A proposito del congelamento dei prezigoti



A proposito del congelamento dei prezigoti


Anna Pia Ferraretti
Direttore Clinico in S.I.S.ME.R.


In ambito nazionale si sta sviluppando un dibattito sulla possibilità di congelamento dei cosiddetti “prezigoti” o zigoti “presingamici”. La legge sulla PMA in fase di approvazione definitiva in effetti non cita un divieto esplicito di questa procedura e pertanto potrebbe esser praticabile il congelamento allo stadio di 2PN qualora fosse inequivocabilmente dimostrato che a un certo stadio postfecondazione i due pronuclei siano sempre e comunque presenti e quindi tale condizione non sia assimilabile dal punto di vista morfologico all’embrione di cui è dichiaratamente fatto divieto di criocongelamento.
La dott.ssa Ferraretti ha inteso inviare a Repronews un suo contributo al dibattito frutto anche della sua personale esperienza.

Premesso che la crioconservazione di ovociti, zigoti, embrioni e blastocisti è una procedura attraverso la quale è sempre previsto un danno cellulare per i motivi che noi tutti ben conosciamo e che quindi non tutti sopravvivono allo scongelamento, esiste una ampia letteratura che chiaramente dimostra come la crioconservazione di zigoti sia una procedura eseguita in tutto il mondo da moltissimi anni e come, secondo alcuni autorevoli Autori, possa addirittura essere più efficace rispetto alla crioconservazione di embrioni a 4-8 cellule.
Per chi non consulta frequentemente la letteratura, ne faccio un breve riassunto.
Una prima importante pubblicazione sull’argomento compare nel 1989 (1) e riporta l’esperienza di 25 Centri degli Stati Uniti. Già in questa pubblicazione la percentuale di gravidanza con crioconservazione di zigoti risulta del 17.4% rispetto al 12.5% di embrioni multicellulari.
Nel 1991, Demoulin (2) (Belgio) pubblica una ”ongoing pregnancy rate” con crioconservazione a 2 PN del 17.9% contro il 5.5% con crioconservazione di embrioni multicellulari.
Nel 1993 L. Veeck (3) pubblica i risultati di 5 anni di attività del Centro di Norfolk e conclude che la crioconservazione di zigoti a 2 PN porta a uno sviluppo di embrioni con potenzialità di impianto simile a quella di embrioni freschi. La stessa L. Veeck 10 anni dopo, pubblica l’esperienza del Centro in cui si è trasferita (4) (la Cornell University), e afferma “Freezing success with 2 PN has spanned more than a decade and has culminated in thousands of births. It is thought that the lack of a spindle explains its excellent survival and potential for implantation”.
Riporta l’esperienza del Centro, con 1441 zigoti crioconservati, una percentuale di gravidanza del 42% e un implantation rate del 17.1%.
La crioconservazione di zigoti si diffonde in tutto il mondo (5, 6, 7, 8, 9) (Australia, Giappone, Finlandia, Italia etc.) con risultati riproducibili e nessuna Nazione, neppure dove esiste un Registro Obbligatorio sia per i trattamenti che per i nati (Australia, Finlandia, Svezia), ha mai sollevato il dubbio che la crioconservazione allo stadio di 2 PN esponga i nati a maggiori rischi rispetto ad altre metodiche.
L’ultimo Registro Tedesco pubblicato relativo al 2002 riporta 14923 cicli con trasferimento di zigoti crioconservati, da cui è risultata una percentuale di gravidanza del 17.67%.
Il Responsabile del Registro R. Felberbaum, afferma che “cryopreservation of oocytes in the 2 PN stage is an established, successful and safe procedure that has been performed in Germany since 1993”. La incidenza di malformazioni è stata dell’1.54%, che è esattamente entro il range della popolazione normale.
Nel 1995 nel suo libro “Principles and practice of assisted human reproduction” (10) Robert Edwards afferma (riporto le sue stesse parole in inglese) che: “pronucleate eggs is probably the optimal stage for cryopreservation because it is in a known stage of its cell cycle. Implantation rate approach those obtained with fresh embryos and are approximately 14% to 15% per embryo in most clinics (pag. 342).
A pag. 503 dello stesso testo afferma: “Most human embryos are cryopreserved while still pronucleate” e, più avanti, “in general, better results are obtained with thawed pronucleate eggs than with other stages”.
La crioconservazione a 2 PN viene inclusa in tutte le reviews sulle strategie per prevenire la Sindrome di iperstimolazione ovarica (OHSS). Ne ricordo, ad esempio, due recenti (11, 12).
Il nostro Centro crioconserva a 2 PN nei casi a rischio di OHSS dal 1996.
Abbiamo pubblicato un lavoro nel 1999 su Human Reproduction (9), dove abbiamo riportato l’esperienza relativa ai primi 58 cicli, con un totale di 609 zigoti crioconservati. Come chiaramente spiegato nei materiali e metodi, gli zigoti erano crioconservati tra le 14 e le 18 ore post-inseminazione.
Da allora abbiamo continuato con la stessa metodica e non abbiamo ritenuto opportuno pubblicare i nuovi dati in quanto non è più una procedura sperimentale e nulla è stato cambiato rispetto a quanto presentato nel lavoro (se non che il tempo di congelamento è rigidamente fissato a 16 ore post-inseminazione).
Anche se non pubblicati, ritengo importante riportare che dal 1996 al 2003 abbiamo crioconservato, per rischio OHSS, 5012 zigoti in 532 pazienti e sono stati eseguiti 789 trasferimenti dopo scongelamento.
La survival rate è stata del 78%, la pregnancy rate/ET del 33%, la implantation rate del 18% e la percentuale di gravidanza a temine per paziente del 39%. Non è mai stata osservata la scomparsa dei due PN prima della 16^ ora.
Dal 2000, abbiamo utilizzato la crioconservazione a 2 PN anche nel programma di ovodonazione per semplificare la procedura. I dati (inviati ed accettati come presentazione orale al Congresso ESHRE 2003) hanno le stesse percentuali.
Ad oggi sono nati 209 bambini, di cui 3 (1,4%) hanno riportato malformazioni maggiori.
Tutto quanto presentato non lascia dubbio sul fatto che la crioconservazione a 2 PN non è una tecnica sperimentale in quanto è diffusamente utilizzato da anni in tutto il mondo, è riproducibile e non si è dimostrata a rischio per i nascituri.
Detto questo, il discorso scientifico-filosofico sulla terminologia da adottare (zigote pre-singamico, pre-anfimissico, o perché no, semplicemente zigote (o ovocita come lo definisce Edwards) a 2 pronuclei), o sul tempo migliore (16, 18, 20, 22, 24 ore) per crioconservare, è molto interessante, ma la presenza di dati contrastanti in letteratura non giustifica il fatto di ritenerla una procedura sperimentale. E’ come dire, ad esempio, che l’uso dell’antagonista è ancora sperimentale perché, come confermato da molti autori, non abbiamo ancora messo a punto il protocollo ottimale. E si potrebbe dire lo stesso per tanti altri punti nella PMA.
Un lavoro del 1993 della Balakier (13) sostiene che nello zigote la fase S (sintesi del DNA) avviene tra la 8^ e la 17^ ora post-inseminazione e che quindi crioconservare durante questo periodo può recare un danno al DNA in fase di replicazione.
Si suggerisce pertanto che il miglior momento per la crioconservazione è tra la 20^ e la 22^ ora, quando però in una percentuale, anche se piccola, di zigoti i 2 PN possono già essere scomparsi.
Alcuni autori (Payne, Wright, Senn) si adeguano alla ipotesi della Balakier, altri (Asimokopoulos, Endo, Ferraretti) si adeguano invece a quanto proposto da L. Veeck (18 ore). Altri Autori parlano di 2 pn senza specificare il tempo preciso.
Michelle Plachot, (sulla cui autorevolezza nel campo specifico non è possibile dubitare) afferma che esiste una elevatissima asincronia nelle varie fasi del ciclo cellulare tra uno zigote e l’altro (14).
Nella tavola sono riportati i dati della Plachot comparati con i dati riportati dal prof. Flamini, in un documento consultabile sul suo sito web.

