Follicologenesi in vitro

Follicologenesi in vitro

 

Barboni B.1, Russo V.2, Colosimo A.3, Cecconi S.4, Lodde V.5, Luciano A.M. 5, Modina S.5, Mattioli M.1

 

 

Premessa

La possibilità di ampliare la disponibilità di gameti femminili maturi su base individuale rappresenta, da sempre, un obiettivo delle biotecnologie della riproduzione.

Nell'ovaio esistono migliaia di cellule uovo a diversi stadi di sviluppo, ma solo le poche unità di oociti contenuti nei follicoli antrali possono essere utilizzati, con successo, all’interno dei protocolli di riproduzione assistita. Per riuscire ad utilizzare l’ampia riserva di oociti immaturi presenti in ovaio è, infatti, necessario sviluppare strategie per promuovere l’accrescimento del gamete femminile, preliminarmente, al suo impiego nei programmi di maturazione (IVM) e fecondazione in vitro (IVF). Una possibilità operativa concreta è rappresentata dalla follicologenesi in vitro, tecnica avanzata che prevede che follicoli isolati dal contesto ovarico vengano accresciuti in sistemi colturali complessi fino allo stadio di follicolo antrale. Questo approccio consente di avviare in coltura, contemporaneamente alla differenziazione follicolare (formazione dell’antro ed attivazione steroidogenetica del comparto somatico), l’accrescimento della cellula uovo. Si riproducono così “steps” cruciali dell’oogenesi come l’acquisizione della competenza meiotica (capacità di riprendere la progressione meiotica), prima, e di sviluppo (sostenere con successo le prime divisioni embrionali), poi. La tecnica di follicologenesi in vitro rappresenta non solo un approccio biotecnologico per aumentare, su base individuale, il numero di oociti fecondabili ma anche un modello entro cui riprodurre e comprendere i complessi meccanismi che regolano il sinergico sviluppo fra follicolo e gamete femminile.

Nonostante le potenziali applicazioni della follicologenesi in vitro, tale metodica è stata documentata con successo solo nel modello murino, mentre rimane ancora ampiamente sperimentale nei grossi mammiferi. Soltanto nel topo, infatti, è stato possibile realizzare il completo accrescimento, maturazione e fecondazione dell’oocita in vitro, partendo da follicoli primordiali, con la successiva nascita di individui vitali (Eppig and O'Brien 1996). Sistemi colturali simili adottati in specie animali più vicine all’uomo (mammiferi di media taglia), caratterizzate da una prolungata fase di follicologenesi, hanno permesso di ottenere un limitato numero di cellule uovo capaci di riprendere correttamente la maturazione meiotica, partendo per lo più da follicoli a stadi intermedi di sviluppo. Il presupposto per un concreto avanzamento di questa tecnologia risiede, in primo luogo, nell’ampliamento delle conoscenze dei fattori endocrini/paracrini che guidano il coordinato e fisiologico sviluppo del follicolo e dell’oocita. Non di minor rilevanza, è l’identificazione di “markers” molecolari capaci di monitorare l’efficienza con cui si realizza l’accrescimento della cellula uovo, requisito che diventa fondamentale quando si utilizzano sistemi colturali protratti nel tempo (10-30 giorni). Crescenti evidenze sperimentali stanno, infatti, rapidamente portando alla luce come i programmi epigenetici che intervengono nel “fine tuning” dell’espressione genica alla base del controllo della funzione cellulare possono alterarsi sotto l’effetto di stimoli ambientali e colturali inadeguati (Bjornsson et al 2004) così come al modificarsi dello stato funzionale dell’organismo (Maher 2005). I gameti, al pari di altre cellule dell’organismo, sono esposte ad aberrazioni dei profili epigenetici sia come conseguenza dell’ampio uso che si fa delle stesse nell’ambito delle tecnologie riproduttive (ART) sia per le loro specifiche caratteristiche biologiche. I gameti sono, infatti, fra le poche cellule a mantenere attivi gli enzimi di rimodellamento epigenetico durante l’intera vita e questa peculiarità funzionale predispone queste cellule, più di altre presenti nell’organismo, ai negativi effetti iatrogeni o colturali (Bjornsson et al 2004, Maher 2005). Durante i trattamenti utilizzati per controllare l’attività ovarica, il processo di oogenesi viene, spesso, esposto ad alterati quadri ambientali e/o endocrini sistemici. Ad esempio, i trattamenti farmacologici di superovulazione sono sempre un compromesso fra la necessità di reclutare un ampio numero di oociti ed il rischio di esporre il soggetto a quadri ormonali anomali. Gli effetti negativi dei protocolli di superovulazione dimostrati sull’assetto epigenetico delle cellule uovo potrebbero essere mediati dagli alterati livelli di ormoni steroidei, che in altri tessuti si sono dimostrati capaci di perturbare l’epigenoma in toto o il grado di metilazione di specifici loci. Analogamente, i diversi contesti colturali entro cui si manipolano oociti ed embrioni durante le procedure di ART sono stati associati a cambiamenti dell’epigenoma così come a disordini di imprinting genomico (Maher 2005, Swales et al 2005, Dean et al 2005, Young et al 2001, Young et al 2004). Numerosi “reports” hanno, ad esempio, associato in medicina la tecnica dell’ICSI ad un aumentata incidenza di sindromi di imprinting materno. Sebbene ulteriori dati siano necessari per escludere che questi quadri patologici non siano semplicemente collegate al quadro di infertilità dei pazienti, una conferma di un diretto collegamento fra ART ed epigenotipi anomali è stato, invece, confermato nelle metanalisi condotte nelle specie animali di interesse zootecnico. In questo caso le tecniche di ARTs, applicate a soggetti di provata fertilità, sono state in grado di far insorgere errori epigenetici durante le prime fasi di sviluppo embrionale, alterare i fenotipi di tessuti fetali e creare disordini di imprinting alla base di modificati accrescimenti intrauterini (Young et al 2001, Young et al 2004, Gioia et al 2005, Hiendleder et al 2007).

