Introduzione
L’ambiente che ci circonda modifica costantemente le sue
caratteristiche in maniera ciclica e ripetibile. Basti pensare
alle continue e cicliche modificazioni ambientali che si hanno
nell’arco delle 24 ore con l’alternanza ed il passaggio
tra il giorno e la notte, o alle cicliche modificazioni che si
hanno nell’arco dell’anno, con l’alternanza
delle stagioni. L’adattamento all’ambiente ed alle
modificazioni ambientali rappresenta un meccanismo evolutivo essenziale
per la sopravvivenza di ogni specie animale. Per meglio adattarsi
a queste modificazioni ambientali, piante e animali hanno sviluppato
ritmicità intrinseche anticipatorie delle variazioni ambientali.
Nei mammiferi il ruolo di governare questa ritmicità è
stato relegato in un nucleo nervoso, il nucleo soprachiasmatico
dell’ ipotalamo. Questo nucleo ha un’attività
di scarica elettrica con una ritmicità di circa 24 ore.
Tale ritmicità attraverso varie vie efferenti è
trasmessa a tutte le cellule dell’organismo, che modificano
la propria funzionalità di conseguenza. In questo modo
si crea un ritmico sincronismo tra tutte le funzioni biologiche
dell’organismo. Ovviamente, il ritmo del nucleo soprachiasmatico
deve essere sincrono con le condizioni ambientali esterne, in
modo tale che il ritmo anticipatorio interno coincida con la condizione
ambientale esterna (per esempio propensità la sonno con
le ore notturne). In effetti, l’attività del nucleo
soprachiasmatico è sincronizzata alle condizioni ambientali
dalle informazioni luminose che percepite da strutture retiniche,
non deputate alla visione, lo raggiungono attraverso il tratto
retino-ipotalamico (1). Alcuni individui ciechi, in cui il danno
retinico coinvolge anche le strutture deputate a percepire gli
stimoli luminosi per il nucleo soprachiasmatico, soffrono di un
mancato sincronismo tra i ritmi biologici interni e le condizioni
ambientali esterne con la continua comparsa di sintomi da desincronizzazione,
che gli individui normali percepiscono solamente per alcuni giorni
dopo voli transcontinentali (jet-lag). Modificazioni dell’esposizione
alla luce conseguenti al variare della durata del giorno (fotoperiodo)
vengono inoltre lette dal nucleo soprachiasmatico per indurre
una ritmicità stagionale alle funzioni biologiche dell’organismo.
Se queste modificazioni che ottimizzano la spesa energetica e
le funzioni biologiche sono in ultima analisi importanti per la
sopravvivenza di ogni singolo individuo, lo sono ancora di più
per la sopravvivenza di ogni singola specie animale.Per questo
motivo esistono ritmi giornalieri e stagionali nella riproduzione
che ogni singola specie animale segue per ottimizzare le sue capacità
riproduttive e garantirsi un efficace continuazione. La specie
umana, come tutte le altre specie, segue queste ritmicità
che in verità sono poco studiate e misconosciute, soprattutto
in campo riproduttivo. Tuttavia l’intrinseca importanza
di queste ritmicità potrebbe essere evidente già
ad una grossolana osservazione delle nostre funzioni riproduttive
se si considera che il ciclo mestruale della donna dura in media
28 giorni, cioè esattamente un ciclo lunare, e la gravidanza
280 giorni, cioé 10 mesi lunari. In questo articolo saranno
riassunte le evidenze che al momento si hanno sul ruolo che i
ritmi giornalieri e stagionali giuocano nelle varie fasi della
vita riproduttiva, con particolare riguardo alla vita riproduttiva
della specie umana.
Melatonina
come trasduttore biologico delle condizioni ambientali.
Studi nelle varie specie hanno dimostrato che gran parte delle
influenze ambientali sulla riproduzione delle varie specie animali
dipende da variazioni della temperatura ambientale e del fotoperiodo
(ore di giorno/ore di notte)(2). I meccanismi attraverso i quali
la temperatura influenza i fenomeni riproduttivi non sono stati
ancora ben definiti, mentre è stato accertato con sufficiente
chiarezza che il meccanismo che media l’azione del fotoperiodo
è soprattutto rappresentato da modificazioni della secrezione
notturna di melatonina.
