TRATTAMENTO DEGLI ENDOMETRIOMI IN DONNE SELEZIONATE PER LA FIVET: INTERVENIRE O NON INTERVENIRE?

BENAGLIA Laura 1,2SOMIGLIANA Edgardo 1VIGHI Valentina 1,2RAGNI Guido 1

L’endometriosi colpisce circa il 10% della popolazione generale in età fertile e il 10-25% delle pazienti che necessitano di Tecniche di Fecondazione In Vitro (FIVET). (Figura 1) Dopo un periodo di indiscriminata rimozione di tutte le cisti ovariche endometriosiche, di recente il trattamento chirurgico “a tappeto” delle queste lesioni è stato messo in discussione (Garcia-Velasco e Somigliana, 2009; Vercellini et al., 2009). In questo contesto, una situazione clinica particolare è rappresentata dal riscontro di cisti ovariche endometriosiche in pazienti con un’indicazione alla FIVET. Scopo di questo articolo è discutere le attuali conoscenze in materia su questo specifico punto.

Cisti endometriosiche e risposta ovarica

E’ noto da diversi dati in letteratura che la asportazione chirurgica di una o più cisti ovariche endometriosiche si associa ad una riduzione della risposta ovarica alla stimolazione farmacologica. (Gupta et al., 2006, Somigliana et al., 2006a). In una recente meta-analisi, Gupta et al. hanno dimostrato che il numero di follicoli sviluppati e il numero di oociti recuperati in seguito a stimolazione ovarica sono significativamente ridotti in pazienti affette da endometriosi ovarica rispetto a controlli sani. L’effetto dannoso sulla risposta ovarica è stato particolarmente enfatizzato da studi che hanno comparato, in pazienti interessate da endometriosi ovarica monolaterale, la risposta alla stimolazione dell’ovaio affetto rispetto all’ovaio controlaterale sano (Ragni et al., 2005; Somigliana et al., 2006b; Duru et al., 2007). Si è infatti ripetutamente osservato che il numero di follicoli e di oociti recuperati è significativamente ridotto nell’ovaio affetto. L’entità di tale riduzione è di circa il 50%.

Il danno alla riserva ovarica in termini di responsività alla stimolazione non sembra invece riflettersi sulla probabilità di successo della FIVET. Nella loro meta-analisi, Gupta et al. non osservano un impatto significativo sulla probabilità di successo della tecnica. L’Odds Ratio (OR) di ottenere una gravidanza in pazienti con endometriosi ovarica è risultato essere di 1.07 (95%IC: 0.63-1.81). (Gupta et al., 2006).

Si può pensare a due possibili ipotesi per spiegare questo risultato apparentemente contrastante. Innanzitutto, il danno potrebbe essere quantitativo piuttosto che qualitativo. Ovvero, la riduzione della riserva ovarica in queste pazienti in realtà implica una riduzione del numero ma non della qualità oocitaria. A supporto di questa possibilità, Ragni et al., in uno studio del 2005, dimostrarono che nelle ovaie operate vi era una riduzione del numero di oociti recuperati ma non una riduzione del tasso di fertilizzazione e della probabilità di ottenere embrioni di buona qualità (Ragni et al., 2005). Una seconda possibile spiegazione per interpretare l’assenza di un impatto sulla probabilità di gravidanza nonostante la riduzione della risposta alla stimolazione risiede nella relativa rarità con cui la malattia colpisce entrambe le ovaie. Gli endometriomi sono infatti prevalentemente monolaterali. Solo il 19-28% delle pazienti presenta cisti ovariche bilateralmente. E’ lecito supporre che l’ovaio sano sia in grado si supplire adeguatamente alla riduzione di funzionalità dell’ovaio malato. Questa ipotesi è confermata dagli studi che hanno specificatamente valutato l’outcome della FIVET in pazienti operate per endometriosi ovarica bilaterale, dei quali lo studio più recente e più ampio è stato eseguito dal nostro gruppo su una popolazione di 68 pazienti affette e 136 controlli sani appaiati per età (Somigliana et al., 2008). In questo studio, si è osservata una significativa ed importante riduzione del numero di follicoli sviluppati, di oociti recuperati e di embrioni trasferiti a scapito di dosi maggiormente elevate di Gonadotropine utilizzate nei casi rispetto ai controlli. Ma, soprattutto, la probabilità di gravidanza risultò ridotta di circa 3 volte nelle pazienti operate per endometriosi ovarica bilaterale. In conclusione, è ragionevole concludere che la risposta ovarica (e la riserva ovarica) sia significativamente danneggiata nelle gonadi sottoposte ad escissione di endometriomi..