In questo nuovo contesto conoscitivo si è inserito il lavoro dei nostri gruppi di ricerca che negli ultimi anni hanno affiancato alla messa a punto della tecnica di follicologenesi in vitro nella specie ovina studi volti ad individuare, nella specie bovina, idonei sistemi di crescita in vitro di gameti isolati da follicoli antrali di piccole dimensioni e studi analitici per comprendere le trasformazioni strutturali e biochimiche che interessano fisiologicamente la cromatina della cellula uovo ovina e bovina durante le fasi finali dell’oogenesi. Questo profilo analitico dell’assetto nucleare è stato, infatti, preliminare per poter monitorare gli eventi nucleari che avvengono a carico degli oociti accresciuti in vitro e per verificare il grado di trasformazione epigenetica promossa nelle diverse condizioni colturali. Inoltre, con l’analisi dell’assetto nucleare degli oociti accresciuti mediante la tecnica di follicologenesi in vitro si è inteso anche escludere che le condizioni colturali entro cui si riproducono eventi riproduttivi cruciali siano in grado, di per sé, di influire negativamente sull’assetto epigenetico del gamete, compromettendone in via preventiva le future capacità di sviluppo.

Maturazione epigenetica e nucleare della cellula uovo

Lo sviluppo di un organismo, che prende avvio con la transizione gamete- zigote- embrione, è a tutti gli effetti il frutto di un susseguirsi di eventi epigenetici. Diversi programmi di espressione genica si alternano durante queste fasi ponendo le fondamenta molecolari per la differenziazione di tutti i tessuti (Surani et al 2007, Reik et al 2001).

