Introduzione
E’ ben noto che le modificazioni in senso secretivo dell’endometrio,
la sua preparazione all’eventuale impianto e il mantenimento
della gravidanza iniziale richiedono la presenza e l’integrità
funzionale del corpo luteo, che rappresenta, per unità di peso,
la più attiva ghiandola endocrina dell’organismo (1).
Dopo l’ovulazione la sua formazione dal follicolo dominante
avviene grazie ad un rimodellamento morfologico e biochimico delle
componenti steroidogeniche della struttura follicolare, detto luteinizzazione
(2), e ad un attivo processo di invasione vascolare e di angiogenesi
dal ritmo senza eguali (3). Altra peculiarità di tale importante
ghiandola endocrina è la sua limitata durata di vita. In assenza
di gravidanza, infatti, il corpo luteo si avvia inesorabilmente ad
un processo di regressione funzionale e strutturale (luteolisi) che
avviene 9-11 giorni dopo l’ovulazione (4).
Sebbene i precisi meccanismi implicati nei processi di sviluppo, mantenimento
e regressione del corpo luteo non siano stati definitivamente chiariti,
vari studi hanno evidenziato una moltitudine di fattori ormonali e
locali in grado di influenzare la funzione luteale.
Luteinizzazione
Il processo di luteinizzazione rappresenta la tappa finale di differenziamento
delle cellule somatiche steroidogeniche del follicolo. Queste ultime,
in particolare, riducono, fino a perdere, la capacità proliferativa
e modificano il loro corredo enzimatico e proteico, finalizzando,
così, la propria attività alla sintesi di elevati livelli
di progesterone (5). Tale processo, che interessa inizialmente la
granulosa e, poi, più gradualmente anche la teca interna, comporta,
quindi, un rimodellamento strutturale e funzionale di tali cellule
che divengono, così, più efficienti nella sintesi del
progesterone e, più in generale, nella steroidogenesi. Quest’ultima,
infatti, è da due a tre volte più attiva nel corpo luteo
che nel follicolo (6). Alla luce di quanto detto, non sorprende che
la luteinizzazione si accompagni ad un forte incremento di espressione
dei recettori per le lipoproteine ad alta e bassa densità (HDL
e LDL) nelle cellule sia della teca sia della granulosa (7-9), che
divengono, così, più attive nell’acquisire il
colesterolo circolante, fondamentale substrato per la sintesi degli
ormoni steroidei. Nelle stesse cellule il notevole aumento dei livelli
sia degli enzimi chiave per la conversione in progesterone del colesterolo
(10, 11) sia della Steroidogenic acute regulatory protein (StAR) (10)
presenta un’analoga finalità. La StAR, infatti, rappresenta
l’elemento “rate-limiting” per la steroidogenesi,
in quanto proteina di trasporto del colesterolo attraverso la membrana
mitocondriale interna.
Altra peculiarità del processo di luteinizzazione è
il rimodellamento sia del citoscheletro (12), di cui è ben
noto l’importante ruolo nella steroidogenesi (13), sia delle
glicoproteine di superficie, tra cui le integrine (14).
Sebbene l’LH ipofisario svolga certamente un rilevante ruolo
di stimolo della luteinizzazione (15), diversi fattori endocrini e
non sono anch’essi probabilmente coinvolti nella regolazione
di tale importante processo. A livello ovarico, ad esempio, sia l’Insulin-like
Growth Factor (IGF)-1 sia le molecole di adesione si sono dimostrati
in grado di influenzare positivamente la luteinizzazione (16, 17).
Su quest’ultima, invece, un effetto inibitorio sembra esercitato
dallo stesso ovocita, che sarebbe, infatti, in grado di ostacolare
tale processo nelle cellule della granulosa, inibendo in esse l’espressione
dei recettori per l’LH (18, 19) e mantenendo la loro funzione
steroidogenica più orientata alla sintesi degli estrogeni che
del progesterone (20). E’ stato, inoltre, ipotizzato che l’ovocita
possa svolgere sulla luteinizzazione anche un’azione inibitoria
diretta, il cui meccanismo resta, però, ignoto (21). La nota
azione stimolatoria dell’LH appare, però, ben più
potente di quella inibitoria dell’ovocita, come suggerito anche
dal quadro clinico di “luteinized unruptured follicle”,
in cui la presenza dell’ovocita non impedisce la luteinizzazione
delle cellule follicolari.
