La funzione luteale e i suoi fattori di modulazione



La funzione luteale e i suoi fattori di modulazione.

Anna Tropea1, Fiorella Miceli1, Francesca Minici1, Mariateresa Orlando1, Maria Francesca Gangale1, Federica Tiberi2, Stefania Catino1, Rosanna Apa1


Introduzione
E’ ben noto che le modificazioni in senso secretivo dell’endometrio, la sua preparazione all’eventuale impianto e il mantenimento della gravidanza iniziale richiedono la presenza e l’integrità funzionale del corpo luteo, che rappresenta, per unità di peso, la più attiva ghiandola endocrina dell’organismo (1). Dopo l’ovulazione la sua formazione dal follicolo dominante avviene grazie ad un rimodellamento morfologico e biochimico delle componenti steroidogeniche della struttura follicolare, detto luteinizzazione (2), e ad un attivo processo di invasione vascolare e di angiogenesi dal ritmo senza eguali (3). Altra peculiarità di tale importante ghiandola endocrina è la sua limitata durata di vita. In assenza di gravidanza, infatti, il corpo luteo si avvia inesorabilmente ad un processo di regressione funzionale e strutturale (luteolisi) che avviene 9-11 giorni dopo l’ovulazione (4).
Sebbene i precisi meccanismi implicati nei processi di sviluppo, mantenimento e regressione del corpo luteo non siano stati definitivamente chiariti, vari studi hanno evidenziato una moltitudine di fattori ormonali e locali in grado di influenzare la funzione luteale.

Luteinizzazione
Il processo di luteinizzazione rappresenta la tappa finale di differenziamento delle cellule somatiche steroidogeniche del follicolo. Queste ultime, in particolare, riducono, fino a perdere, la capacità proliferativa e modificano il loro corredo enzimatico e proteico, finalizzando, così, la propria attività alla sintesi di elevati livelli di progesterone (5). Tale processo, che interessa inizialmente la granulosa e, poi, più gradualmente anche la teca interna, comporta, quindi, un rimodellamento strutturale e funzionale di tali cellule che divengono, così, più efficienti nella sintesi del progesterone e, più in generale, nella steroidogenesi. Quest’ultima, infatti, è da due a tre volte più attiva nel corpo luteo che nel follicolo (6). Alla luce di quanto detto, non sorprende che la luteinizzazione si accompagni ad un forte incremento di espressione dei recettori per le lipoproteine ad alta e bassa densità (HDL e LDL) nelle cellule sia della teca sia della granulosa (7-9), che divengono, così, più attive nell’acquisire il colesterolo circolante, fondamentale substrato per la sintesi degli ormoni steroidei. Nelle stesse cellule il notevole aumento dei livelli sia degli enzimi chiave per la conversione in progesterone del colesterolo (10, 11) sia della Steroidogenic acute regulatory protein (StAR) (10) presenta un’analoga finalità. La StAR, infatti, rappresenta l’elemento “rate-limiting” per la steroidogenesi, in quanto proteina di trasporto del colesterolo attraverso la membrana mitocondriale interna.
Altra peculiarità del processo di luteinizzazione è il rimodellamento sia del citoscheletro (12), di cui è ben noto l’importante ruolo nella steroidogenesi (13), sia delle glicoproteine di superficie, tra cui le integrine (14).
Sebbene l’LH ipofisario svolga certamente un rilevante ruolo di stimolo della luteinizzazione (15), diversi fattori endocrini e non sono anch’essi probabilmente coinvolti nella regolazione di tale importante processo. A livello ovarico, ad esempio, sia l’Insulin-like Growth Factor (IGF)-1 sia le molecole di adesione si sono dimostrati in grado di influenzare positivamente la luteinizzazione (16, 17). Su quest’ultima, invece, un effetto inibitorio sembra esercitato dallo stesso ovocita, che sarebbe, infatti, in grado di ostacolare tale processo nelle cellule della granulosa, inibendo in esse l’espressione dei recettori per l’LH (18, 19) e mantenendo la loro funzione steroidogenica più orientata alla sintesi degli estrogeni che del progesterone (20). E’ stato, inoltre, ipotizzato che l’ovocita possa svolgere sulla luteinizzazione anche un’azione inibitoria diretta, il cui meccanismo resta, però, ignoto (21). La nota azione stimolatoria dell’LH appare, però, ben più potente di quella inibitoria dell’ovocita, come suggerito anche dal quadro clinico di “luteinized unruptured follicle”, in cui la presenza dell’ovocita non impedisce la luteinizzazione delle cellule follicolari
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Angiogenesi
Alla luteinizzazione si associa un attivo processo di invasione vascolare e di neoangiogenesi che trasforma la struttura avascolare del follicolo in quella riccamente vascolarizzata del corpo luteo (1). Dopo l’ovulazione, infatti, alla perdita dell’integrità strutturale della membrana basale, che nel follicolo separa la teca dalla granulosa, segue l’espansione dei capillari della teca nello strato originariamente avascolare della granulosa (22, 23). Dall’attivo processo di proliferazione delle cellule del microcircolo così migrate deriva, poi, una ricca rete di capillari che consente sia un adeguato approvvigionamento di substrati per l’intensa steroidogenesi luteale, sia una veloce ed efficiente immissione in circolo del progesterone prodotto.
