In ambito nazionale si sta sviluppando un dibattito sulla
possibilità di congelamento dei cosiddetti “prezigoti”
o zigoti “presingamici”. La legge sulla PMA in fase
di approvazione definitiva in effetti non cita un divieto esplicito
di questa procedura e pertanto potrebbe esser praticabile il congelamento
allo stadio di 2PN qualora fosse inequivocabilmente dimostrato
che a un certo stadio postfecondazione i due pronuclei siano sempre
e comunque presenti e quindi tale condizione non sia assimilabile
dal punto di vista morfologico all’embrione di cui è
dichiaratamente fatto divieto di criocongelamento.
La dott.ssa Ferraretti ha inteso inviare a Repronews un suo contributo
al dibattito frutto anche della sua personale esperienza.
Premesso
che la crioconservazione di ovociti, zigoti, embrioni e blastocisti
è una procedura attraverso la quale è sempre previsto
un danno cellulare per i motivi che noi tutti ben conosciamo e
che quindi non tutti sopravvivono allo scongelamento, esiste una
ampia letteratura che chiaramente dimostra come la crioconservazione
di zigoti sia una procedura eseguita in tutto il mondo da moltissimi
anni e come, secondo alcuni autorevoli Autori, possa addirittura
essere più efficace rispetto alla crioconservazione di
embrioni a 4-8 cellule.
Per chi non consulta frequentemente la letteratura, ne faccio
un breve riassunto.
Una prima importante pubblicazione sull’argomento compare
nel 1989 (1) e riporta l’esperienza di 25 Centri degli Stati
Uniti. Già in questa pubblicazione la percentuale di gravidanza
con crioconservazione di zigoti risulta del 17.4% rispetto al
12.5% di embrioni multicellulari.
Nel 1991, Demoulin (2) (Belgio) pubblica una ”ongoing pregnancy
rate” con crioconservazione a 2 PN del 17.9% contro il 5.5%
con crioconservazione di embrioni multicellulari.
Nel 1993 L. Veeck (3) pubblica i risultati di 5 anni di attività
del Centro di Norfolk e conclude che la crioconservazione di zigoti
a 2 PN porta a uno sviluppo di embrioni con potenzialità
di impianto simile a quella di embrioni freschi. La stessa L.
Veeck 10 anni dopo, pubblica l’esperienza del Centro in
cui si è trasferita (4) (la Cornell University), e afferma
“Freezing success with 2 PN has spanned more than a decade
and has culminated in thousands of births. It is thought that
the lack of a spindle explains its excellent survival and potential
for implantation”.
Riporta l’esperienza del Centro, con 1441 zigoti crioconservati,
una percentuale di gravidanza del 42% e un implantation rate del
17.1%.
La crioconservazione di zigoti si diffonde in tutto il mondo (5,
6, 7, 8, 9) (Australia, Giappone, Finlandia, Italia etc.) con
risultati riproducibili e nessuna Nazione, neppure dove esiste
un Registro Obbligatorio sia per i trattamenti che per i nati
(Australia, Finlandia, Svezia), ha mai sollevato il dubbio che
la crioconservazione allo stadio di 2 PN esponga i nati a maggiori
rischi rispetto ad altre metodiche.
L’ultimo Registro Tedesco pubblicato relativo al 2002 riporta
14923 cicli con trasferimento di zigoti crioconservati, da cui
è risultata una percentuale di gravidanza del 17.67%.
Il Responsabile del Registro R. Felberbaum, afferma che “cryopreservation
of oocytes in the 2 PN stage is an established, successful and
safe procedure that has been performed in Germany since 1993”.
La incidenza di malformazioni è stata dell’1.54%,
che è esattamente entro il range della popolazione normale.
Nel 1995 nel suo libro “Principles and practice of assisted
human reproduction” (10) Robert Edwards afferma (riporto
le sue stesse parole in inglese) che: “pronucleate eggs
is probably the optimal stage for cryopreservation because it
is in a known stage of its cell cycle. Implantation rate approach
those obtained with fresh embryos and are approximately 14% to
15% per embryo in most clinics (pag. 342).
A pag. 503 dello stesso testo afferma: “Most human embryos
are cryopreserved while still pronucleate” e, più
avanti, “in general, better results are obtained with thawed
pronucleate eggs than with other stages”.
La crioconservazione a 2 PN viene inclusa in tutte le reviews
sulle strategie per prevenire la Sindrome di iperstimolazione
ovarica (OHSS). Ne ricordo, ad esempio, due recenti (11, 12).
Il nostro Centro crioconserva a 2 PN nei casi a rischio di OHSS
dal 1996.
Abbiamo pubblicato un lavoro nel 1999 su Human Reproduction (9),
dove abbiamo riportato l’esperienza relativa ai primi 58
cicli, con un totale di 609 zigoti crioconservati. Come chiaramente
spiegato nei materiali e metodi, gli zigoti erano crioconservati
tra le 14 e le 18 ore post-inseminazione.
Da allora abbiamo continuato con la stessa metodica e non abbiamo
ritenuto opportuno pubblicare i nuovi dati in quanto non è
più una procedura sperimentale e nulla è stato cambiato
rispetto a quanto presentato nel lavoro (se non che il tempo di
congelamento è rigidamente fissato a 16 ore post-inseminazione).
Anche se non pubblicati, ritengo importante riportare che dal
1996 al 2003 abbiamo crioconservato, per rischio OHSS, 5012 zigoti
in 532 pazienti e sono stati eseguiti 789 trasferimenti dopo scongelamento.
La survival rate è stata del 78%, la pregnancy rate/ET
del 33%, la implantation rate del 18% e la percentuale di gravidanza
a temine per paziente del 39%. Non è mai stata osservata
la scomparsa dei due PN prima della 16^ ora.