La melatonina è prodotta dalla ghiandola pineale con un
ritmo circadiano (ritmo di circa 24 ore). La sua secrezione è
controllata dal nucleo soprachiasmatico dell’ipotalamo e
avviene attraverso una stimolazione sui recettori beta adrenergici
localizzati nella ghiandola pineale (Fig. 1). La ghiandola pineale
rilascia la melatonina sia nel liquido cefalo-rachidiano, che
nel sangue. Il liquido cefalo-rachidiano rappresenta il veicolo
principale attraverso cui la melatonina raggiunge l’ipotalamo
e le strutture cerebrali, mentre il sangue rappresenta il veicolo
principale attraverso cui la melatonina raggiunge tutti gli organi
periferici. In condizioni fisiologiche la secrezione di melatonina
è confinata alle ore notturne, in quanto l’attività
del nucleo soprachiasmatico dell’ipotalamo è sincronizzata
al ritmo giorno/notte dalle informazioni luminose, che le arrivano
dalla retina attraverso il tratto retinoipotalamico. L’esposizione
alla luce alterando l’attività del nucleo soprachiasmatico
inibisce rapidamente la secrezione di melatonina. La produzione
notturna di melatonina pertanto si accorcia in presenza di un
lungo fotoperiodo quando la luce del mattino ne inibisce precocemente
la secrezione e la luce della sera ne rallenta l’inizio
della produzione. Al contrario nelle stagioni con un fotoperiodo
breve la secrezione notturna di melatonina si allunga. Sono proprio
queste modificazioni nella lunghezza della produzione di melatonina,
che forniscono il segnale in grado di influenzare la riproduzione
animale e probabilmente umana. La variazione del segnale, veicolato
dalla secrezione notturna di melatonina, non dà però
origine a delle risposte univoche in tutti gli animali, ed effetti
diversi, anche opposti, possono verificarsi in specie animali
differenti (3). Un allungamento del segnale è, pertanto,
letto in senso inibitorio, da alcune specie di roditori come gli
hamsters o i topi, e in senso stimolatorio da altre specie, come
le pecore o le scimmie a riproduzione stagionale (Fig. 2).
Regolazione
dello sviluppo puberale
Nelle specie di mammiferi a chiara riproduzione stagionale, lo
sviluppo puberale è fortemente influenzato dal fotoperiodo
(2). Ad esempio in alcuni roditori a riproduzione stagionale la
pubertà si avvia nel periodo estivo, quando cioè
ci sono molte ore di luce ed una breve secrezione notturna di
melatonina, ed è invece inibita durante i mesi invernali,
quando è presente un corto fotoperiodo ed una prolungata
secrezione di melatonina. Benchè un segnale di melatonina
molto lungo inibisca lo sviluppo puberale, il mantenimento di
un certo segnale notturno di melatonina tipico del lungo fotoperiodo
è importante per lo sviluppo puberale. Infatti, in queste
specie, l’abolizione del breve segnale notturno di melatonina,
mediante asportazione della ghiandola pineale, blocca lo sviluppo
puberale. Negli animali pinealectomizzati, tuttavia, si riesce
ad indurre nuovamente la pubertà con la somministrazione
per 4-6 ore al giorno di melatonina. Vari studi indicano che,
anche in quei mammiferi che non hanno una stretta riproduzione
stagionale, il fotoperiodo e la melatonina possono influenzare
il processo di sviluppo puberale. Ad esempio lo sviluppo sessuale
dei ratti di laboratorio è influenzato dalle ore giornaliere
di luce e dalla produzione di melatonina. Un fotoperiodo corto
con un prolungato segnale di melatonina contrasta lo sviluppo
puberale. Al contrario, di quanto avviene nei ratti, nelle pecore
ed in alcune scimmie, la prima ovulazione si manifesta nei mesi
autunnali o invernali con l’accorciamento del fotoperiodo
e con l’allungamento del segnale della melatonina. Anche
in queste specie la pinealectomia inibisce lo sviluppo puberale,
che è ripristinato dalla somministrazione di melatonina.
Non ci sono informazioni relative all’influenza delle stagioni
sullo sviluppo puberale della specie umana. La possibilità
che la ghiandola pineale possa influenzare lo sviluppo sessuale
negli esseri umani, è stata proposta per la prima volta
alla fine del 1800, quando fu osservata una condizione di pubertà
precoce in un ragazzo affetto da un tumore della ghiandola pineale.
Quest’osservazione fu poi estesa da ulteriori osservazioni
indicanti un’associazione tra tumori destruenti della ghiandola
pineale e pubertà precoce, e viceversa, un’associazione
tra tumori iperattivi della ghiandola pineale e pubertà
ritardata. Tuttavia, non ci sono chiare evidenze che tumori della
ghiandola pineale si associno ad elevati livelli di melatonina,
e più recentemente casi di pubertà precoce associati
a tumori della ghiandola pineale sono stati spiegati con la capacità
di questi tumori di produrre beta-HCG. I sostenitori di un ruolo
inibitorio della melatonina sullo sviluppo puberale hanno enfatizzato
che, i livelli giornalieri di melatonina tendono a diminuire progressivamente
dall’infanzia verso l’età adulta. Tuttavia,
non vi è nessuna modificazione improvvisa dei livelli plasmatici
di melatonina in età puberale, e il decremento dei livelli
circolanti è spiegato dal fatto che aumentando la massa
corporea la melatonina prodotta in eguale quantità si diluisce
in un volume progressivamente maggiore (4). D’altra parte,
studi svolti in pazienti affetti da pubertà precoce o tardiva
non sono riusciti a dare delle risposte precise. E’ noto
tuttavia che lo sviluppo puberale è preceduto da un aumento
della secrezione notturna di LH. Sebbene un aumento notturno della
secrezione di LH sia imputato al sonno, evidenze sperimentali
hanno dimostrato la capacità della melatonina di amplificare
la risposta dell’LH al GnRH nei ragazzi in sviluppo puberale
(5), e, durante la fase follicolare precoce del ciclo mestruale,
di aumentare l’ampiezza dei picchi di LH sia spontanei (6)(Fig.