Alla luce di quanto esposto, quindi, appare chiaro che i fattori che regolano l’angiogenesi luteale svolgono un ruolo estremamente importante nella funzionalità del corpo luteo.
Conditio sine qua non per l’inizio della neoangiogenesi luteale è il rimodellamento della matrice extracellulare (ECM) perivascolare, essenziale per la migrazione delle cellule endoteliali dai vasi già esistenti. Tale processo di digestione enzimatica della ECM, attivo esclusivamente in fase luteale precoce, è strettamente regolato dall’interazione tra proteasi della famiglia dell’attivatore del plasminogeno (PA), metalloproteinasi della matrice (MMPs) e loro inibitori (1, 24). In particolare, nel corpo luteo in formazione lo stroma, l’endotelio e le cellule steroidogeniche di origine tecale producono MMPs, i cui inibitori tissutali (TIMPs) risultano, invece, fortemente espressi nelle cellule parenchimali derivate dalla granulosa (25).
Alla digestione enzimatica dell’ECM segue la migrazione delle cellule endoteliali, la cui proliferazione porta, quindi, alla formazione di nuovi capillari. In tale processo un ruolo fondamentale è, senza dubbio, svolto dal Vascular Endothelial Growth Factor (VEGF) (26), glicoproteina in grado di promuovere la migrazione e la proliferazione delle cellule endoteliali del microcircolo e di incrementare la permeabilità vascolare (27, 28). La sua intensa espressione nel corpo luteo in fase luteale precoce e media e, soprattutto, nella gravidanza iniziale (29) ne suggerisce la notevole importanza sia nella formazione sia nel mantenimento del corpo luteo qualora avvenga il concepimento (30, 31). In assenza di quest’ultimo, infatti, in fase luteale tardiva i livelli di VEGF subiscono una netta riduzione (29). Nel corpo luteo tale fattore di crescita è prodotto dalle cellule steroidogeniche (32, 33), che, come le cellule endoteliali, ne posseggono anche i recettori (29, 33). Ciò suggerisce, quindi, che il VEGF possa esercitare anche un’azione autocrina di modulazione della steroidogenesi luteale, come dimostrato da nostri preliminari risultati in vitro (34).
Circa i meccanismi coinvolti nella regolazione dell’espressione luteale del VEGF, nel corpo luteo in via di formazione l’LH sembra essere il principale stimolo per la sintesi del VEGF (35). Viceversa, in cellule luteali differenziate di primati la sintesi di tale fattore di crescita appare prevalentemente regolata dall’ipossia (36). I risultati preliminari di un nostro studio in vitro confermano tale ipotesi anche nel corpo luteo umano, dove, a differenza dell’hCG, lo stimolo ipossico e altri fattori locali, quali IGFs e prostaglandine (PGs), si sono dimostrati in grado di modulare potentemente l’espressione del VEGF (37). Anche sostanze esogene sembrano poter interferire con la produzione luteale di tale fattore di crescita. In un nostro recente studio in vitro (38) abbiamo, infatti, dimostrato che l’incubazione di cellule luteali con concentrazioni di nicotina paragonabili a quelle presenti in circolo nelle fumatrici determina, oltre ad una significativa riduzione della steroidogenesi, anche un incremento dell’espressione del VEGF, probabilmente secondario all’azione ipossica della nicotina.