Gli organismi multicellulari originano da una cellula totipotente, lo zigote, che contiene fattori trascrizionali ereditati dalla madre per dirigere autonomamente le prime divisioni embrionali dando avvio al programma di sviluppo del nuovo organismo. Man mano che l’embrione si divide perde, però, questo stato di totipotenza e le cellule iniziano un lento processo di differenziazione, ponendo le basi per la formazione dei diversi tessuti. Solo i gameti sfuggono al programma di differenziazione in senso somatico, e intraprendono un lungo processo di trasformazione epigenetica che inizia durante la vita fetale e si conclude dopo la nascita (Surani et al 2007). Il primo intervento epigentico si evidenzia nelle cellule germinali primordiali durante la vita fetale e consiste nella cancellazione dei preesistenti marchi parentali attraverso un processo di demetilazione globale che interessa l’intero genoma. Questo “step” di de-differenziazione è essenziale affinchè la linea germinale nascente riacquisisca la totipotenza e possa poi avviare uno specifico programma di trasformazione epigenetica che la renda in una cellula altamente specializzata (Reik et al 2001). Questo avviene dopo la nascita, quando interventi di “genome remodelling” portano ad una progressiva inibizione della trascrizione dei geni oocita-specifici man mano che la cellula si accresce e riesce ad accumulare molecole essenziali per il successivo sviluppo embrionale. Parallelamente, altri marchi epigenetici devono essere inseriti sulla molecola del DNA per rendere il genoma materno funzionalmente complementare a quello paterno (Reik et al 2001, Morgan et al 2005). In questo modo, attraverso una mirata maturazione epigenetica, il gamete femminile si trasforma in una cellula differenziata che ha la singolarità funzionale di essere geneticamente complementare allo spermatozoo e che riesce, all’atto della fecondazione, a riacquisire rapidamente la totipotenza (Reik et al 2001, Morgan et al 2005). Sebbene il significato biologico di queste modificazioni nucleari stia divenendo via via più chiaro, i meccanismi attraverso cui la cellula uovo raggiunge la piena “maturità epigenetica” sono stati identificati solo parzialmente. Frammentarie evidenze sperimentali, per lo più derivate dal topo, indicano che la cromatina della cellula uovo durante l’oogenesi subisce imponenti modificazioni. Essa si arricchisce di nuovi istoni, realizza dinamiche modificazioni a carico delle proteine istoniche, incrementa il grado di metilazione globale del DNA, pone marchi epigenetici stabili su geni sottoposti ad imprinting ed attiva processi per allungare le sequenze esameriche terminali non codificanti dei cromosomi, i telomeri (Reik et al 2001, Morgan et al 2005, Reik 2007, De La Fuente 2006, Russo et al 2007, Russo et al 2006). Cambiamenti strutturali si realizzano, parallelamente a carico dell’architettura della cromatina. L’organizzazione della cromatina passa, infatti, da una forma decondensata e dispersa all’interno della vescicola germinale (nucleo della cellula uovo), definita NSN (Non Surrounding the Nucleulus), ad una forma progressivamente più condensata e localizzata in sede perinucleolare, classificata come SN (Surrounding the Nucleulus) (De La Fuente 2006). Nell’oocita di topo, questi cambiamenti su larga scala della cromatina sono stati singolarmente associati a profonde modificazioni nello stato metabolico del genoma. La transizione dell’organizzazione strutturale della cromatina dalla forma decondensata a quella condensata così come lo stato di allungamento delle strutture telomeriche sono state messe in relazione alla competenza meiotica e alle potenzialità di sviluppo embrionale di oociti fecondati in vitro.

Modulando in vivo o in vitro questi eventi di riorganizzazione della cromatina è stato possibile mettere in evidenza che la transizione alla conformazione condensata, corrisponde temporalmente, ad uno stato di massiva repressione trascrizionale e conferisce al DNA specifici “domains” capaci di reclutare proteine leganti l’eterocromatina. La stabilizzazione dell’eterocromatina promossa dal progressivo allungamento delle strutture telomeriche terminali potrebbe rivestire un ruolo cruciale per una corretta progressione meiotica e mitotica e per stabilizzare, rinforzandolo, lo stato di inibizione genica.

