di perdite fetali compresa tra il 38 e 46% in gravidanze complicate da proteinuria (>300 mg/24H) o con clearance della creatinina <100ml/min (11).
L’indice di attività della malattia lupica rappresenta un ulteriore elemento che consente di prevedere il rischio di sviluppo di complicanze nelle pazienti con LES. Tuttavia risulta complesso stabilire  il grado di attività di malattia: sono state per questo proposte differenti scale di attività specifiche per la gravidanza, tra queste il Lupus Activity Index in Pregnancy risulta quella maggiormente validata in quanto ha elevata sensibilità e specificità ed un ottimo valore predittivo di riaccensione di malattia (12). Tale indice consente di attribuire uno score basato su: dati clinici, di laboratorio e tipo di trattamento cui le pazienti sono sottoposte.

Sindrome del Lupus eritematoso neonatale (NLE)
La sindrome del Lupus neonatale (NLE) rappresenta una sindrome congenita nella quale anticorpi materni ENA di tipo IgG attraversano la placenta. Essa è caratterizzata da blocco cardiaco congenito (CHB), lesioni cutanee transitorie, citopenia, alterazioni epatiche ed altre manifestazioni sistemiche in nati da madri affette da LES. La CHB è la più grave manifestazione della sindrome del NLE. La gravità della malattia fetale e neonatale è indipendente dalla malattia materna: le madri possono essere affette da LES, dalla sindrome di Sjogren o da altre patologie autoimmuni, o possono essere del tutto asintomatiche. Il CHB generalmente insorge su un cuore normale,  si manifesta con una bradicardia fetale  (60-80 battiti al minuto) tra la 16ma e la 25ma settimana di gestazione. L’esame ecografico del cuore fetale dimostra un cuore strutturalmente normale con dissociazione atrioventricolare. A livello istologico la lesione è una fibrosi del fascio atrio ventricolare che induce l’interruzione del sistema di conduzione, in particolare nell’area del nodo atrioventricolare. Il grado di blocco cardiaco include tutti i livelli di gravità, dal primo, scoperto in genere accidentalmente alla nascita con un elettrocardiogramma oppure in utero mediante riscontro di un prolungamento dell’intervallo PR con ecocardiografia, fino a quello più grave con blocco completo della conduzione atrioventricolare. Il CHB, una volta istauratosi, è irreversibile. È inoltre dimostrato che un blocco incompleto può progredire dopo la nascita nonostante l’eliminazione degli anticorpi materni dalla circolazione fetale. Il CHB comporta una significativa morbidità e mortalità (15-30%) soprattutto in utero e nei primi giorni di vita: infatti, il 67% dei casi individuati necessita dell’impianto di un pacemaker prima del raggiungimento dell’età adulta. L’interessamento cardiaco può estendersi anche oltre il tessuto di conduzione. C’è un 10% di incidenza di cardiomiopatia dilatativa ad insorgenza tardiva, nonostante l’impianto precoce di pacemaker in pazienti con CHB; in questi pazienti, la cardiomiopatia dilatativa conduce ad insufficienza cardiaca congestizia e a morte o a trapianto cardiaco. L’incidenza di CHB nei nati da madri con positività per gli anticorpi ENA è circa del 2%, mentre per le madri che hanno già avuto un figlio affetto da tale patologia , il rischio di CHB fetale nella successiva gravidanza sale al 18%. Si consiglia dunque di eseguire ecocardiografie fetali ogni settimana dalla 16a alla 26a settimana, ed in seguito ogni due settimane fino alla 34a settimana, per monitorare il cuore fetale nel periodo di presunta vulnerabilità; la messa a punto di una tecnica Doppler non invasiva per la misurazione dell’intervallo PR può, in questo modo, consentire la diagnosi precoce ed il trattamento tempestivo. La diagnosi precoce di CHB e delle sue eventuali complicanze (versamento pleurico e miocardite) spesso può evitare il deterioramento della funzione cardiaca fetale. Qualora le tecniche di imaging mostrino in utero la presenza di un CHB incompleto, il trattamento d’elezione è la somministrazione di corticosteroidi fluorati (betametasone). Questi attraversano la placenta e agiscono sul feto in forma attiva, inibendo la reazione immune sul cuore fetale (13).