Alla neoangiogenesi luteale sembrano contribuire anche altri fattori prodotti localmente dalle cellule del corpo luteo. Tra questi un importante ruolo sembra svolto dalle angiopoietine (Ang), fattori angiogenici non mitogeni di recente scoperta (39), la cui interazione con il VEGF appare di importanza critica per gli eventi vascolari tipici del processo di sviluppo, mantenimento e regressione del corpo luteo (40). In particolare, in fase luteale precoce, quando elevati sono i livelli di VEGF, l’Ang-2 sembra esercitare un’azione sinergica con tale fattore di crescita nel processo di formazione dei capillari (41), alla cui stabilizzazione provvede, poi, l’Ang-1 (42). Viceversa, in presenza di ridotti livelli di VEGF, l’Ang-2 sembra contribuire alla degenerazione vascolare tipica della regressione luteale (43), bloccando in modo competitivo l’azione stabilizzante dell’Ang-1 sui vasi (44). Poco noti, tuttavia, rimangono i fattori che regolano l’espressione luteale delle Ang, eccezion fatta per la dimostrata azione di stimolo sulla loro produzione esercitata dall’ hCG (32).
Nelle cellule steroidogeniche luteali è stato identificato anche un altro fattore angiogenico, di recente scoperta (45). Si tratta dell’Endocrine Gland-Vascular Endothelial Growth Factor (EG-VEGF), fattore di crescita specifico per le cellule endoteliali delle ghiandole endocrine a livello del microcircolo, di cui determina anche un incremento della permeabilità (46). A differenza del VEGF, l’EG-VEGF è poco espresso in fase luteale precoce, mentre i periodi di massima produzione di tale fattore sono rappresentati dalla fase luteale media e tardiva (45). Ciò ha fatto ipotizzare che l’EG-VEGF sia importante non tanto per la formazione di nuovi vasi, quanto piuttosto per sostenere e potenziare la funzione steroidogenica del corpo luteo. L’incremento della permeabilità vascolare esercitato da tale fattore sarebbe, infatti, fondamentale sia per garantire alle cellule luteali un sufficiente apporto di substrati plasmatici per la steroidogenesi, sia anche per permettere l’adeguata immissione in circolo del progesterone prodotto. L’EG-VEGF consentirebbe, così, un’ottimale risposta steroidogenica del corpo luteo all’hCG in caso di gravidanza (45). I meccanismi di regolazione dell’espressione luteale dell’EG-VEGF sono, tuttavia, al momento quasi del tutto sconosciuti
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Steroidogenesi luteale
Differenze morfologiche, dimensionali e immunocitochimiche consentono di riconoscere almeno due sottopopolazioni di cellule steroidogeniche del corpo luteo (47), le grandi e le piccole cellule luteali, rispettivamente indicate anche come granulosa-luteiniche e teca-luteiniche per la loro verosimile origine dalle cellule della granulosa e della teca del follicolo (48). Tali sottopopolazioni presentano alcune differenze funzionali. Sebbene entrambe in grado di sintetizzare progesterone, le grandi cellule luteali, infatti, sembrano più attive rispetto alle piccole nella produzione basale di tale ormone (49, 50). Diverse evidenze suggeriscono, inoltre, che anche nel corpo luteo sia conservato il sistema bicellulare per la sintesi degli estrogeni, tipico del follicolo (51). Nelle cellule derivate dalla teca, infatti, l’enzima 17-idrossilasi consente la sintesi degli androgeni, successivamente trasformati in estrogeni dall’aromatasi presente nelle cellule derivate dalla granulosa (52)
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Regolazione della funzione luteale
E’ classicamente noto che la steroidogenesi luteale, primariamente finalizzata alla sintesi del progesterone, è regolata principalmente dall’LH/hCG. Entrambi i sottotipi di cellule steroidogeniche, infatti, rispondono a tale gonadotropina (53), il cui fondamentale ruolo nella funzionalità e nel mantenimento del corpo luteo è dimostrato, per esempio, dalla soppressione dei livelli circolanti di progesterone e dalla rapida regressione del corpo luteo in pazienti trattate con GnRH antagonista (54).
Oltre al suddetto fattore luteotropico classicamente noto, sono state identificate diverse sostanze in grado di influenzare la funzionalità luteale, con un’azione endocrina o paracrina e/o autocrina.