Per realizzare un corretto programma epigenetico, la cellula uovo deve essere in grado di porre sia marchi a breve termine, basati su modificazioni a carico delle proteine istoniche che portano all’inibizione transitoria di alcuni geni che verranno prontamente riattivati dopo fecondazione, sia marchi di silenziamento a lungo termine, su trasposoni e geni soggetti ad imprinting (Lucifero et al 2004). Quest’ultimi interventi, basati principalmente sulla metilazione del DNA, vengono imposti durante l’oogenesi e si mantengono inalterati fino nell’organismo adulto. Questo fenomeno garantisce, nei mammiferi, che l’espressione di alcuni geni avvenga a carico di un solo allele, in base all’origine parentale dello stesso, regolando così i meccanismi di controllo delle divisioni embrionali, dell’accrescimento del feto e dei relativi invogli nonché dello sviluppo neuro-comportamentale nella vita post-natale (Santos et al 2004, McGrath et al 1984). Affinchè l’imprinting si possa stabilire è, pertanto, essenziale che i due alleli possano essere riconosciuti dal gamete in modo differenziale e che questo silenziamento sesso-specifico possa poi scappare all’intenso processo di riprogrammazione nucleare nelle fasi post-fecondative per essere trasmesso inalterato (Santos et al 2004). Esperimenti di trapianto nucleare hanno inizialmente suggerito che l’acquisizione dell’imprinting avviene durante la fase di accrescimento della cellula uovo (Kono et al 1996). Più recentemente, grazie al sequenziamento genico si è, infine, evidenziato che l’imprinting è un processo fortemente selettivo che avviene in modo gene-specifico secondo una precisa cinetica di definizione (Lucifero et al 2004). Alcuni geni sono già metilati durante fasi precoci di accrescimento della cellula uovo (Igf2r, Snrpn, Znf127) mentre altri vengono completamente metilati solo al termine del processo di maturazione meiotica (Peg1). La definizione dell’imprinting inizia in fasi precoci dell’oogenesi quando la metilazione del DNA non si è ancora avviata, suggerendo che le modificazioni a carico del cromatina possano rappresentare il meccanismo d’identificazione dell’allele su cui intervengono le specifiche reazioni di silenziamento. Il cruciale significato biologico della maturazione epigenetica della cellula uovo può essere facilmente dedotto dagli studi effettuati sui topi knockout per il gene Dnmt3l (Bourc’his et al 2001). Sebbene questi animali siano in grado di produrre oociti vitali e maturi, gli embrioni che da essi derivano, in assenza degli specifici marchi materni di imprinting, muoiono a metà gestazione con anomalie a carico del tubo neurale ed alterazioni nello sviluppo placentale. Molto probabilmente, la trasformazione epigenetica della cellula uovo è un evento più complesso di quanto si possa credere volto non solo a realizzare i diversi programmi epigenetici che si susseguono durante la transizione da cellula germinale primordiale a cellula uovo matura ma anche a lasciare sulla stessa molecola di DNA una memoria di questi eventi che possa venire ereditata e trasmessa nelle successive generazioni. Pertanto la differenziazione dei gameti si realizza dopo un lungo e specifico processo di rimodellamento genomico che richiede una riorganizzazione della eucromatina ed eterocromatina, la rimozione e l'inserimento di marchi epigenetici da cui dipende strettamente il grado di potenzialità di sviluppo delle cellule germinali stesse ed il successo riproduttivo di ciascun organismo.

Nonostante il ruolo centrale che queste trasformazioni rivestano nel successo dell’oogenesi rimangono ancora frammentarie le informazioni in merito, soprattutto quando parliamo di gameti di specie animali diverse dal topo. Nonostante le limitate evidenze sperimentali, ormai sembra evincersi che i meccanismi di rimodellamento nucleare risultano altamente specie-specifiche. Lo studio dell’organizzazione strutturale della cromatina indirizzata alla cellula uovo di ovino ha dimostrato, ad esempio, come il passaggio dalla configurazione NSN, con cromatina diffusa all’interno del nucleo, ad SN, con cromatina condensata a localizzazione nucleolare, si registri nella maggior parte degli oociti isolati da follicoli terziari. Tuttavia, la configurazione SN che viene considerata in diverse specie animali come topo e maiale la forma matura di cromatina, nell’ovino risulta transitoria e riscontrabile esclusivamente durante le prime fasi di differenziazione dell’antro follicolare (Russo et al 2007). In stadi più avanzati della follicologenesi, infatti, la cromatina di pecora, altamente condensata acquisisce una nuova localizzazione con una ridistribuzione intorno al nucleolo e sotto la membrana nucleare (configurazione SNE, Surrounding the Nucler Envelope; Fig. 1).

INSERIRE FIGURA 1

Anche le ricerche condotte nella specie bovina hanno portato a descrivere i cambiamenti strutturali della cromatina che accompagnano le fasi finali di crescita dell’ovocita, individuando classi caratterizzate da differenti gradi di condensazione (GV0-GV3, Fig2) (Lodde et al 2007, Lodde et al 2008). In questa specie, la maggior parte degli ovociti isolati da follicoli antrali precoci presenta cromatina filamentosa e diffusa (GV0) e mostra una limitata capacità di riprendere e completare la meiosi in vitro (Lodde et al 2007). Inoltre, questi ovociti presentano tratti caratteristici della fase di crescita quali la presenza di nucleoli attivi ed intensa attività trascrizionale (Lodde et al 2008). Nelle fasi successive dell’ovogenesi, nei follicoli antrali medi, il processo di rimodellamento della cromatina inizia con la comparsa di alcuni foci di condensazione nella classe GV1 e prosegue poi con la formazione di distinti aggregati di materiale cromatinico nella classe GV2, fino ad organizzarsi in un unico aggregato, che spesso avvolge completamente il nucleolo, nella classe GV3 (Lodde et al 2007). Nella specie bovina, dunque, a differenza della specie murina ed ovina, non è stata evidenziata la presenza dell’anello di cromatina perinucleolare. Tuttavia, benché morfologicamente differenti dal punto di vista dell’organizzazione tridimensionale della cromatina, le indagini condotte indicano che gli ovociti di bovino della classe GV3 sono funzionalmente correlabili agli ovociti murini della classe SN. Come nella specie murina, infatti, le transizioni della cromatina si riflettono sulla capacità di sviluppo della cellula uovo bovina. In particolare il passaggio alla classe GV1 è stato messo in relazione alla capacità di completare il processo meiotico ma ad una limitata competenza allo sviluppo embrionale, che risulta invece più elevata nelle classi GV2 e GV3 (Lodde et al 2007). Inoltre, nel passaggio da GV0 a GV1 è stata osservata una drastica diminuzione dei livelli di sintesi di RNA e la transizione alla classe GV3 coincide con il completo silenziamento della trascrizione (Lodde et al 2008).