Angiogenesi
Alla luteinizzazione si associa un attivo processo di invasione vascolare
e di neoangiogenesi che trasforma la struttura avascolare del follicolo
in quella riccamente vascolarizzata del corpo luteo (1). Dopo l’ovulazione,
infatti, alla perdita dell’integrità strutturale della
membrana basale, che nel follicolo separa la teca dalla granulosa,
segue l’espansione dei capillari della teca nello strato originariamente
avascolare della granulosa (22, 23). Dall’attivo processo di
proliferazione delle cellule del microcircolo così migrate
deriva, poi, una ricca rete di capillari che consente sia un adeguato
approvvigionamento di substrati per l’intensa steroidogenesi
luteale, sia una veloce ed efficiente immissione in circolo del progesterone
prodotto.
Alla luce di quanto esposto, quindi, appare chiaro che i fattori che
regolano l’angiogenesi luteale svolgono un ruolo estremamente
importante nella funzionalità del corpo luteo.
Conditio sine qua non per l’inizio della neoangiogenesi luteale
è il rimodellamento della matrice extracellulare (ECM) perivascolare,
essenziale per la migrazione delle cellule endoteliali dai vasi già
esistenti. Tale processo di digestione enzimatica della ECM, attivo
esclusivamente in fase luteale precoce, è strettamente regolato
dall’interazione tra proteasi della famiglia dell’attivatore
del plasminogeno (PA), metalloproteinasi della matrice (MMPs) e loro
inibitori (1, 24). In particolare, nel corpo luteo in formazione lo
stroma, l’endotelio e le cellule steroidogeniche di origine
tecale producono MMPs, i cui inibitori tissutali (TIMPs) risultano,
invece, fortemente espressi nelle cellule parenchimali derivate dalla
granulosa (25).
Alla digestione enzimatica dell’ECM segue la migrazione delle
cellule endoteliali, la cui proliferazione porta, quindi, alla formazione
di nuovi capillari. In tale processo un ruolo fondamentale è,
senza dubbio, svolto dal Vascular Endothelial Growth Factor (VEGF)
(26), glicoproteina in grado di promuovere la migrazione e la proliferazione
delle cellule endoteliali del microcircolo e di incrementare la permeabilità
vascolare (27, 28). La sua intensa espressione nel corpo luteo in
fase luteale precoce e media e, soprattutto, nella gravidanza iniziale
(29) ne suggerisce la notevole importanza sia nella formazione sia
nel mantenimento del corpo luteo qualora avvenga il concepimento (30,
31). In assenza di quest’ultimo, infatti, in fase luteale tardiva
i livelli di VEGF subiscono una netta riduzione (29). Nel corpo luteo
tale fattore di crescita è prodotto dalle cellule steroidogeniche
(32, 33), che, come le cellule endoteliali, ne posseggono anche i
recettori (29, 33). Ciò suggerisce, quindi, che il VEGF possa
esercitare anche un’azione autocrina di modulazione della steroidogenesi
luteale, come dimostrato da nostri preliminari risultati in vitro
(34).
Circa i meccanismi coinvolti nella regolazione dell’espressione
luteale del VEGF, nel corpo luteo in via di formazione l’LH
sembra essere il principale stimolo per la sintesi del VEGF (35).
Viceversa, in cellule luteali differenziate di primati la sintesi
di tale fattore di crescita appare prevalentemente regolata dall’ipossia
(36). I risultati preliminari di un nostro studio in vitro confermano
tale ipotesi anche nel corpo luteo umano, dove, a differenza dell’hCG,
lo stimolo ipossico e altri fattori locali, quali IGFs e prostaglandine
(PGs), si sono dimostrati in grado di modulare potentemente l’espressione
del VEGF (37). Anche sostanze esogene sembrano poter interferire con
la produzione luteale di tale fattore di crescita. In un nostro recente
studio in vitro (38) abbiamo, infatti, dimostrato che l’incubazione
di cellule luteali con concentrazioni di nicotina paragonabili a quelle
presenti in circolo nelle fumatrici determina, oltre ad una significativa
riduzione della steroidogenesi, anche un incremento dell’espressione
del VEGF, probabilmente secondario all’azione ipossica della
nicotina.