3), che stimolati dal GnRH (7)(Fig. 4). E’ possibile pertanto,
che l’aumento notturno di melatonina possa favorire l’inizio
della pubertà, solo nel momento in cui l’asse riproduttivo
diventi sensibile alla sua azione modulatoria. Questa possibilità
è in accordo con i dati osservati nei primati, in cui lo
sviluppo puberale è ritardato dalla pinealectomia e ristabilito
dalla restaurazione di un appropriato segnale giornaliero di melatonina
(2).
In conclusione, i dati ottenuti negli animali indicano che un
corto fotoperiodo con una prolungata produzione di melatonina
stimola la comparsa della pubertà nelle pecore e nelle
scimmie e, viceversa, la inibisce nei roditori. Anche nelle specie
in cui, un corto fotoperiodo ed una prolungata secrezione notturna
di melatonina sono inibitori per la riproduzione, una corto segnale
di melatonina prodotta nelle brevi notti, è necessario
per lo sviluppo puberale. I dati sugli esseri umani non sono conclusivi
ma alcune evidenze indirette suggeriscono che la melatonina contribuisca
allo sviluppo puberale stimolando la secrezione notturna di LH,
una volta che l’asse riproduttivo ha raggiunto il giusto
grado di maturazione.
Regolazione
giornaliera dei meccanismi riproduttivi femminili e maschili
Riproduzione Femminile
Tra gli animali che hanno un ciclo ovulatorio la fase follicolare
(durante la quale c’è una progressiva maturazione
del follicolo) e quella preovulatoria, hanno comuni meccanismi,
nonostante l’esistenza di alcune differenze. In alcune specie
come i conigli, gli uccelli e i gatti, l’ovulazione non
avviene senza la stimolazione indotta dall’accoppiamento
e la fase follicolare termina con la degenerazione dei follicoli.
In altre specie come i topi e gli hamsters l’ovulazione
è presente, ma se non avviene l’accoppiamento il
corpo luteo degenera immediatamente. C’è poi un terzo
gruppo, invece, che comprende pecore, scimmie e anche gli esseri
umani, nel quale l’ovulazione spontanea è seguita
dalla formazione di un corpo luteo completamente funzionante che
persiste per 6-15 giorni. Se non avviene la fecondazione, il corpo
luteo degenera, ed inizia un nuovo ciclo ovulatorio. L’ovulazione,
non indotta dall’accoppiamento, è preceduta da un
picco preovulatorio di LH. Nel ratto, animale notturno, il picco
preovulatorio è strettamente sincronizzato alle prime ore
del pomeriggio. Studi sperimentali hanno evidenziato che questo
sincronismo è mantenuto dalla secrezione di melatonina
della notte precedente (8). Nella specie umana, ad attività
diurna, il picco preovulatorio dell’LH avviene più
frequentemente nelle ore notturne con una massima probabilità
alle 3 del mattino (9). E’ interessante notare, che la frequenza
massima del picco preovulatorio è localizzata nella fase
in cui la melatonina si trova alle sue maggiori concentrazioni.
Studi sperimentali, eseguiti durante la fase follicolare, hanno
dimostrato che la somministrazione di melatonina è in grado
di aumentare l’ampiezza dei picchi spontanei dell’LH
(6) (Fig. 3) e di amplificare la risposta dell’ LH a stimoli
fisiologici di GnRH (7) (Fig. 4). E’ possibile pertanto
che, durante la notte la secrezione di melatonina rappresenti
uno stimolo circadiano alla secrezione di gonadotropine, che,
è trasformato in un picco preovulatorio di LH in presenza
di critici livelli di estrogeni. L’intervallo esistente
tra il picco di LH e la rottura del follicolo, con l’ovulazione,
è di circa 34-39 ore, per cui la maggior parte delle donne
ovula tra le ore 12 e le ore 19.
