Introduzione
La crioconservazione del seme o del tessuto testicolare è una
metodologia che permette di conservare i gameti maschili per un tempo
indefinito e rappresenta un formidabile strumento per i pazienti che
si sottopongono a trattamenti medici o chirurgici potenzialmente in
grado di indurre sterilità o che per motivi di lavoro sono
esposti a sostanze genotossiche. La Banca del Seme rappresenta, inoltre,
un valido supporto per tutte quelle patologie urogenitali che necessitano
di interventi chirurgici che alterano la funzione eiaculatoria, nonché
per i pazienti affetti da azoospermia secretoria o escretoria per
i quali è possibile crioconservare il tessuto testicolare,
modificando quindi radicalmente la prognosi di questi soggetti in
passato etichettati come sterili. Lo scopo della crioconservazione
è quello di mantenere in vita le cellule superando i problemi
provocati dal passaggio di stato dell’acqua. Infatti il maggiore
problema biologico della crioconservazione è rappresentato
dal possibile danno sui meccanismi di controllo delle attività
molecolari a livello cellulare in quanto i processi vitali sono la
conseguenza di reazioni biochimiche che avvengono grazie ai movimenti
molecolari in acqua. Quando l'acqua intra ed extra cellulare si trasforma
in ghiaccio si crea uno stato di "vita sospesa", che consente
la conservazione delle cellule per periodi di tempo variabile. Una
volta che il sistema biologico viene riportato a temperatura ambiente
si ha la ripresa degli scambi molecolari senza che si verfichino danni
cellulari. Perchè ciò avvenga è necessario seguire
specifiche procedure (Sherman, 1990). Infatti, le cellule esposte
a basse temperature subiscono danni irreversibili che ne provocano
la morte. Per ovviare a tali danni si ricorre in criobiologia a metodologie
che proteggono il materiale biologico dallo shock termico mediante
l'uso di terreni di crioconservazione (Yolk Buffer) costituiti da
specifiche sostanze che hanno lo scopo di preservare lo spermatozoo
dalla disidratazione e dall'aumento della concentrazione di sali (glicerolo,
glicina, saccarosio, ecc.), di proteggerlo dallo shock termico (tuorlo
d'uovo, glicerolo, glicina), di salvaguardare l'integrità della
membrana cellulare, soprattutto nella parte lipoproteica (tuorlo d'uovo,
glicerolo) e di ottimizzare l'osmolarità nei fluidi extracellulari
(zuccheri, sali, ecc) (Mortimer, 2004). Impiegando tali terreno di
crioconservazione il campione viene diluito ed incubato a 37°C
affinchè si realizzi la fase del condizionamento che rappresenta
il tempo necessario alle sostanze contenute nel terreno per interagire
con le strutture cellulari che dovrà proteggere.
Metodiche
di congelamento
Per quanto riguarda le metodiche di congelamento, le tecniche maggiormente
utilizzate sono: 1) il metodo rapido, proposto per la prima volta
da Sherman (1990), in cui le paillettes vengono lasciate a contatto
dei vapori di azoto per circa 8 min e, quindi, immerse in azoto liquido
a -196°C; 2) il metodo lento, proposto da Behrman e Sawada, in
cui il campione seminale viene portato a 4°C in 20-30 min, quindi
a -40°C in 5-10 min e, infine, immerso in azoto liquido a -196°C;
3) il metodo lento automatizzato che impiega dei sistemi computerizzati
nei quali il campione seminale viene gradualmente raffreddato ad una
velocità di abbassamento della temperatura compresa fra 1°C
e 10°C/min sino ad arrivare all'immersione finale in azoto liquido
a -196°C.
La tecnica di crioconservazione del seme più utilizzata è
schematizzata nella Tabella 1.
Tabella 1 –
Tecnica di crioconservazione del seme (metodo di Sherman)
• Diluire
con terreno crioprotettivo, il campione di liquido seminale, al termine
della fluidificazione alla diluizione 1:2 e miscelare delicatamente.