Alla neoangiogenesi luteale sembrano contribuire anche altri fattori
prodotti localmente dalle cellule del corpo luteo. Tra questi un importante
ruolo sembra svolto dalle angiopoietine (Ang), fattori angiogenici
non mitogeni di recente scoperta (39), la cui interazione con il VEGF
appare di importanza critica per gli eventi vascolari tipici del processo
di sviluppo, mantenimento e regressione del corpo luteo (40). In particolare,
in fase luteale precoce, quando elevati sono i livelli di VEGF, l’Ang-2
sembra esercitare un’azione sinergica con tale fattore di crescita
nel processo di formazione dei capillari (41), alla cui stabilizzazione
provvede, poi, l’Ang-1 (42). Viceversa, in presenza di ridotti
livelli di VEGF, l’Ang-2 sembra contribuire alla degenerazione
vascolare tipica della regressione luteale (43), bloccando in modo
competitivo l’azione stabilizzante dell’Ang-1 sui vasi
(44). Poco noti, tuttavia, rimangono i fattori che regolano l’espressione
luteale delle Ang, eccezion fatta per la dimostrata azione di stimolo
sulla loro produzione esercitata dall’ hCG (32).
Nelle cellule steroidogeniche luteali è stato identificato
anche un altro fattore angiogenico, di recente scoperta (45). Si tratta
dell’Endocrine Gland-Vascular Endothelial Growth Factor (EG-VEGF),
fattore di crescita specifico per le cellule endoteliali delle ghiandole
endocrine a livello del microcircolo, di cui determina anche un incremento
della permeabilità (46). A differenza del VEGF, l’EG-VEGF
è poco espresso in fase luteale precoce, mentre i periodi di
massima produzione di tale fattore sono rappresentati dalla fase luteale
media e tardiva (45). Ciò ha fatto ipotizzare che l’EG-VEGF
sia importante non tanto per la formazione di nuovi vasi, quanto piuttosto
per sostenere e potenziare la funzione steroidogenica del corpo luteo.
L’incremento della permeabilità vascolare esercitato
da tale fattore sarebbe, infatti, fondamentale sia per garantire alle
cellule luteali un sufficiente apporto di substrati plasmatici per
la steroidogenesi, sia anche per permettere l’adeguata immissione
in circolo del progesterone prodotto. L’EG-VEGF consentirebbe,
così, un’ottimale risposta steroidogenica del corpo luteo
all’hCG in caso di gravidanza (45). I meccanismi di regolazione
dell’espressione luteale dell’EG-VEGF sono, tuttavia,
al momento quasi del tutto sconosciuti.
Steroidogenesi
luteale
Differenze morfologiche, dimensionali e immunocitochimiche consentono
di riconoscere almeno due sottopopolazioni di cellule steroidogeniche
del corpo luteo (47), le grandi e le piccole cellule luteali, rispettivamente
indicate anche come granulosa-luteiniche e teca-luteiniche per la
loro verosimile origine dalle cellule della granulosa e della teca
del follicolo (48). Tali sottopopolazioni presentano alcune differenze
funzionali. Sebbene entrambe in grado di sintetizzare progesterone,
le grandi cellule luteali, infatti, sembrano più attive rispetto
alle piccole nella produzione basale di tale ormone (49, 50). Diverse
evidenze suggeriscono, inoltre, che anche nel corpo luteo sia conservato
il sistema bicellulare per la sintesi degli estrogeni, tipico del
follicolo (51). Nelle cellule derivate dalla teca, infatti, l’enzima
17-idrossilasi consente la sintesi degli androgeni, successivamente
trasformati in estrogeni dall’aromatasi presente nelle cellule
derivate dalla granulosa (52).
Regolazione
della funzione luteale
E’ classicamente noto che la steroidogenesi luteale, primariamente
finalizzata alla sintesi del progesterone, è regolata principalmente
dall’LH/hCG. Entrambi i sottotipi di cellule steroidogeniche,
infatti, rispondono a tale gonadotropina (53), il cui fondamentale
ruolo nella funzionalità e nel mantenimento del corpo luteo
è dimostrato, per esempio, dalla soppressione dei livelli circolanti
di progesterone e dalla rapida regressione del corpo luteo in pazienti
trattate con GnRH antagonista (54).