Impatto dell’endometrioma sulla risposta ovarica: un evento primitivo o secondario?

Al momento, non è ancora stato chiarito se il danno ovarico associato alla rimozione di endometriomi ovarici sia un evento primitivo o secondario. I dati disponibili suggeriscono che da un lato la presenza dell’endometrioma possa di per sé danneggiare la riserva ovarica. D’altro canto vi sono anche evidenze scientifiche che supportano un danno determinato dalla rimozione chirurgica di queste lesioni. Occorre subito sottolineare che l’importanza relativa di questi due fenomeni è ancora da chiarire.

Danno correlato alla presenza dell’endometrioma

Nel 1993 Maneschi et al., studiando sezioni del parenchima ovarico che circonda le cisti ovariche benigne, riscontrò un ridotto numero di follicoli e di funzionalità ovarica in caso di cisti endometriosiche rispetto ad altre cisti ovariche benigne (Maneschi et al., 1993). In linea con questo dato, Benaglia et al. hanno recentemente riportato una riduzione della frequenza ovulatoria nelle gonadi con endometrioma ovarico (Benaglia et al., 2009a). Dati sulla risposta ovarica in pazienti con endometriosi ovarica non operata, ancorché scarsi, sembrano ulteriormente confermare questo dato. In uno studio eseguito nel nostro Centro su 36 donne non operate con endometrioma monolaterale e sottoposte a FIVET, la risposta all’iperstimolazione ovarica in termini di numero di follicoli risultò ridotta nelle ovaie affette (Somigliana et al., 2006b). L’entità di questa riduzione era in media di circa il 25% ma un confronto con i dati sopra-riportati relativi alla riduzione della risposta dopo rimozione di endometriomi (circa il 50%) non è possibile in quanto le caratteristiche delle pazienti e delle lesioni differiscono in modo importante.

Danno correlato alla rimozione chirurgica

L’impatto di un possibile danno ovarico chirurgico in seguito a rimozione di cisti endometriosica monolaterale è stato molto discusso in questi ultimi anni. E’ verosimile che frammenti di parenchima ovarico sano vengano frequentemente rimossi in corso di intervento di enucleazione della cisti. Alcuni studi istologici hanno dimostrato che in più del 50% dei casi di asportazione di endometriomi era possibile identificare frammenti di tessuto ovarico adesi alla capsula cistica asportata (Muzii et al., 2002). Probabilmente, questo fenomeno è dovuto alle tenaci aderenze che si sviluppano tra tessuto ovarico e cisti endometriosica (Brosens et al., 1996).

La rimozione di tessuto sano non è l’unico possibile meccanismo patogenetico di danno. E’ possibile infatti ipotizzare almeno tre altri meccanismi: 1) la diatermocoagulazione laparoscopica, spesso utilizzata per controllare l’emostasi, potrebbe danneggiare direttamente il patrimonio follicolare residuo, 2) L’escissione della cisti potrebbe innescare una reazione infiammatoria locale importante con possibili effetti dannosi anche sul parenchima sano circostante (Chiodo et al., 2005), 3) la diatermocoagulazione laparoscopica sopracitata potrebbe anche determinare una compromissione della vascolarizzazione ovarica (Wu et al., 2003).

Infine, a supporto della possibilità che la rimozione chirurgica possa di per sé danneggiare la riserva ovarica, è importante segnalare il riscontro di alcuni casi di menopausa precoce insorti subito dopo intervento di enucleazione bilaterale di endometriomi (Busacca et al., 2006). Su una popolazione di 126 pazienti operate per questa condizione, questi autori riportano 3 casi di menopausa precoce, pari al 2.4% (95%IC: 0.5%-6.8%).

Trattamenti prima di un ciclo FIVET in pazienti affette da endometriosi

Pazienti affette da endometriosi ovarica che si sottopongono a FIVET possono quindi non ricevere alcun trattamento prima di iniziare il ciclo di terapia. In alternativa, possono essere trattate in due diversi modi: un trattamento medico ed un trattamento chirurgico.