Sicurezza del trattamento nella gravidanza con Lupus
La terapia medica del LES in gravidanza non differisce molto da quella che viene eseguita al di fuori dello stato di gravidanza. Per quanto concerne l’utilizzo di corticosteroidi in gravidanza, non vi è evidenza di aumento di malformazioni congenite nelle gravidanze normali. Prednisone, prednisolone e metilprednisolone attraversano in minime quantità la placenta (10%) e sono, pertanto, i farmaci corticosteroidei di scelta in gravidanza. Si sconsiglia l’utilizzo di corticosteroidi fluorati, come desametasone e betametasone, che attraversano facilmente la placenta e non devono essere utilizzati se non nell’intento di trattare il feto, come nei casi di CHB. È importante ricordare che l’utilizzo di corticosteroidi in gravidanza aumenta il rischio di rottura prematura delle membrane e di parto prematuro, e può avere un ruolo determinante nell’insorgenza di complicanze materne come il diabete gestazionale, l’ipertensione, l’osteoporosi e la necrosi avascolare ossea (2).
L’idrossiclorochina rappresenta il farmaco antimalarico di scelta nel trattamento del LES. Diversamente che per la clorochina, non è riportato in letteratura un aumento dell’incidenza di malformazioni congenite secondaria a somministrazione di tale farmaco in gravidanza. Si è osservata invece una maggiore frequenza di riacutizzazioni della malattia in seguito alla sospensione del farmaco in gravidanza. Si raccomanda dunque di non sospendere bruscamente il trattamento con idrossiclorochina  se non strettamente necessario.
L’uso dell’azatioprina si può associare a quello di corticosteroidi nel LES. L’azatioprina è un farmaco immunosoppressore utilizzato prevalentemente nelle manifestazioni renali, ematologiche e del SNC correlate al LES. Nonostante il passaggio transplacentare, tale farmaco è considerato sicuro in gravidanza, mentre sul neonato può determinare gli stessi effetti indesiderati dell’adulto (leucopenia, trombocitopenia, infezioni opportunistiche). Anche per questo farmaco si sconsiglia la sospensione brusca del trattamento in gravidanza. L’azatioprina rappresenta, infatti,  una scelta terapeutica  ragionevole nelle pazienti con Lupus severo che necessitano di immunosoppressione.
Il trattamento con ciclofosfamide è invece teratogenico in gravidanza e dovrebbe essere evitato il concepimento durante la somministrazione di tale farmaco.
L’utilizzo di ciclosporina A in gravidanza è stato associato ad una sporadica riduzione del peso alla nascita ma non ad un aumento di malformazioni congenite. L’utilizzo di tale farmaco rappresenta, dunque, una valida alternativa ai farmaci citotossici, nella terapia del LES severo in gravidanza.
I FANS possono essere utilizzati come trattamento di seconda linea nel primo e nel secondo trimestre ma l’utilizzo viene interrotto durante il terzo trimestre a partire dalla 32-34 settimana, poiché possono causare oligoidramnios, chiusura prematura del dotto arterioso ed emorragia neonatale. Nei casi di LES con persistente positività degli anticorpi antifosfolipidi la terapia prevede l’impiego di aspirina a basse dosi e di eparina per la prevenzione di eventi tromboembolici.
Nelle pazienti in terapia cronica con glucocorticoidi da almeno un anno, al momento del travaglio, si dovrebbero somministrare glucocorticoidi ad alte dosi per compensare la relativa insufficienza surrenale endogena. La terapia del LES viene proseguita nel puerperio ed eventualmente modificata uno o due mesi dopo il parto (2,5,6).