La frequenza giornaliera del picco preovulatorio di LH non è
costante nelle varie stagioni, e soprattutto durante la primavera,
non è strettamente relegato alle ore notturne (9). In questa
stagione un secondo picco di frequenza del picco preovulatorio
di LH si evidenzia alle ore 15. La conseguenza di questa frammentazione
nell’orario del picco preovulatorio di LH, è la frammentazione
nell’orario dell’ovulazione, che non è più
relegata alle ore pomeridiane.
Dopo l’ovulazione parecchie funzioni biologiche ed endocrine
della donna mostrano un ritmo circadiano attenuato. Ad esempio
l’andamento circadiano della secrezione di gonadotropine
risulta essere meno evidente. In questa fase del ciclo mestruale
anche l’azione della melatonina su diverse funzioni biologiche
risulta essere attenuata. In particolare, durante la fase luteale
la melatonina non è in grado di modificare la secrezione
spontanea di LH (10) (Fig. 3) e di amplificare la risposta dell’ipofisi
al GnRH (7) (Fig. 4). Tuttavia, non tutte le funzioni riproduttive
della melatonina sono esaurite. Recettori per la melatonina sono
presenti nelle cellule della granulosa degli esseri umani. L’aggiunta
di melatonina in vitro a cellule della granulosa luteinizzate
di ratto aumenta la produzione di progesterone e aumenta la risposta
di estradiolo e progesterone alla somministrazione di LH. Uno
stimolo della melatonina, sulla produzione del progesterone, è
stata anche osservata nelle scimmie nei bovini e negli esseri
umani (11). In particolare nella specie umana la melatonina stimola
la produzione di progesterone ma non di estradiolo da parte delle
cellule della granulosa preovulatorie e promuove la produzione
sia basale sia indotta dall’hCG di progesterone da parte
del corpo luteo.
Riassumendo, tutti gli studi finora riportati sembrano indicare
che la melatonina sia coinvolta nel favorire l’aumento del
progesterone durante il picco preovulatorio delle gonadotropine
e nel mantenere la produzione di progesterone da parte del corpo
luteo. Nella specie umana la melatonina potrebbe pertanto influenzare
il sistema riproduttivo attraverso due distinte azioni. L’una
esercitata a livello centrale attraverso lo stimolo all’LH
durante la notte e la sincronizzazione del picco di LH nelle ore
notturne con la comparsa dell’ovulazione nelle ore diurne.
L’altro attraverso il sostegno e lo stimolo alla produzione
di progesterone durante la fase luteale del ciclo mestruale. Entrambe
le azioni sarebbero maggiormente evidenti nella fase autunnale-invernale
del corto fotoperiodo, che rappresenta anche quella caratterizzata
dalla massima capacità riproduttiva (vedi capitoli successivi).
Riproduzione Maschile
E’possibile supporre che la sincronizzazione del picco ovulatorio
e conseguentemente dell’ovulazione ad una specifica ora
del giorno fornisca dei vantaggi riproduttivi. Uno dei vantaggi
potrebbe essere quello di sincronizzare l’ovulazione alla
massima capacità riproduttiva del liquido seminale maschile.
Questa possibilità è stata valutata in un nostro
recente studio (12) in cui sono stati arruolati tra Ottobre e
Gennaio 54 soggetti maschi tra quelli afferenti al servizio di
infertilità della clinica. Di questi, 24 individui erano
normospermici e 30 oligo-astenozoospermici. Tutti gli individui
hanno raccolto il liquido seminale due volte nell’arco di
10 giorni, una volta al mattino (7-7.30) ed una volta alla sera
(17-17.30), dopo un identico periodo di astinenza sessuale (circa
45 ore). Il PH, la viscosità e l’agglutinazione del
liquido seminale sono risultati simili nei campioni raccolti la
mattina e al pomeriggio. Dei 54 soggetti, 42 hanno però
mostrato un più alto numero di spermatozoi ed una concentrazione
maggiore di spermatozoi nei campioni del pomeriggio, indipendentemente
dal fatto se fossero normospermici o oligo-astenospermici. Di
media i campioni raccolti alla sera avevano circa 35 milioni di
spermatozoi in più per campione, ed un maggiore numero
di spermatozoi rapidamente progressivi. Anche dopo capacitazione,
il numero degli spermatozoi rapidamente progressivi era ancora
significativamente maggiore nei campioni del pomeriggio rispetto
a quelli della mattina. Poiché la spermatogenesi è
un lungo processo non è verosimile che la variazione giornaliera
della qualità del seme possa derivare da variazioni giornaliere
nella produzione e maturazione degli spermatozoi. E’ più
verosimile che, variazioni di sistemi coinvolti nell’eiaculazione