Dal 2000, abbiamo utilizzato la crioconservazione a 2 PN anche
nel programma di ovodonazione per semplificare la procedura. I
dati (inviati ed accettati come presentazione orale al Congresso
ESHRE 2003) hanno le stesse percentuali.
Ad oggi sono nati 209 bambini, di cui 3 (1,4%) hanno riportato
malformazioni maggiori.
Tutto quanto presentato non lascia dubbio sul fatto che la crioconservazione
a 2 PN non è una tecnica sperimentale in quanto è
diffusamente utilizzato da anni in tutto il mondo, è riproducibile
e non si è dimostrata a rischio per i nascituri.
Detto questo, il discorso scientifico-filosofico sulla terminologia
da adottare (zigote pre-singamico, pre-anfimissico, o perché
no, semplicemente zigote (o ovocita come lo definisce Edwards)
a 2 pronuclei), o sul tempo migliore (16, 18, 20, 22, 24 ore)
per crioconservare, è molto interessante, ma la presenza
di dati contrastanti in letteratura non giustifica il fatto di
ritenerla una procedura sperimentale. E’ come dire, ad esempio,
che l’uso dell’antagonista è ancora sperimentale
perché, come confermato da molti autori, non abbiamo ancora
messo a punto il protocollo ottimale. E si potrebbe dire lo stesso
per tanti altri punti nella PMA.
Un lavoro del 1993 della Balakier (13) sostiene che nello zigote
la fase S (sintesi del DNA) avviene tra la 8^ e la 17^ ora post-inseminazione
e che quindi crioconservare durante questo periodo può
recare un danno al DNA in fase di replicazione.
Si suggerisce pertanto che il miglior momento per la crioconservazione
è tra la 20^ e la 22^ ora, quando però in una percentuale,
anche se piccola, di zigoti i 2 PN possono già essere scomparsi.
Alcuni autori (Payne, Wright, Senn) si adeguano alla ipotesi della
Balakier, altri (Asimokopoulos, Endo, Ferraretti) si adeguano
invece a quanto proposto da L. Veeck (18 ore). Altri Autori parlano
di 2 pn senza specificare il tempo preciso.
Michelle Plachot, (sulla cui autorevolezza nel campo specifico
non è possibile dubitare) afferma che esiste una elevatissima
asincronia nelle varie fasi del ciclo cellulare tra uno zigote
e l’altro (14).
Nella tavola sono riportati i dati della Plachot comparati con
i dati riportati dal prof. Flamini, in un documento consultabile
sul suo sito web.
FASE |
ORE
POST-INSEMINAZIONE (PLACHOT) |
ORE
POST-INSEMINAZIONE (DOC. FLAMIGNI) |
Formazione
del 2° GP |
2-10
(1-8 in ICSI) |
2-8 |
Fase G1 |
2-14 |
3-12 |
Fase
S |
8-24 |
8-17 |
Fase
G2 |
12-30 |
13-18 |
Scomparsa
2 pn |
17-31 |
15-30 |
La
fase S dura circa 4-5 ore. Non è quindi assolutamente detto
che dopo le 17 ore tutti gli zigoti abbiano completato la fase
S così come non è detto che a 16 ore tutti siano
in fase S.
Come per gli embrioni a 4-8 cellule, congelati a decine di migliaia
senza sapere in che fase del ciclo cellulare fosse ciascun blastomero,
anche le decine di migliaia di zigoti di cui la letteratura e
i Registri riportano i dati sono stati crioconservati senza questa
informazione, ma i risultati clinici per entrambe le metodiche
dimostrano che ciò può forse influenzare la sopravvivenza
e l’impianto, ma non la salute dei nati.
In conclusione, crioconservare a 16 o a 20 ore può essere
ugualmente a rischio di crioconservare in fase S, ma a 16 ore
siamo certi che i pronuclei siano ancora presenti e questo è
il punto cruciale per il quale stiamo combattendo: tentare di
fare approvare ai nostri legislatori almeno la possibilità
di inseminare tutti gli ovociti (e questo è importante
sia per le donne di età avanzata, ma soprattutto per tutte
le coppie con infertilità maschile severa) e crioconservare
eventualmente gli zigoti sovrannumerari.
Anna Pia Ferraretti
Direttore Clinico in S.I.S.ME.R.
Bibliografia:
1. Fugger E. F., Clinical status of
human embryo cryopreservation in the United States of America Fertil.
Steril., 1989, 52, 986-990
2. Demoulin A, Jouan C., Gerday C., Dubois M. Pregnancy
rates after transfer of embryos obtained from different stimulation
protocols and frozen at either pronucleate or multicellular stages
Hum Reprod , 1991, vol 6, n. 6: 799-804
3.
Veeck L., Amundson C., Brithman L. J., DeScisciolo C., Maloney
K., Muasher s. J., Jones H.
Significantly enhanced pregnancy rates per cycle through cryopreservation
and thaw of pronuclear stage oocytes Fertil Steril, 1993, 59,6:
1202-1207
4. Veeck L. Does the developmental stage at freeze
impact on clinical results post-thaw? RBMonline, 2003, vol. 6,
n.3: 367-374
5. Horne G., Critchlow J. D., Newman M.C., Edozien
L., Matson P.L., Lieberman B.A.
6. A prospective evaluation of cryopreservation
strategies in a two embryo transfer programme
Hum Reprod, 1997, vol. 12, n. 3: 542-547
7. Salumets A., Tuuti T., Mäkinen, Vilska
S., Husu L., Tainio R., Suikkari A. M. Effect of developmental
stage of embryo at freezing on pregnancy outcome of frozen-thawed
embryo transfer Hum Reprod, 2003, vol. 18, n.9: 1890-1895
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