FASE
ORE POST-INSEMINAZIONE (PLACHOT)
ORE POST-INSEMINAZIONE (DOC. FLAMIGNI)
Formazione del 2° GP
2-10 (1-8 in ICSI)
2-8
Fase G1
2-14
3-12
Fase S
8-24
8-17
Fase G2
12-30
13-18
Scomparsa 2 pn
17-31
15-30

La fase S dura circa 4-5 ore. Non è quindi assolutamente detto che dopo le 17 ore tutti gli zigoti abbiano completato la fase S così come non è detto che a 16 ore tutti siano in fase S.
Come per gli embrioni a 4-8 cellule, congelati a decine di migliaia senza sapere in che fase del ciclo cellulare fosse ciascun blastomero, anche le decine di migliaia di zigoti di cui la letteratura e i Registri riportano i dati sono stati crioconservati senza questa informazione, ma i risultati clinici per entrambe le metodiche dimostrano che ciò può forse influenzare la sopravvivenza e l’impianto, ma non la salute dei nati.
In conclusione, crioconservare a 16 o a 20 ore può essere ugualmente a rischio di crioconservare in fase S, ma a 16 ore siamo certi che i pronuclei siano ancora presenti e questo è il punto cruciale per il quale stiamo combattendo: tentare di fare approvare ai nostri legislatori almeno la possibilità di inseminare tutti gli ovociti (e questo è importante sia per le donne di età avanzata, ma soprattutto per tutte le coppie con infertilità maschile severa) e crioconservare eventualmente gli zigoti sovrannumerari.

Anna Pia Ferraretti
Direttore Clinico in S.I.S.ME.R.





Bibliografia:

1. Fugger E. F., Clinical status of human embryo cryopreservation in the United States of America Fertil. Steril., 1989, 52, 986-990
2. Demoulin A, Jouan C., Gerday C., Dubois M. Pregnancy rates after transfer of embryos obtained from different stimulation protocols and frozen at either pronucleate or multicellular stages Hum Reprod , 1991, vol 6, n. 6: 799-804

3. Veeck L., Amundson C., Brithman L. J., DeScisciolo C., Maloney K., Muasher s. J., Jones H.
Significantly enhanced pregnancy rates per cycle through cryopreservation and thaw of pronuclear stage oocytes Fertil Steril, 1993, 59,6: 1202-1207
4. Veeck L. Does the developmental stage at freeze impact on clinical results post-thaw? RBMonline, 2003, vol. 6, n.3: 367-374
5. Horne G., Critchlow J. D., Newman M.C., Edozien L., Matson P.L., Lieberman B.A.
6. A prospective evaluation of cryopreservation strategies in a two embryo transfer programme
Hum Reprod, 1997, vol. 12, n. 3: 542-547
7. Salumets A., Tuuti T., Mäkinen, Vilska S., Husu L., Tainio R., Suikkari A. M. Effect of developmental stage of embryo at freezing on pregnancy outcome of frozen-thawed embryo transfer Hum Reprod, 2003, vol. 18, n.9: 1890-1895