Nell’ovino, la riorganizzazione strutturale della cromatina si accompagna, parallelamente, ad un dinamico allungamento delle sequenze telomeriche ed organizzazione dell’eterocromatina. La dimensione dei telomeri analizzata sulla singola cellula uovo mediante la tecnica Q-FISH ha consentito di dimostrare come tutta le cellule uovo aventi una configurazione cromatinica NSN (isolate da follicoli preantrali ed early antral) presentano un’intensa attività nucleare della telomerasi che guida un progressivo allungamento delle sequenze terminali non codificanti. Al contrario, quando gli oociti sviluppano una cromatina condensata (oociti isolati da follicoli terziari) a localizzazione perinucleolare, la subunità catalitica della telomerasi, la TERT, trasloca nel citoplasma ed i telomeri mantengono inalterata nel tempo la loro dimensione (Russo et al 2007).

Durante la fase di transizione dal follicolo secondario a follicolo terziario, la cellula uovo di pecora realizza inoltre un intenso processo di rimetilazione del DNA guidato da specifici enzimi (DNMT1 e DNMT3), che interessa sia globalmente la cromatina che i singoli geni soggetti ad imprinting. L’analisi dello stato globale di metilazione rivela che le cellule uovo isolate da follicoli secondari di piccolo diametro non presentano alcun gruppo metile sui siti citosinici del DNA. Al contrario, questi progressivamente aumentano negli stadi successivi di sviluppo follicolare fino a stabilizzarsi nei gameti isolati da follicoli terziari a stadi iniziali di differenziazione dell’antro (Russo et al 2007). Le indagini preliminari condotte in ovociti della specie bovina sembrano confermare che la metilazione del DNA si conclude durante le fasi iniziali della formazione dell’antro nel follicolo terziario. Infatti, tutti gli ovociti isolati da follicoli antrali di medie dimensioni risultano altamente metilati, indipendentemente dalla configurazione della cromatina, mentre alcuni ovociti isolati da follicoli antrali precoci mostrano bassi o assenti livelli di metilazione globale (Figura 2) (Lodde et al 2008).

INSERIRE FIGURA 2

Trasferendo lo studio del grado di metilazione a livello di singolo gene imprintato, ugualmente, si registra una cinetica di definizione strettamente correlata alla fase di sviluppo della follicolo e della cellula uovo ed altamente gene e specie-specifica. I risultati della metilazione sul gene IGF2R, ottenuti mediante la tecnica di mutazione genica mediante bisulfito, hanno dimostrato che nella pecora questo gene completa il suo stato di metilazione sulla omologa regione DMR2 anticipatamente rispetto a quanto registrato nel topo. Infatti, mentre l’Igf2r negli oociti di topo isolati da follicoli preantrali ha uno stato di metilazione pari al 15%, contro il 96% degli oociti isolati da follicoli terziari, le cellule uovo di pecora isolate da follicoli secondari di piccolo (250 µm) e grosso diametro (350 µm) presentavano già, rispettivamente, il 55% e l’89% dei siti metilati. Successivamente, lo stato di metilazione si mantiene sostanzialmente inalterato.

Diverso è risultato il comportamento di metilazione di BEGAIN. L’incidenza dei siti CpG metilati all’interno dell'ultimo esone di BEGAIN, gene ovino ad imprinting materno, rimane sostanzialmente bassa (~ 10%) negli oociti in fase di accrescimento. Un significativo aumento dello stato di metilazione è stato evidenziato esclusivamente in oociti completamente accresciuti isolati dai follicoli antrali di medio diametro (63%), ed è progressivamente aumentato negli oociti impegnati nella ripresa della progressione meiotica (oociti in MII, stato di metilazione di circa 80%).