In particolare, dati i diversi effetti esercitati dal GH sull’ovaio (55, 56), non sorprende che tale ormone sia anch’esso in grado di modulare direttamente la steroidogenesi luteale. In uno studio in vitro su cellule luteali umane, Lanzone e coll. hanno, infatti, dimostrato per il GH un effetto di stimolo dose-dipendente sulla produzione di progesterone in sinergia con l’hCG (57). In particolare, solo le piccole cellule luteali sembrano responsive allo stimolo steroidogenico del GH (50). Il fatto, inoltre, che anche piccole quantità di hCG siano sufficienti a ridurre fortemente la dose di GH efficace nello stimolo della steroidogenesi, suggerisce che il GH possa avere un fisiologico ruolo di sostegno dell'attività secretoria del corpo luteo.
Poiché, inoltre, nell'ovaio umano è stata dimostrata l'esistenza dell’intero sistema delle IGFs, con le loro binding protein e i loro recettori (58, 59), è probabile che l’azione del GH sulla steroidogenesi luteale sia, almeno in parte, mediata da questi fattori di crescita, la cui sintesi ovarica è, infatti, indotta dal GH (60). In effetti, in un nostro studio in vitro abbiamo dimostrato come anche l’IGF-I e l’IGF-II siano in grado di stimolare in modo dose-dipendente la sintesi di progesterone, esercitando, analogamente al GH, un’azione sinergica con l’hCG (61). L’osservazione della scomparsa dell'effetto del GH sul progesterone in presenza di un anticorpo anti-IGF-I rappresenta la prova definitiva del ruolo dell’IGF-I come mediatore degli effetti del GH sulla steroidogenesi luteale (61). In un successivo studio in vitro abbiamo, inoltre, dimostrato la capacità delle IGFs di modulare anche la sintesi luteale delle PGs (62), che svolgono un ruolo chiave nella regolazione dei processi luteotropi e luteolitici. La PGF2a, in particolare, è coinvolta nei processi di regressione del corpo luteo (63) ed è in grado di ridurre la sintesi luteale di progesterone (64). Per contro, diverse evidenze suggeriscono per la PGE2 un'azione luteotropica sia in vivo, dove esiste una correlazione positiva tra progesterone e PGE2 (65), sia in vitro, dove la PGE2 stimola la sintesi di progesterone (66). Nello studio da noi condotto in cellule luteali umane abbiamo dimostrato che IGF-I e IGF-II stimolano la produzione di PGE2 e inibiscono quella di PGF2a in maniera dose e tempo-dipendente. In particolare, l'IGF-I sembra più efficace dell’IGF-II nell’esercitare tali effetti e, inoltre, per entrambi i fattori di crescita l'azione stimolatoria sulla secrezione di PGE2 risulta più potente rispetto a quella inibitoria sulla produzione di PGF2a (62). Le IGFs possono, quindi, influenzare la steroidogenesi luteale modulando il rilascio di prostaglandine. In conclusione, si può ipotizzare che nel periodo ovulatorio e subito dopo l'ovulazione gli elevati livelli intraovarici di IGF-I e IGF-II (67, 68) contribuiscano all’incremento dei livelli di progesterone, stimolando la produzione di PGE2 e inibendo quella di PGF2a. Per contro, in fase luteale tardiva, la progressiva riduzione dei livelli di IGFs e il conseguente mutato rapporto PGE2/PGF2a potrebbe contribuire alla caduta dei livelli di progesterone.
Anche il GH è in grado di influenzare la sintesi luteale dei suddetti prostanoidi. Tale ormone, infatti, inibisce la produzione della prostaglandina luteolitica PGF2a con un’azione ancora una volta mediata da IGFs (62). Ciò potrebbe costituire uno dei meccanismi attraverso cui il GH influenza la steroidogenesi del corpo luteo.