possano avere determinato una maggiore concentrazione di spermatozoi
nel liquido seminale nelle ore pomeridiane. Tuttavia, non solo
il numero di spermatozoi, ma anche la loro motilità ha
dimostrato avere un ritmo giornaliero con un miglioramento nelle
ore pomeridiano/serali. Queste variazioni potrebbero invece derivare
dall’influenza esercitata sugli spermatozoi da componenti
contenuti nel liquido seminale che esercitino la loro azione in
maniera circadiana, come ormoni, citochine, nutrienti, aminoacidi,
elettroliti e sostanze non ancora identificate derivanti dal sangue
o prodotte localmente. E’ interessante notare che, la melatonina
entra facilmente nel liquido seminale e che può legarsi
ai recettori specifici sugli spermatozoi dove sembra ridurne la
motilità (13). Un lungo wash-out dall’azione della
melatonina, come si ha nelle ore del tardo pomeriggio potrebbe
pertanto essere uno dei meccanismi implicati nella maggiore mobilità
degli spermatozoi osservata nei campioni pomeridiani. Benchè
nessun parametro sia considerato predittivo per il successo della
fertilizzazione, la concentrazione del numero degli spermatozoi
rapidamente progressivi è importante per definire la qualità
del liquido seminale. Una bassa concentrazione di spermatozoi
è associata ad un’aumentata difficoltà ad
avere una gravidanza, sia con rapporti spontanei che tramite inseminazione
intrauterina, e spesso richiede il passaggio all’utilizzo
di costose tecniche di riproduzione assistita. Una maggiore concentrazione
di spermatozoi, e soprattutto della loro componente ad elevata
motilità progressiva, suggerisce pertanto una maggiore
probabilità di successo riproduttivo, ottenibile con un
liquido seminale eiaculato nel pomeriggio rispetto la mattina.
La finalità riproduttiva di un’aumentata concentrazione
di spermatozoi nel liquido seminale del pomeriggio non è
chiara, se si considera che dopo la deposizione dello sperma in
vagina, gli spermatozoi sopravvivono nella cervice e nelle tube
e possono quindi essere fecondanti per circa 48 ore. Tuttavia,
occorre considerare che in soli 5 minuti (14) dalla deposizione
in vagina, i primi spermatozoi arrivano negli ovidotti e che dopo
la capacitazione, che richiede circa 1 ora, possono già
essere in grado di fertilizzare l’ovocita. Una maggiore
concentrazione di spermatozoi all’interno delle tube al
momento di massima frequenza dell’ovulazione potrebbe pertanto
rappresentare un notevole vantaggio per l’ottenimento di
concepimenti spontanei. Per questo motivo le ore pomeridiane dove
esiste un sincronismo tra ovulazione e capacità riproduttiva
seminale potrebbero rappresentare il momento giornaliero di massima
fecondità. Il sincronismo tra la massima capacità
riproduttiva femminile e maschile nelle ore serali, presente in
alcune stagioni ma non in altre, potrebbe inoltre essere uno dei
meccanismi alla base delle variazioni stagionali nella capacità
riproduttiva della specie umana.
Stagionalità
della riproduzione.
Tutte le specie animali, compreso l’uomo, tendono a riprodursi
in quei periodi dell’anno che garantiscono un maggiore successo
riproduttivo per quella determinata specie. Poiché ogni
singola specie ha esigenze diverse, non esiste una stagione ideale
per la riproduzione, ma, per le differenti specie animali, le
migliori condizioni riproduttive possono essere presenti in stagioni
diverse. Il meccanismo, che sincronizza la riproduzione delle
specie alle varie stagioni, è caratterizzato dalla possibilità
che alcune modificazioni ambientali siano percepite e siano in
grado di sincronizzare l’attività riproduttiva. L’ambiente
influenza i sistemi riproduttivi animali essenzialmente attraverso
modificazioni della temperatura ambientale e del fotoperiodo.
Modificazioni del fotoperiodo inducono modificazioni della secrezione
di melatonina simili in ogni specie. L’effetto delle stesse
modificazioni della melatonina indotte dal fotoperiodo è
letta però in senso opposto dal sistema riproduttivo di
due specie che hanno una riproduzione stagionale opposta (3) (Fig.
2). Un aumento della durata della secrezione notturna di melatonina
inibisce pertanto l’ovulazione in specie che hanno una riproduzione
estiva, come alcuni roditori, ma attiva l’asse riproduttivo
in specie che hanno una riproduzione invernale come le pecore.
La specie umana non ha una riproduzione strettamente stagionale,
ma malgrado questo presenta stagioni in cui la capacità
riproduttiva è ridotta e stagioni in cui è aumentata.