In conclusione, lo studio analitico eseguito su singoli oociti a diverso stadio di accrescimento ha consentito per la prima volta di seguire e documentare alcuni eventi cruciali del processo di rimodellamento nucleare ed epigenetico che nell’oocita di pecora si realizzano in buona parte durante la transizione da follicolo secondario a follicolo terziario, fase di sviluppo follicolare che può essere riprodotta intermente in coltura attraverso la tecnica di follicologenesi in vitro.

Valutazione del rimodellamento cromatinico in cellule uovo accresciute mediante la tecnica di follicologenesi in vitro

Il nostro gruppo di ricerca ha sviluppato nel 1999 (Cecconi et al 1999) un modello colturale che consentiva, nell’ovino, di riprodurre in vitro la fase di transizione da follicolo secondario a follicolo terziario. Il sistema colturale originario permetteva, partendo da follicoli secondari di piccolo diametro (150 µm), di promuovere in 10-14 giorni di coltura (Cecconi et al 1999, Cecconi et al 2004), l’accrescimento della struttura fino alla completa differenziazione dell’antro (> 400 µm) e l’attivazione steroidogenetica della componente somatica.

INSERIRE TABELLA 1

Il sistema colturale adottato che, in buona parte, riproduceva quello validato sul modello murino (Eppig and O'Brien 1996), seppur capace di sostenere correttamente lo sviluppo follicolare non si era dimostrato, altrettanto, efficiente nel guidare in vitro un fisiologico accrescimento della cellula uovo. Come mostrato in Tabella 1, al termine della coltura il gamete presentava un grado di accrescimento (circa 95 µm di diametro), decisamente inferiore (Tab. 1) a quello di oociti isolati da follicoli terziari a stadi iniziali di sviluppo che hanno realizzato la loro follicologenesi in vivo (110 µm). L’incompleto accrescimento in vitro della cellula uovo è stato attribuito ad un precoce disaccoppiamento fra compartimento somatico e germinale. Il sistema colturale era, infatti, in grado di mantenere attiva la comunicazione metabolica fra gamete e cellule della granulosa solo fino alla differenziazione in vitro dell’antro follicolare. Le cellule uovo così ottenute presentavano notevoli anomalie sia di carattere morfologico che funzionale. In primo luogo, il rimodellamento nucleare è risultato ampiamente compromesso, sia in termini di riorganizzazione strutturale della cromatina che di trasformazione biochimica del DNA (Tab.1). Oltre ad una ridotta percentuale di oociti aventi una configurazione cromatinica SN, caratterizzata da un alto livello di condensazione e con localizzazione perinucleolare, i gameti accresciuti in vitro facevano registrare un inadeguato stato di metilazione del DNA, non solo riferito all’assetto globale della molecola ma anche relativamente a siti specifici. Infatti, l’analisi genomica condotta sulle cellule uovo accresciute in vitro relativamente alla regione DMR2 del gene IGF2R ha messo in evidenza un minor profilo di metilazione, che non ha mai superato il 65%. Le cellule uovo accresciute in vitro hanno, inoltre, fatto registrare un ridotto grado di competenza meiotica e di sviluppo, testato sottoponendo le stesse ai protocolli di IVM ed attivazione partenogenetica.

Per superare i limiti tecnologici evidenziati nel primo modello di follicologenesi in vitro adottato nella pecora, si è proceduto a modificare l’ambiente colturale allo scopo di creare condizioni in grado di rallentare in vitro la differenziazione dell’antro follicolare per protrarre nel tempo il sostegno trofico al compartimento germinale in accrescimento. Tale obiettivo è stato raggiunto riducendo drasticamente, durante l’incubazione, la stimolazione gonadotropa nonché la supplementazione di siero fetale. Attualmente i follicoli secondari di pecora di piccolo diametro possono essere mantenuti in coltura per oltre 18 giorni. Nel nuovo sistema si registra un importante ritardo nella differenziazione dell’antro follicolare (circa 4-7 gg) ed un prolungamento dell’accoppiamento metabolico fra comparto somatico e germinale (fino alla 18ma giornata). Questo si traduce al termine della coltura, in un maggior accrescimento in vitro del gamete che riesce raggiungere dimensioni simili ad oociti accresciuti in vivo (circa 110 µm di diametro). La prolungata coltura produce effetti positivi anche sulla trasformazione nucleare delle cellule uovo che raggiungono, progressivamente in vitro, una corretta configurazione cromatinica (Tab. 1). Analogamente, si registra, già a partire dalla 14ma giornata, una completa metilazione globale del DNA accanto ad un corretto stato di metilazione dei due geni soggetti ad imprinting per ora analizzati (IGF2R e BEGAIN). L’analisi dello stato di metilazione del gene H19, a imprinting paterno, è stato, parallelamente, condotto per escludere che le condizioni colturali potessero, analogamente a quanto dimostrato nel topo, creare quadri di alterazione del processo di imprinting primario durante l’accrescimento in vitro della cellula uovo.