• Lasciare la sospensione così ottenuta a 37°C per
15 min.
• Aspirare la sospensione nelle paillettes con la pompa a vuoto.
• Sigillare le paillettes con l'apposita sigillatrice.
• Identificare le paillettes con il nome o il codice del paziente
mediante etichettatrice
• Inserire le paillettes nella rastrelliera.
• Inserire il dispositivo di crioconservazione nel contenitore
dell'azoto.
• Far discendere lentamente le paillettes sino a raggiungere
la superficie dell'azoto,
quindi, sollevare lentamente la rastrelliera al di sopra del livello
dell'azoto.
• Lasciare nei vapori di azoto circa 8 min .
• Immergere lentamente le paillettes nell'azoto liquido.
• Estrarre lentamente le paillettes dall'azoto e trasferirle
negli appositi cestelli.
• Scongelare le paillettes a temperatura ambiente per 15 min.
Per
quanto riguarda gli spermatozoi ottenuti mediante prelievo testicolare,
il materiale bioptico, posto in una capsula di Petri contenente un
terreno di coltura, viene sminuzzato in piccoli frammenti con aghi
da 25 gauge e poi osservato al microscopio invertito (200X o 400X)
per evidenziare la presenza di spermatozoi. Tale terreno di coltura
viene aspirato e trasferito in una provetta sterile e lasciato sedimentare,
il surnatante viene lavato con lo stesso terreno di coltura e quindi
diluito goccia a goccia con il terreno di crioconservazione (Yolk
Buffer) alla diluizione 1:2. La sospensione viene miscelata delicatamente
e poi aspirata nelle paillettes che vengono sigillate, identificate
e infine congelate secondo il metodo rapido o lento. Il tessuto testicolare
residuo viene diluito con il terreno di crioconservazione e congelato
separatamente.
Per quanto riguarda lo scongelamento è necessario estrarre
lentamente le paillettes dall'azoto liquido e consentire il raggiungimento
dell'equilibrio termico tra materiale cellulare ed ambiente esterno
al fine di evitare bruschi sbalzi termici. Attualmente vengono impiegate
varie tecniche di scongelamento, tra cui ricordiamo: lo scongelamento
a T ambiente per 10 min e il successivo passaggio in termostato a
37°C per altri 10 min; lo scongelamento in termostato a bagnomaria
a 37°C per 10 min; lo scongelamento a T ambiente (22°C) per
15 min.
Il paziente che crioconserva il proprio seme deve essere sottoposto
ad uno screening infettivologico per evitare la potenziale dispersione
di microorganismi nel contenitore di crioconservazione ed il potenziale
inquinamento degli altri campioni seminali in esso contenuti (Bielanski
et al., 2003).
La crioconservazione del liquido seminale può avvenire esclusivamente
per spontanea volontà del soggetto che effettua il deposito
ed al solo scopo della futura utilizzazione personale sulla propria
partner consenziente. Al fine di evitare conseguenze penali è
indispensabile far sottoscrivere al paziente un consenso informato
in cui sia precisato, fra l’altro, il periodo di scadenza al
termine del quale il paziente, se lo desidera, deve rinnovare il deposito,
che il seme crioconservato è di proprietà esclusiva
di colui che deposita e che può essere richiesto e ritirato
solo dal legittimo proprietario.
Indicazioni
alla crioconservazione del seme e del tessuto testicolare
SLe principali indicazioni alla crioconservazione omologa del seme
e del tessuto testicolare sono riportate nella tabella 2.
I principali tumori che vengono riscontrati nei pazienti che depositano
gli spermatozoi presso le banche del seme sono i tumori testicolari
(seminoma, carcinoma embrionale, coriocarcinoma, teratoma e tumori
misti composti da più di uno dei precedenti istotipi), linfomi
di Hodgkin, linfomi non Hodgkin, leucemie.