Altri importanti fattori implicati nel controllo della funzione luteale sono le endoteline, potenti vasocostrittori, presenti, assieme ai loro recettori (69), nel corpo luteo non solo a livello dell'endotelio (70), ma anche nelle cellule luteali steroidogeniche, come dimostrato in un nostro recente lavoro (71). I nostri risultati hanno evidenziato un ruolo luteolitico diretto per l’ET-1, che, agendo sui suoi recettori di tipo A, determina una riduzione dose-dipendente della secrezione luteale di progesterone, sia basale sia stimolata dall’hCG (72). Tale effetto diretto dell’ET potrebbe venire amplificato in vivo dalla sua stessa azione vasocostrittrice, che, provocando un quadro di locale ipossia, potrebbe favorire una sua ulteriore produzione da parte dell’endotelio (73). Un'ulteriore prova del coinvolgimento dell'ET-1 nella regressione del CL viene dai dati di Usuki e Girsh (74, 75), i quali hanno osservato in modelli animali un marcato aumento dell’espressione dell'ET-1 in fase luteale tardiva in concomitanza con l'aumento dei livelli della prostaglandina luteolitica PGF2a, in grado a sua volta di stimolare la produzione di ET-1 in cellule luteali bovine (74). L’esistenza, anche nel corpo luteo umano, di una relazione funzionale tra il sistema delle ETs e quello delle PGs è stata evidenziata in uno studio in vitro da noi recentemente condotto, in cui l'ET-1 e l'ET-3 sono risultate in grado di stimolare significativamente la secrezione sia di PGE2 sia di PGF2a in cellule luteali umane (76). Vari dati presenti in letteratura, inoltre, dimostrano che le PGs a loro volta sono in grado di influenzare la produzione delle ETs. In particolare, la PGE2, prostaglandina luteotropica e vasodilatatrice, inibisce la produzione di ET-1 in cellule endoteliali (77), mentre la PGF2a , ad azione luteolitica e vasocostrittrice, aumenta il contenuto di ET-1 nel corpo luteo (64). In quest’ultimo, la ricchezza di cellule endoteliali e la loro stretta contiguità con le cellule steroidogeniche (78), può far ipotizzare l'esistenza di una collaborazione funzionale tra questi due tipi di cellule nel produrre sostanze, quali ETs e PGs, in grado di modulare reciprocamente la loro sintesi ed i loro effetti. La variazione nel tempo di tale equilibrio può produrre, a seconda delle fasi del ciclo, effetti trofici o regressivi sul CL in toto.
La funzione luteale appare modulata anche da diverse citochine, che tanta parte hanno non solo nei processi di formazione e regressione del corpo luteo, ma anche nella diretta regolazione della steroidogenesi luteale. Tra queste un ruolo importante è svolto dall’interleuchina (IL)-1ß, prodotta nel corpo luteo non solo dai macrofagi localmente presenti (79), ma anche dalle cellule steroidogeniche, che ne esprimono anche i recettori (80). In queste ultime cellule l’espressione dell’IL-1ß è stimolata dall’LH (81). Diversi autori hanno studiato in vitro gli effetti di tale citochina sulla steroidogenesi luteale (82-85) con risultati, però, non univoci probabilmente per i diversi modelli sperimentali usati (variabile contaminazione leucocitaria, differente grado di differenziamento delle cellule steroidogeniche studiate, ecc). Comunque, i dati da noi ottenuti mediante l’utilizzo di colture relativamente pure di cellule luteali umane differenziate suggeriscono per l’IL-1ß un’azione luteotropica. Tale citochina, infatti, determina un significativo incremento della secrezione luteale del progesterone, mediato dal sistema delle prostaglandine (86)
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Conclusioni
I processi di formazione, mantenimento e regressione del CL sembrano essere il risultato di un delicato equilibrio tra fattori luteotropici e luteolitici, la cui natura e le cui interferenze reciproche sono per lo più ignote. Le conoscenze attuali rappresentano, infatti, solo la “punta dell’iceberg” di un universo ancora sconosciuto di modulatori, che mediano le reciproche interazioni funzionali tra le popolazioni cellulari, steroidogeniche e non, del corpo luteo e, quindi, in ultima analisi garantiscono l’integrità funzionale di tale importante ghiandola endocrina.
In tale ambito, l’auspicabile futuro ampliamento delle conoscenze sarà essenziale presupposto per una migliore comprensione della fisiologia del corpo luteo. Ciò potrebbe fornire nuovi strumenti nella terapia dell’infertilità e migliorare l’outcome riproduttivo sia in cicli spontanei sia in quelli stimolati.

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1Cattedra di Fisiopatologia della Riproduzione Umana, Università Cattolica del S. Cuore- Largo A. Gemelli 8 00168 Roma krimisa@libero.it
2Istituto Scientifico Internazionale (ISI) “Paolo VI”, Università Cattolica del S. Cuore, Roma