Conclusioni
Le pazienti affette da Lupus hanno una normale fertilità e non dovrebbero essere scoraggiate dall’affrontare la gravidanza. La gestione clinica della gravidanza della paziente con LES dovrebbe essere condotta da un ginecologo esperto in gravidanze ad alto richio, in colllaborazione con un reumatologo. È essenziale eseguire un counselling pre-concezionale per stabilire il profilo di rischio della paziente. Prima del concepimento è necessario conoscere il pannello anticorpale completo della paziente eseguendo il controllo degli anticorpi anticardiolipina (aCL), del LAC e degli ENA. Si considera di fondamentale importanza fornire le dovute informazioni alle coppie circa il rischio di riacutizzazione della malattia durante la gravidanza, il momento più opportuno per il concepimento, e le possibili complicazioni materne e fetali durante il corso della gravidanza. Per quanto riguarda la pianificazione della gravidanza, essa  risulta più facilmente gestibile se le condizioni di salute della paziente sono ottimali al momento del concepimento, quando la malattia è clinicamente in fase di remissione, soprattutto la nefrite lupica, da almeno sei mesi, in assenza di recenti eventi trombotici e in corso di trattamento con farmaci notoriamente sicuri in gravidanza. È fondamentale informare le pazienti con positività agli anticorpi anti-Ro ed anti-La sul rischio di sindrome del Lupus neonatale. Il trattamento con aspirina a basse dosi e/o con eparina deve essere considerato nelle pazienti con abortività ricorrente e positività agli anticorpi antifosfolipidi. È importante monitorare le possibili riacutizzazioni del Lupus ed i fenomeni tromboembolici delle pazienti con LES sia in gravidanza che nel puerperio. Si consiglia il controllo di pressione arteriosa, proteinuria, creatinina clearance, C3 e C4, titolo degli anticorpi anti-dsDNA ed emocromo ad ogni visita di controllo. Lo studio Doppler delle arterie uterine ed ombelicali può essere utile nel prevedere complicanze, come la pre-eclampsia, l’iposviluppo fetale ed il parto prematuro. Il valore predittivo di quest’esame è elevato se viene eseguito a partire dalla 20a settimana, soprattutto nelle donne con positività agli anticorpi antifosfolipidi, storia ostetrica di eventi avversi o malattia renale. Inoltre, studi ecocardiografici fetali, in caso di positivita’ per anticorpi anti-Ro ed anti-La, dovrebbero essere eseguiti tra la 16a e la 34a settimana di gestazione per individuare un eventuale blocco cardiaco congenito. Durante il puerperio la malattia lupica può riacutizzarsi e le pazienti dovrebbero essere strettamente monitorate (6).

Bibliografia

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Dipartimento per la Tutela della Salute della Donna e della Vita Nascente, Università Cattolica del Sacro Cuore, Policlinico Gemelli, Largo Gemelli 8, 00168 Roma.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tabella 1. Criteri classificativi ACR per il LES.

  1. Rash malare

Eritema fisso piano e rilevato a livello dell’eminenza malare

  1. Rash (lupus) discoide

Placche eritematose rilevate con desquamazione cheratosica e addensamento follicolare; possibile cicatrizzazione atrofica

  1. Fotosensibilità

Aumentata suscettibilità cutanea all’esposizione solare

  1. Aftosi orale (ulcere)

Ulcerazioni orali e nasofaringee osservate dal medico

  1. Artrite

Artrite non erosiva coinvolgente 2 o più articolazioni periferiche con dolenza, tumefazione o versamento

  1. Pleurite/pericardite

Sierosità documentate con ECG, oppure sfregamento o riscontro di versamento pericardio

  1. Nefropatia

 Poteinuria superiore a 0.5 g/die o maggiore di 3+ oppure cilindri urinari

  1. Impegno neurologico

Convulsioni o psicosi in assenza di altre cause

  1. Alterazioni ematologiche

Anemia emolitica o leucopenia (< 4000/mm3) o linfopenia (<1500/mm3) o trombocitopenia (<100000/mm3) in assenza di possibili cause farmacologiche

  1. Alterazioni immunologiche: aCL o LA o falsa positività STS, anti-dsDNA, anti-Sm

Anticorpi anti-DNA a doppia elica (ds), anti Sm e/o antifosfolipidi

  1. Anticorpi antinucleo

Titolo molto elevato degli anticorpi antinucleo alla immunofluorescenza o a test equivalenti, in assenza di farmaci che inducano una sindrome ludica.