Il profilo di metilazione materna è, invece, risultato inalterato (assenza di siti metilati) anche protraendo la coltura fino alla 18ma giornata. In base a questo risultato si può escludere, in via preventiva, che il modello di follicologenesi in vitro adottato nella pecora possa influire negativamente sull’epigenotipo, prima, e sul fenotipo, poi. Tuttavia, seppure già in 14ma giornata è possibile ottenere cellule uovo con un corretto assetto nucleare, se si vuole massimizzare la competenza meiotica e di sviluppo embrionale delle cellule accresciute in vitro bisogna protrarre la coltura fino, almeno, alla 18ma giornata. Questa evidenza è in linea con quanto mostrato nel modello fisiologico, dove, in base ai risultati ottenuti, si evince che il processo di rimodellamento nucleare si completa in corrispondenza della differenziazione dell’antro follicolare e, quindi, in modo asincrono ed anticipato rispetto all’acquisizione della competenza meiotica. I macchinari molecolari indispensabili per la ripresa della divisione meiotica vengono, infatti, acquisiti dalla cellula uovo d’ovino più tardivamente, quando l’oocita si trova in un follicolo antrale di piccolo-medio diametro. Pertanto, non sorprende che al protrarsi della coltura aumenti in modo significativo la percentuale di cellule capaci di riprendere e concludere la maturazione meiotica, così come, di avviare per via partenogenetica lo sviluppo embrionale (Tab. 1).

Valutazione del rimodellamento della cromatina in gameti coltivati in vitro come complessi ovocita-cumulo ooforo nella specie bovina

Le nostre ricerche si sono rivolte anche allo sviluppo di sistemi colturali in grado di portare all'acquisizione della competenza meiotica e di sviluppo embrionale ovociti di bovino prelevati da follicoli antrali precoci rivolgendo una particolare attenzione a garantire il mantenimento dell'accoppiamento funzionale tra cellule follicolari ed ovocita durante l'ovogenesi in vitro ed individuarne i meccanismi di regolazione.

Recenti studi hanno infatti dimostrato il coinvolgimento delle cellule della granulosa nel modulare la progressiva repressione della trascrizione al termine del differenziamento del gamete femminile, ipotizzando un loro intervento anche nel rimodellamento della cromatina durante la crescita dell’ovocita (De La Fuente 2006, Lodde et al 2007, Lodde et al 2008). Nel bovino, in particolare, i nostri studi indicano che la quasi totalità degli ovociti della classe GV0, isolati da follicoli antrali precoci presenta giunzioni funzionalmente aperte e che l’aumento del grado di condensazione della cromatina si accompagna ad una progressiva chiusura delle giunzioni (Lodde et al 2007).

Risultati preliminari hanno confermato il coinvolgimento delle cellule follicolari nel modulare l'attività trascrizionale e la transizione della configurazione della cromatina. In particolare, la somministrazione di basse concentrazioni di ormone FSH durante la coltura in vitro ha garantito il mantenimento di un accoppiamento giunzionale tra compartimento somatico e germinale, ha determinato l'accrescimento del gamete, il rimodellamento cromatinico e portato infine ad un significativo aumento della competenza meiotica.

Tali approcci colturali rivolti a gameti isolati da follicoli antrali potrebbe offrire il vantaggio di limitare l'esposizione ad effetti indotti da inadeguate o prolungate colture oltre a costituire un ulteriore strumento per comprendere i processi che presiedono al corretto differenziamento della cellula uovo ed identificare i meccanismi coinvolti nelle fasi critiche di rimodellamento della cromatina ed eventualmente responsabili di disordini di tipo epigenetico.