Le prime evidenze di un andamento stagionale della riproduzione
umana sono state spiegate supponendo dei fattori d’ interferenza
piuttosto che una vera ritmicità stagionale. Cioè
si è ipotizzato che variazioni della fecondità osservate
in varie popolazioni dipendessero da fattori sociali, culturali
e religiosi che potevano avere un’influenza sulla frequenza
dei rapporti sessuali, sulla frequenza dei matrimoni e sulla decisione
o meno di avere una gravidanza. Tutte queste ipotesi sono state
smentite da numerosi studi, e soprattutto dalle evidenze che una
variazione stagionale della fecondità è presente
anche nelle fecondazioni in vitro (15). Inoltre, studi eseguiti
su scala mondiale, che hanno incluso quindi popoli di diversa
etnia, religione, cultura e struttura sociale hanno evidenziato
che la riproduzione stagionale della specie umana è un
fenomeno presente in tutto il mondo. L’andamento stagionale
risponde a due fenomeni atmosferici: la temperatura e il fotoperiodo
(16). La massima attività riproduttiva è localizzata
in quel periodo, in cui la temperatura media esterna di 12 °C
coincide con un fotoperiodo di 12 ore. L’allontanamento
da questa condizione ideale induce un progressivo peggioramento
della capacità riproduttiva. Sulla base di questi studi,
è stato osservato che la riproduzione spesso presenta due
picchi in corrispondenza dei due equinozi (primaverile e autunnale),
o che si localizza primariamente attorno ad uno dei due equinozi.
La localizzazione del massimo riproduttivo attorno ad uno dei
due equinozi dipende dalla latitudine in cui vive la popolazione
studiata. In Italia per esempio, il ritmo dei concepimenti mostra
un massimo all’equinozio autunnale ed un minimo all’equinozio
primaverile (17) (Fig. 5). L‘oscillazione stagionale della
capacità riproduttiva, è massima quanto più
ci si allontana dall’equatore, ed è maggiore in regioni
rurali ove gli individui sono maggiormente esposti all’influsso
dell’ambiente. Negli animali, la variazione del segnale
“melatonina” rappresenta il principale meccanismo
attraverso cui il fotoperiodo invia le sue informazioni al sistema
riproduttivo. E’ possibile che questo avvenga anche nella
specie umana. Infatti, la modulazione che la melatonina esercita
sull’asse riproduttivo della specie umana durante la fase
follicolare o luteale del ciclo mestruale può indurre effetti
diversi a seconda della lunghezza dell’esposizione. Per
esempio, un breve stimolo all’LH durante un breve periodo
notturno, può essere insufficiente a favorire una buona
maturazione follicolare, uno stimolo di circa 12 ore, può
essere adeguato a favorire un buono sviluppo follicolare e viceversa,
uno stimolo prolungato può essere eccessivo e indurre un
quadro di anovularietà (tipo PCOS). In effetti, in regioni
con un ritmo stagionale molto accentuato come le regioni artiche,
la qualità dell’ovulazione è alterata nella
stagione della lunga notte invernale e questa alterazione si associa
ad una elevazione dei livelli di LH (18).
Anche il seme maschile può andare incontro a modificazioni
stagionali. Esistono, infatti, evidenze che mostrano come liquido
seminale subisca una brusca riduzione di qualità nelle
stagioni estive (19). La perdita del sincronismo giornaliero tra
massima capacità riproduttiva femminile e maschile può
rappresentare un ulteriore meccanismo di modulazione stagionale
della riproduzione. In effetti, nella stagione primaverile è
perso quel meccanismo che sincronizza il picco di LH alle ore
notturne e l’ovulazione quindi alle ore pomeridiane (9).
L’ovulazione avviene in maniera molto più frammentata
durante l’arco della giornata e quindi, probabilmente non
sincronizzata alla massima capacità riproduttiva del liquido
seminale.
Se la fertilità ha un andamento stagionale è possibile
che anche l’esito della gravidanza subisca delle modificazioni
legate alle stagioni. In una nostra indagine (20) abbiamo preso
in considerazione 15639 gravidanze terminate poi con la nascita
di un neonato, con un’interruzione volontaria di gravidanza,
con un’aborto o con una gravidanza extrauterina. La percentuale
delle gravidanze ectopiche e degli aborti spontanei è stata
calcolata, sia sul numero totale delle gravidanze, che sul numero
delle gravidanze terminate con la nascita di un neonato.
Stagionalità Dell’Aborto Spontaneo
Il numero degli aborti spontanei non ha mostrato una variazione
stagionale significativa (20). Tuttavia, il dato sull’aborto
spontaneo è poco attendibile in quanto molti aborti possono
avvenire in periodi così precoci da esseri confusi con
mestruazioni spontanee senza che neanche la madre sia a conoscenza
della gravidanza.
Stagionalità Della Gravidanza Ectopica.
Le gravidanze extrauterine hanno mostrato un chiaro andamento
stagionale con variazioni da minimi di 0,6% a massimi di 1,1%
(20). L’andamento stagionale è risultato essere caratterizzato
da due picchi d’incidenza distanziati di 6 mesi l’uno
dall’altro ed esattamente coincidenti con le fasi di transizione
tra la fase stagionale a massima capacità riproduttiva
a quella a minima capacità riproduttiva e viceversa (Fig.