Tabella
2 – Principali indicazioni alla criconservazione del seme omologo
1. Pazienti affetti
da patologie neoplastiche o autoimmuni che si sottopongono a terapie
in grado di causare sterilità transitoria o permanente
2. Pazienti affetti da patologie urologiche che si devono sottoporre
ad interventi chirurgici in grado di alterare i meccanismi dell’eiaculazione
3. Pazienti che si sottopongono a vasectomia
4. Pazienti con lesioni del midollo spinale
5. Pazienti inseriti in programmi di fecondazione assistita
I progressi
nella terapia anti-neoplastica e le sempre più sofisticate
tecniche di Fecondazione Assistita hanno aperto nuove possibilità
riproduttive per il maschio infertile e, quindi, la crioconservazione
del seme si impone anche nei casi di liquidi seminali gravemente alterati
che non avrebbero avuto nessuna possibilità di fecondare in
epoca pre-ICSI. È, pertanto, imperativo informare il paziente
neoplastico di questa possibilità in caso di terapie che possono
ledere in modo irreversibile la capacità fecondante ed è
altrettanto imperativo eseguire la crioconservazione prima dell’inizio
di qualsiasi terapia.
In caso di patologie neoplastiche testicolari il “periodo finestra”
ultile per una corretta crioconservazione è quello fra l’intervento
chirurgico di orchiectomia e l’inizio della chemio o radioterapia.
In caso di altre patologie tumorali, degenerative o autoimmuni il
deposito del seme deve essere comunque eseguito prima di qualunque
terapia che possa interferire con la spermatogenesi e con l’integrità
del genoma (Gandini et al., 2003).
I dati provenienti dai centri di fecondazione assistita ad oggi disponibili
indicano che non vi sarebbe un aumento del rischio e di malformazioni
nei nati da ICSI con spermatozoi crioconservati. Tuttavia il numero
dei casi ad oggi valutati non è sufficiente per rispondere
in maniera definitiva e tranquillizzante a tale questione (Blackhall
et al., 2002).
La prostatectomia si associa spesso ad eiaculazione retrograda, cioè
al passaggio dello sperma, al momento dell’eiaculazione, in
vescica, piuttosto che all’esterno come di norma. Essa è
dovuta allla perdita del meccanismo di chiusura del collo vescicale
e comporta l’impossibilità di procreare mentre si mantiene
normale l’erezione. Tale condizione si verifica nell’80-90%
dei Pazienti operati di adenomectomia transvescicale (Quek et al.,
2003). Ovviamente, anche in questo caso, la crioconservazione preventiva
del liquido seminale, può ovviare all’eventuale impotenza
generandi a cui vanno incontro questi soggetti.
La vasectomia rappresenta un metodo contraccettivo invasivo e spesso
irreversibile ed, ad oggi, poco utilizzato. Anche se la coppia si
trova nella necessità di fare una scelta definitiva sulla sua
capacità procreativa, varie circostanze (morte di un figlio
o della partner, separazione dalla partner e nuovo desiderio di paternità)
possono portare ad un ripensamento con conseguente desiderio di ricanalizzazione
mediante vaso-vasostomia o vaso-epididimostomia. La crioconservazione
in questi casi può consentire la possibilità di fertilità
nel caso l’intervento di ricanalizzazione non portasse ai risultati
sperati (Wood et al., 2002).
Un gruppo di pazienti sicuramente meno rappresentato è quello
dei mielolesi con perdita della capacità eiaculatoria. In questi
casi è possibile raccogliere il seme applicando un intenso
stimolo vibratorio a livello della supeficie dorsale e ventrale del
glande e sull’area peno scrotale oppure, in caso di fallimento,
mediante elettrostimolazione per via rettale; quest’ultima tecnica
richiede nel 25% dei casi un’anestesia generale in particolare
nei pazienti con sensibilità conservata e/o lesioni incomplete
(Shieh, 2003).
