Fitoestrogeni: un placebo o un pro-drug ancora da scoprire



Fitoestrogeni: un placebo o un pro-drug ancora da scoprire?


Alessandro Heyda.



Premessa
Sull’onda della ben nota campagna tesa a demonizzare la TOS, si è sviluppato il successo commerciale di numerosi preparati a base di isoflavoni di soia o di altre piante come ad esempio il trifoglio rosso.
Molto si è discusso sulla reale efficacia di questi prodotti, sull’affidabilità e comparabilità dei dati esistenti nonché su ipotetici meccanismi d’azione. In molti casi si è voluta ricercare un’attività farmacologica degli isoflavoni prescindendo dal loro destino metabolico che non è lo stesso in tutti i soggetti.

Le donne “equol producer”
Esistono batteri della flora intestinale capaci di convertire la daidzeina, isoflavone della soia, in equolo.

DAIDZEINA -->[ DEIDRODAIDZEINA ] --> EQUOLO

L’equolo, così chiamato perché originariamente rinvenuto nelle urine di cavalle gravide, è una molecola che possiede attività estrogenica, con affinità sia per i recettori ? che per i recettori ?. Non tutte le donne però sono in grado di convertire in equolo la daidzeina fornita dalla dieta, a causa di un inadeguato ecosistema intestinale. Le donne “equol producer” sono circa un terzo del totale. Con tutta probabilità più di un batterio è coinvolto in questa biotrasformazione metabolica: alcuni antibiotici come l’ampicillina bloccano infatti la produzione di equolo in vitro, ma non quella della deidrodaidzeina. Le donne in grado di convertire la daidzeina in equolo mostrano alcune caratteristiche peculiari:
- un basso rischio di tumore al seno, almeno secondo alcuni autori
- un sensibile allungamento del ciclo mestruale a seguito di somministrazione di isoflavoni con la dieta
Sulla base di questi elementi, si può ipotizzare che solo le donne produttrici di equolo, e cioè una minoranza, mostrino una apprezzabile riduzione di sintomi menopausali (=vampate di calore) a seguito dell’apporto di fitoestrogeni.
Questo spiegherebbe la mancanza di univocità dei dati clinici esistenti, e la diversità di conclusioni a cui sono giunti gli sperimentatori che hanno effettuato test sui fitoestrogeni.
Molti di questi problemi potrebbero essere risolti utilizzando un estratto vegetale di soia o di trifoglio rosso sufficientemente arricchiti in equolo attraverso un processo preliminare di biotrasformazione.
Gli isoflavoni “fermentati”
E’ stato recentemente messo a punto e brevettato un sistema di biotrasformazione degli isoflavoni che utilizza un unico ceppo batterico assolutamente non patogeno che, in condizioni anaerobiche ed in presenza di modeste concentrazioni di cloruro ferrico, è in grado di operare la biotrasformazione in equolo partendo addirittura da formononetina (= daidzeina metilata).

Quest’ultima viene anzitutto demetilata a daidzeina che viene successivamente convertita in equolo secondo il processo già illustrato.
L’estratto di partenza impiegato è un preparato commerciale ricavato da trifoglio rosso (titolo in isoflavoni al 40% in forma agliconica) che è stato prescelto proprio per il suo alto contenuto di formononetina.
Questo estratto arricchito in equolo mediante biotrasformazione sarà presto disponibile per i test clinici

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Bibliografia:
1. “Biotransformation of the isoflavoinoids biochain A, formononetin, and glycitein by Eubacterium limosum”, Hor-Gil Hur, Fatemeh Rafii, FEMS Microbiology Letters 192 (2000), 21-25
2. “The clinical importance of metabolite equol – a clue to the effectiveness of soy and its isoflavones”, Setchell KDR et al., Am Soc Clin Nutr, 2002
3. “The phytoestrogen equol increases nitric oxide availability by inhibing superoxide production: an antioxidant mechanism for cell-mediated LDL modification”, Hwang et al., Free Radical Biology, 2003