Trattamento medico

La terapia medica non è considerata una terapia risolutiva per l’endometriosi. Tuttavia, il trattamento medico in queste pazienti riduce la sintomatologia dolorosa, qualora ci fosse, e previene un ulteriore peggioramento della malattia in termini di dimensioni delle cisti e di progressione della patologia, senza però determinare un incremento della fertilità spontanea (Wood et al., 2000; Chapron et al., 2002a, Vercellini et al., 2009)

Al contrario, la somministrazione di analoghi del GnRH per alcuni mesi prima della FIVET sembra migliorare la percentuale di successo in queste pazienti. Gli effetti benefici di questi farmaci sarebbero da imputare all’ambiente ipogonadotropo e all’amenorrea che essi inducono. Una recente meta-analisi ha dimostrato che un trattamento di 3-6 mesi con GnRH analoghi prima della FIVET induce un aumento della probabilità di gravidanza di circa 4 volte (Sallam et al., 2006). Tale stima si basa tuttavia su soli tre studi randomizzati di piccole dimensioni e necessita di una conferma su più ampia scale.

Trattamento chirurgico

Nonostante la mancanza di studi randomizzati controllati, vi è un comune accordo in letteratura sull’efficacia della rimozione degli endometriomi in termini di incremento della probabilità di concepimento spontaneo (Chapron et al., 2002a). Le percentuali di gravidanza spontanea in seguito a terapia chirurgica variano dal 30 al 67% (Jones and Sutton, 2002). Al contrario, non vi è univocità di vedute per quanto riguarda il beneficio della rimozione chirurgica in donne con un’indicazione ad eseguire una FIVET. Su questo punto, tuttavia, è importante segnalare un recente studio randomizzato controllato su 99 pazienti con endometriosi ovarica, di cui 49 sono state operate prima della FIVET e 50 sono state sottoposte direttamente a FIVET (Demirol et al., 2006). I cicli FIVET nelle pazienti precedentemente operate sono risultati caratterizzati da stimolazioni ovariche più durature, dosi di gonadotropine maggiori e un minore numero di oociti recuperati. Al contrario, le percentuali di fertilizzazione, il tasso di impianto e la probabilità di gravidanza erano simili nei due gruppi. Questi risultati sono in linea con quanto precedentemente osservato in uno studio osservazionale (Garcia Velasco et al., 2004).

La tecnica di rimozione chirurgica è un possibile punto di discussione. Dati consistenti in letteratura dimostrano che lo stripping del letto cistico è associato ad una probabilità di gravidanza spontanea più elevata ed ad un rischio di recidiva più basso rispetto alla tecnica di drenaggio e vaporizzazione del letto cistico (Beretta et al., 1998; Alborzi et al., 2004). Su questa base, si ritiene che l’intervento di stripping sia da preferire. E’ tuttavia importante sottolineare che la paziente selezionata per FIVET potrebbe rappresentare un’eccezione in quanto è ipotizzabile che la tecnica di drenaggio e vaporizzazione del letto cistico possa essere meno dannosa sulla riserva ovarica. Non vi sono però al momento elementi consistenti per supportare questa tesi (Somigliana et al., 2006a).

I rischi della chirurgia e della condotta d’attesa

Un ginecologo deve considerare molteplici fattori prima di decidere se sottoporre o meno a chirurgia una paziente con endometriosi ovarica ed indicazione ad eseguire una FIVET. La percentuale di successo non è l’unico punto da considerare. Un aspetto importante è rappresentato dalle possibili complicazioni che inevitabilmente possono presentarsi per entrambe le strategie terapeutiche. (Tabella 1)

Rischi della chirurgia

L’intervento chirurgico è costoso per il sistema sanitario e non è esente da complicazioni. Le percentuali di complicanze chirurgiche maggiori o minori sono del 1.4% e del 7.5%, rispettivamente (Chapron et al., 2002b). Questo aspetto è soprattutto da tenersi in considerazione nelle pazienti che sono già state sottoposte ad intervento per endometriosi in precedenza. La maggior parte di queste pazienti sviluppa aderenze post-chirurgiche tenaci che sono la causa dell’incremento delle probabilità di avere una complicazione. I danni intestinali o ureterali sono i più temibili.

Rischi della condotta di attesa

Anche la condotta non chirurgica può associarsi a dei rischi. Prima di tutto, dal momento che l’endometriosi è una patologia estrogeno-dipendente, è ragionevole ipotizzare che la stimolazione ovarica che precede il prelievo ovocitario possa determinare una progressione della malattia. Questo timore non è tuttavia supportato da evidenze sperimentali. Infatti, in uno studio eseguito nel nostro centro su 48 pazienti con cisti endometriosiche sottoposte a FIVET, non abbiamo riscontrarono alcuna modificazione significativa della dimensione delle cisti né la comparsa di nuove formazioni a distanza di 2-6 mesi dalla stimolazione ovarica (Benaglia et al., 2009b).