Conclusioni

In conclusione, in base agli studi comparativi eseguiti sulla configurazione della cromatina e i principali determinanti molecolari coinvolti nel programma epigenetico e telomerico del nucleo di oociti accresciuti in vivo ed in vitro, si può affermare che il sistema colturale adottato attualmente nella pecora è in grado di riprodurre fedelmente i processi di follicologenesi e oogenesi fisiologica. Tuttavia, alcuni degli eventi di trasformazione nucleare studiati, risultano definirsi in modo tardivo e, quindi, non possono essere ricompresi nella finestra evolutiva riprodotta con l’attuale tecnica di follicologenesi in vitro (transizione da follicolo secondario a terziario). Per aumentare l’efficienza della tecnica diventa, pertanto, necessario sviluppare nuovi sistemi in vitro in grado di promuovere la fase finale di differenziazione della cellula uovo. Questo obiettivo potrebbe richiedere la messa a punto di sistemi colturali esterni al contesto follicolare o, alternativamente, l’identificazione e la riproduzione in coltura dei meccanismi che guidano eventi cruciali come l’organizzazione strutturale della cromatina o la metilazione di siti specifici del DNA (geni imprintati tardivi come BEGAIN). Sicuramente si può affermare che lo studio dettagliato dei profili epigenetici della cellula uovo è un valido strumento per ottimizzare in modo mirato un sistema colturale complesso come quello della follicologenesi in vitro. In modo analogo, uno screening diagnostico preventivo dei profili epigenetici può apportare notevoli benefici ad altre tecniche di ARTs, consentendo così di escludere, in modo oggettivo ed in via preventiva, effetti negativi delle condizioni colturali o iatrogene adottate nella medicina della riproduzione.

 

Bibliografia

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11. Surani et al. (2007) Cell 128, 747-62. Genetic and epigenetic regulators of pluripotency.

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Tabella 1

 

Analisi morfologica e funzionale eseguita su oociti di pecora accresciuti in vivo o in vitro.

 

 

Oociti accresciuti in vivo

Oociti accresciuti in vitro

 

Alti livelli di FSH

14 gg

Bassi livelli FSH

14 gg 18 gg

 

Diametro dell’oocita (µm)

110 + 5

95 + 10*

110 + 5

110 + 10

Configurazione SN

67%

25%*

42%**

58%

Stato di allungamento dei telomeri

+++

n.d.

+++

+++

Grado di metilazione globale del DNA

+++

++

+++

+++

IGF2R

90%

65%*

85%

n.d.

BEGAIN

10%

n.d.

15%

n.d.

H19

1-3%

n.d.

0-2%

n.d.

IVM (% MII)

42%

5%*

20%**

38%

Sviluppo di embrioni partenogenoti

40%

n.d.

15%*

45%

 

*, ** P<0.05

n.d. non determinato

 

 

 

Figure 1

 

Configurazione della cromatina e stato di metilazione globale del DNA durante l’oogenesi.

Ricostruzioni tridimensionali di GV (germinal vescicle) di pecora ottenute con il microscopio confocale che mostrano come si modificano durante l’accrescimento follicolare:

-la configurazione della cromatina (NSN, immagini A-C: SN, immagine D: SNE, immagine E)

- la metilazione globale del DNA (immagini F-J).

Le immagini K-O, mostrano il grado di sovrapposizione dei segnali fluorescenti (merge) ottenuti rispettivamente con il “probe” usato per contrastare il DNA, SYBR green, e l’Ab (anti 5 metilcitosina) utilizzato per valutare lo stato di metilazione del DNA.

Bar = 10 µm


Da: Russo et al. (2007) Microsc.Res.Tech. 70, 733

 

Figura 2. Configurazione della cromatina nell'ovocita di bovino e stato di metilazione globale. Immagini rappresentative della configurazione della cromatina e dello stato di metilazione globale del DNA in gameti appartenenti alle classi GV0 (A, E, I), GV1 (B, F, J), GV2 (C, G, K) e GV3 (D, H, L). In alto: DNA. In mezzo: metilazione del DNA. In basso: sovrapposizione delle 2 immagini superiori. Tutte le immagini sono il risultato della ricostruzione tridimensionale di piani confocali. La barra rappresenta 50 μm.

 

 

da Lodde et al. (2008) Folia Histochem Cytobiol. 46 Suppl. 2, 117

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Università di Teramo, Dipartimento di Scienze Biomediche Comparate: Sezione Fisiologia1, Sezione citologia2, Sezione genetica medica3

Università degli Studi dell’Aquila, Dipartimento Scienze e Tecnologie Biomediche, Sezione Biologia cellulare applicata4

Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Scienze Animali, Sezione di Anatomia ed Istologia Veterinaria5