6). I due minimi d’incidenza delle gravidanze ectopiche
coincidono invece con l’apice e con il minimo della capacità
riproduttiva stagionale. E’ noto che la gravidanza ectopica,
è molto spesso una conseguenza di un’alterazione
della funzionalità delle salpingi su base anatomica o funzionale.
Nell’ambito delle alterazioni funzionali sono probabilmente
da annoverarsi alterazioni della motilità legate a disendocrinie
caratterizzate da un alterato rapporto tra estrogeni (favorenti
contrazioni frequenti e a bassa intensità) e progesterone
(favorente contrazioni a maggiore intensità e a bassa frequenza).
La maggiore incidenza di gravidanze ectopiche associata all’invecchiamento
è probabilmente da ascriversi a questo tipo di alterazione
(20). Allo stesso meccanismo è probabilmente ascrivibile
il ritmo stagionale delle gravidanze ectopiche. In effetti questa
osservazione sembra supportare la teoria che i periodi di transizione
tra bassa ed alta fecondità, e viceversa, siano caratterizzati
da riarrangiamenti riproduttivi con conseguenti malfunzionamenti
degli stessi. E’ possibile pertanto che nelle fasi di transizione
riproduttiva si instauri un’alterata maturazione del follicolo
e dell’ovocita che si ripercuote in un malfunzionamento
delle strutture influenzate dagli steroidi sessuali e nel caso
specifico della motilità tubarica, che inducendo un alterato
transito dell’embrione ne favorisce con maggiore frequenza
l’impianto in sede ectopica.
Stagionalità Dell’Interruzione Volontaria Di
Gravidanza.
Un andamento stagionale è stato osservato anche nelle interruzioni
volontarie di gravidanza (21). L’aborto volontario permette
l’interruzione di una gravidanza indesiderata soprattutto
sulla base di motivazioni che riguardano l’integrità
fisica e psicologica della donna. La frequenza della decisione
di interrompere volontariamente la gravidanza, espressa come la
percentuale al terzo mese di gestazione di aborto volontario rispetto
al totale delle gravidanze vitali (aborti+nascite), ha mostrato
di possedere un chiaro ritmo stagionale(Fig. 7). Il ritmo, valutato
su base nazionale ha un’oscillazione annuale con un valore
medio di 19,2 aborti volontari su 100 gravidanze vitali edun’ampiezza
di 6,1%. I valori massimi dell’oscillazione erano raggiunti
in Maggio. L’analisi statistica ha permesso la selezione
di due periodi di tre mesi, uno con una percentuale massima d’
interruzioni volontarie di gravidanza (Aprile-Giugno) e uno con
una frequenza minima (Ottobre-Dicembre). Il ritmo dell’interruzione
volontaria di gravidanza è risultato essere indipendente
dall’andamento stagionale dei concepimenti. E’ interessante
notare che il picco d’interruzioni a Maggio indica un picco
di interruzioni di gravidanze concepite a Marzo, ovverosia nel
momento di minima capacità riproduttiva della nostra specie.
I concepimenti in questa fase dell’anno pertanto non solo
sono i più difficoltosi, ma sono anche associati ad una
loro minore accettazione. Di conseguenza la decisione di interrompere
una gravidanza sembra seguire un andamento stagionale che è
indipendente dal numero dei concepimenti e degli aborti spontanei
precoci, ma dipendente dalla scelta operata dalla donna di accettare,
o meno, il concepito. Diverse linee d’evidenza indicano
l’esistenza di andamenti stagionali del tono dell’umore
e del comportamento umano. Benché lo stato depressivo che
si manifesta durante l’inverno rappresenti la forma classica
di disordine affettivo stagionale, la depressione maggiore ha
un andamento ritmico che raggiunge il suo massimo nella tarda
primavera. In effetti, la frequenza dei suicidi sia nelle donne
che negli uomini possiede un ritmo sinusoidale con un periodo
di 12 mesi e valori massimi in Giugno (Fig. 7). Poiché
l’andamento ritmico delle interruzioni volontarie di gravidanza
e dei suicidi femminili risulta per lo più sovrapponibile,
sembra plausibile l’ipotesi che ci sia una stretta correlazione
tra i due. E’ possibile che modificazioni stagionali dei
neurotrasmettitori del sistema nervoso centrale possano rendere
le donne più fragili a pressioni di tipo economico, relazionale
o familiare. E’ possibile che questo, in individui particolarmente
fragili possa indurre una maggiore frequenza di suicidi, ed in
una situazione di gravidanza non desiderata, possa giocare un
ruolo importante nel determinismo della sua interruzione.