In secondo luogo, la condotta di attesa potrebbe comportare il misconoscimento di una lesione maligna. Anche se la diagnosi ecografica di queste cisti è stata validata in numerosi studi (Alcazar et al., 1997; Eskenazi et al., 2001), non è possibile al momento escludere in modo categorico un tumore. I dati in letteratura siano scarsi ma non del tutto rassicuranti. Il rischio di malignità non diagnosticata delle cisti endometriosiche è infatti stimato essere dello 0.8%-0.9% (Mostoufizadeh and Scully 1980; Stern et al., 2001). Si tratta tuttavia verosimilmente di sovrastime in quanto questi studi sono retrospettivi e i criteri di selezione sono criticabili. Sono pertanto necessari ulteriori studi a questo riguardo.

Inoltre, è da tenere presente che la presenza di un endometrioma al momento del prelievo ovocitario può favorire eventi infettivi iatrogeni. Infatti, gli endometriomi forniscono un eccellente terreno di coltura per batteri e lo sviluppo di ascessi tubo-ovarici in seguito a FIVET è stato riportato in letteratura. Allo scopo di quantificare l’entità di tale rischio, Benaglia et al., in un recente studio, hanno valutato l’incidenza di infezioni pelviche in pazienti con endometriomi sottoposte a FIVET su un totale di 214 prelievi ovocitari. Questa complicanza non è mai stata osservata (0%, 95%IC: 0-1.7%). Su tale base, si è stimato che tale rischio sia almeno inferiore all’1.7%. E’ comunque consigliabile evitare di pungere la cisti in corso di prelievo ovocitario e somministrare una copertura antibiotica adeguata (Benaglia et al., 2008).

Infine, occorre ricordare alcune altre complicanze per le quali tuttavia esistono pochi dati in letteratura. Sono le seguenti: rottura della cisti, contaminazione del liquido follicolare con possibili conseguenze sulla qualità embrionaria e rischio aumentato di parto prematuro o di ritardo di crescita fetale (Garcia Velasco et al., 1998; Somigliana et al., 2006; Fernando et al., 2008).

Conclusioni

Esistono dati convincenti che, in seguito a trattamento chirurgico, la risposta ovarica alla stimolazione sia ridotta senza un reale miglioramento nel numero e nella qualità degli oociti recuperati. Inoltre, la rimozione della cisti non incrementa le probabilità di successo della FIVET. In generale, quindi, è consigliabile intraprendere una FIVET senza sottoporre le pazienti ad un preliminare intervento chirurgico. La questione tuttavia non è definitivamente chiarita e necessita di studi specifici a riguardo. La recente segnalazione che la rimozione di focolai endometriosici peritoneali profondi incrementa la probabilità di successo della FIVET ha peraltro riacceso il dibattito (Bianchi et al., 2009). Tali lesioni sono spesso non diagnosticabili prima dell’intervento e tipicamente si associano all’endometriosi ovarica. L’intervento potrebbe quindi risultare vantaggioso non tanto per il trattamento della cisti quanto per la rimozione di questi focolai. Il dato necessita comunque una conferma.

Infine, riteniamo ci siano delle condizioni cliniche specifiche che esulano da quanto riportato sopra e che costituiscono comunque un’indicazione all’intervento. Sono le seguenti: 1) una sintomatologia dolorosa importante e refrattaria a terapia medica, 2) l’impossibilità di escludere con ragionevole sicurezza una lesione maligna, 3) la presenza di una cisti molto voluminosa o tale da dislocare l’ovaio in una sede non raggiungibile in corso di prelievo ovocitario.

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Tabella 1: Svantaggi della terapia chirurgica e svantaggi della condotta di attesa

Svantaggi della terapia chirurgica Svantaggi della terapia d’attesa
Danno chirurgico Progressione della malattia
Complicanze maggiori e minori Misdiagnosi di tumore
Costi economici Rischio di ascesso pelvico
Riduzione oociti recuperati Contaminazione fluido follicolare
Non incremento probabilità di gravidanza Prelievo ovocitario difficoltoso

1 Centro Sterilità di coppia ed Andrologia, Fondazione Ospedale Maggiore Policlinico Mangiagalli e Regina Elena, Milano

2 Università degli Studi di Milano, Milano