Da quando sono state introdotte le tecniche di fecondazione artificiale
ed in particolare la ICSI (intra cytoplasmic sperm injection) (Palermo
et al., 1992) il concetto di sterilità maschile si è
andato modificando. Infatti in epoca pre-ICSI le forme di infertilità
da grave fattore maschile (severa oligoastenoteratozoospemia o azoospermia)
avevano inevitabilmente una prognosi sfavorevole. Una autentica rivoluzione
in questo campo è avvenuta quando è stato messo a punto
il prelievo microchirurgico di spermatozoi epididimari con la conseguente
possibilità di recuperare ed impiegare in una tecnica di fecondazione
assistita spermatozoi provenienti da pazienti affetti da azoospermia
ostruttiva.
Tali tecniche di recupero degli spermatozoi sono applicate nei casi
di azoospermia ostruttiva che non possono essere trattati con successo
con la microchirurgia ricostruttiva o nei casi di severissima oligoastenoteratozoospermia
o azoospermia ipergonodotropa da sindrome a sole cellule di Sertoli
focale o da arresto incompleto della spermatogenesi; in questi ultimi
casi la spermatogenesi è talmente compromessa da non consentire
la presenza di spermatozoi nell’eiaculato ma, a volte, è
possibile trovare piccoli focolai di spermatogenesi intratesticolare
con possibile impiego nelle tecniche di fecondazione assistita (Gordon,
2002). Ovviamente la crioconservazione degli spermatozoi non impiegati
o dei frammenti di tessuto testicolare ottenuto da biopsie consente
al paziente di evitare ulteriori trattamenti invasivi. La crioconservazione
del tessuto testicolare è divenuta, quindi, un momento essenziale
nei programmi di fecondazione assistita e nei pazienti che si sottopongono
a biopsia testicolare, ultimo livello dell’iter diagnostico
dell’azoospermia escretoria o secretoria. Infatti, nel primo
caso consente di avere la certezza di poter utilizzare gli spermatozoi
del partner al momento del prelievo ovocitario e, nel secondo caso,
se affianca il prelievo bioptico eseguito a fini diagnostici, consente
al paziente di non subire una seconda biopsia in sede di fecondazione
assistita.
Conclusioni
In conclusione la crioconservazione del seme rappresenta uno dei più
importanti presidi che abbiamo oggi a disposizione per garantire una
possibile futura fertilità a pazienti che in passato sarebbero
stati condannati alla sterilità. Questo assume un significato
particolare nel caso dei pazienti affetti da patologie neoplastiche
i quali si trovano ovviamente in un momento di grandissimo sconforto
fisico e psicologico; poter garantire un futuro fertile a tali pazienti
può rappresentare uno spiraglio di serenità e di incoraggiamento
per affrontare le difficoltà del momento. A tal fine è
assolutamente necessario sensibilizzare gli oncologi e gli ematologi
che più spesso vengono a contatto con questa tipologia di pazienti
affinché prospettino tale eventualità ed è indispensabile
che ogni regione si fornisca di una efficiente banca del seme in modo
da soddisfare nei tempi più brevi possibili e con il più
alto grado di professionalità, le sempre maggiori richieste
di crioconservazione. Proprio al fine di diffondere l’impiego
della crioconservazione del seme e per aumentare più possibile
gli standard di effettuazione di tale pratica è stata istituita
la European Association of Tissue Bank (EATB) una associazione non
profit che, come si legge nel suo statuto, si propone di promuovere
la cooperazione, la ricerca e lo sviluppo delle “tissue banking”
in Europa.
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_____________________
UOC
di Andrologia, Fisiopatologia della Riproduzione e Diagnostica Endocrinologica–
Dipartimento di Fisiopatologia Medica - Policlinico "Umberto
I" - Università di Roma "La Sapienza". Email:
francesco.lombardo@uniroma1.it
*UOC di Endocrinologia e Andrologia Section of the Rome Training Centre
in Andrology of the
Europea Academy of Andrology
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