Variazioni
Giornaliere E Stagionali Del Travaglio Di Parto E Del Parto.
Ritmo Circadiano
Come accade per la maggior parte delle funzioni biologiche negli
animali e negli esseri umani l’inizio del travglio mostra
un ritmo giornaliero con una frequenza maggiore durante la notte.
Nelle femmine di primati non umani questo ritmo riflette il ritmo
endogeno dell’azione contrattile del miometrio che è
una conseguenza sia dell’aumento dei livelli circolanti
di ossitocina, che della sensibilità del miometrio all’ossitiocina
(22). I dati sugli esseri umani sono scarsi ma anche nelle donne
è stato documentato un aumento notturno dell’attività
contrattile del miometrio. Nei primati non umani le manipolazioni
sperimentali del fotoperiodo possono influenzare l’espressione
di questi ritmi giornalieri e quindi influenzare anche il momento
dell’inizio del travaglio di parto (23). Modificazioni del
fotoperiodo che si associano alle variazioni stagionali potrebbero
pertanto influenzare l’insorgenza del travaglio di parto
anche nella specie umana. In un nostro studio sono stati presi
in considerazione la data e l’ora del parto di parti eutocici,
non medicalizzati a termine (24). E’ stata poi stabilita
l’ora d’inizio del travaglio in base al riscontro
alla visita di un collo non posteriore, quasi scomparso con dilatazione
di 2cm ed in presenza di contrazioni uterina regolari (circa 3
ogni 10 minuti). L’inizio del travaglio di parto, così
definito, possiede un andamento ritmico giornaliero, con due fasi
di massimo localizzate una alle 22 ed una alle 9. L’andamento
ritmico è più evidente nelle nullipare che nelle
multipare. Anche il momento del parto ha mostrato un ritmo giornaliero
caratterizzato da due picchi. Il picco di maggiore frequenza dei
parti è localizzato alle ore 12, con un picco minore all’ora
1 di notte. Anche in questo caso il ritmo è maggiormente
evidente nelle nullipare. Nelle nullipare analizzate per proprio
conto il ritmo mostra infatti, una ampia oscillazione e l’esistenza
di un solo picco di incidenza localizzato alle 14. Sia nelle nullipare
che nelle multipare non è stata riscontrata l’esistenza
di alcun ritmo giornaliero nella lunghezza del travaglio in dipendenza
dell’ora di inizio dello stesso.
Influenza
delle Stagioni
La ritmicità giornaliera sia dell’inizio del travaglio
che del momento del parto è modulata dalle stagioni, soprattutto
nelle nullipare (24). In maniera simile a quanto accade per la
secrezione notturna di melatonina, il cui inizio e termine si
avvicinano nel lungo fotoperiodo estivo, e viceversa si allontanano
nel corto fotoperiodo invernale, anche i picchi dell’inizio
del travaglio si avvicinano nel periodo estivo e si allontanano
nel periodo invernale (Fig. 8). Anche il ritmo giornaliero dei
parti è risultato essere fortemente influenzato dalle stagioni
(Fig. 9). Nelle nullipare in tutte le stagioni tranne in primavera
il ritmo è caratterizzato da un unico picco giornaliero
la cui fase cambia a seconda della stagione. In inverno il periodo
di massima incidenza del parto è localizzato alle ore 17
e si sposta alle ore 13 in estate, con valori intermedi in autunno.
Soltanto in primavera il ritmo è frammentato e caratterizzato
da due picchi minori. Nelle multipare il ritmo giornaliero dei
parti è evidente solo in inverno con un ritmo caratterizzato
da picchi minori.
E’ evidente quindi che anche il travaglio di parto ed il
parto seguono una ritmicità giornaliera modulata dalle
stagioni, e che questa ritmicità è più importante
per le donne che non si sono mai riprodotte rispetto a quelle
che invece hanno già avuto la possibilità di avere
figli.
Conclusioni
Dall’analisi della funzione riproduttiva emerge l’importante,
e spesso misconosciuto, ruolo che fattori di regolazione giornalieri
e stagionali esercitano sulla riproduzione animale e umana. L’industrializzazione
ha ridotto ma non abolito l’influenza de fattori ambientali
sulla nostra specie, che, benché non abbia una stretta
riproduzione stagionale, mostra in tutte le sue fasi, una chiara
modulazione da parte di fattori esterni. E’ importante per
coloro che si avvicinano alla donna in tutte le fasi della sua
vita riproduttiva, essere a conoscenza di questi meccanismi, per
dare una giusta chiave interpretativa a fenomeni che sembrano
casuali, e per sfruttare al massimo i vantaggi riproduttivi forniti
dalle ritmicità giornaliere e stagionali.
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(*)Dipartimento Misto Materno-Infantile, Ginecologia e Ostetricia Policlinico di Modena e.mailcagnacci@unimore.it
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