Oltre al suddetto fattore luteotropico classicamente noto, sono state
identificate diverse sostanze in grado di influenzare la funzionalità
luteale, con un’azione endocrina o paracrina e/o autocrina.
In particolare, dati i diversi effetti esercitati dal GH sull’ovaio
(55, 56), non sorprende che tale ormone sia anch’esso in grado
di modulare direttamente la steroidogenesi luteale. In uno studio
in vitro su cellule luteali umane, Lanzone e coll. hanno, infatti,
dimostrato per il GH un effetto di stimolo dose-dipendente sulla produzione
di progesterone in sinergia con l’hCG (57). In particolare,
solo le piccole cellule luteali sembrano responsive allo stimolo steroidogenico
del GH (50). Il fatto, inoltre, che anche piccole quantità
di hCG siano sufficienti a ridurre fortemente la dose di GH efficace
nello stimolo della steroidogenesi, suggerisce che il GH possa avere
un fisiologico ruolo di sostegno dell'attività secretoria del
corpo luteo.
Poiché, inoltre, nell'ovaio umano è stata dimostrata
l'esistenza dell’intero sistema delle IGFs, con le loro binding
protein e i loro recettori (58, 59), è probabile che l’azione
del GH sulla steroidogenesi luteale sia, almeno in parte, mediata
da questi fattori di crescita, la cui sintesi ovarica è, infatti,
indotta dal GH (60). In effetti, in un nostro studio in vitro abbiamo
dimostrato come anche l’IGF-I e l’IGF-II siano in grado
di stimolare in modo dose-dipendente la sintesi di progesterone, esercitando,
analogamente al GH, un’azione sinergica con l’hCG (61).
L’osservazione della scomparsa dell'effetto del GH sul progesterone
in presenza di un anticorpo anti-IGF-I rappresenta la prova definitiva
del ruolo dell’IGF-I come mediatore degli effetti del GH sulla
steroidogenesi luteale (61). In un successivo studio in vitro abbiamo,
inoltre, dimostrato la capacità delle IGFs di modulare anche
la sintesi luteale delle PGs (62), che svolgono un ruolo chiave nella
regolazione dei processi luteotropi e luteolitici. La PGF2a, in particolare,
è coinvolta nei processi di regressione del corpo luteo (63)
ed è in grado di ridurre la sintesi luteale di progesterone
(64). Per contro, diverse evidenze suggeriscono per la PGE2 un'azione
luteotropica sia in vivo, dove esiste una correlazione positiva tra
progesterone e PGE2 (65), sia in vitro, dove la PGE2 stimola la sintesi
di progesterone (66). Nello studio da noi condotto in cellule luteali
umane abbiamo dimostrato che IGF-I e IGF-II stimolano la produzione
di PGE2 e inibiscono quella di PGF2a in maniera dose e tempo-dipendente.
In particolare, l'IGF-I sembra più efficace dell’IGF-II
nell’esercitare tali effetti e, inoltre, per entrambi i fattori
di crescita l'azione stimolatoria sulla secrezione di PGE2 risulta
più potente rispetto a quella inibitoria sulla produzione di
PGF2a (62). Le IGFs possono, quindi, influenzare la steroidogenesi
luteale modulando il rilascio di prostaglandine. In conclusione, si
può ipotizzare che nel periodo ovulatorio e subito dopo l'ovulazione
gli elevati livelli intraovarici di IGF-I e IGF-II (67, 68) contribuiscano
all’incremento dei livelli di progesterone, stimolando la produzione
di PGE2 e inibendo quella di PGF2a. Per contro, in fase luteale tardiva,
la progressiva riduzione dei livelli di IGFs e il conseguente mutato
rapporto PGE2/PGF2a potrebbe contribuire alla caduta dei livelli di
progesterone.
Anche il GH è in grado di influenzare la sintesi luteale dei
suddetti prostanoidi. Tale ormone, infatti, inibisce la produzione
della prostaglandina luteolitica PGF2a con un’azione ancora
una volta mediata da IGFs (62). Ciò potrebbe costituire uno
dei meccanismi attraverso cui il GH influenza la steroidogenesi del
corpo luteo.
Altri importanti fattori implicati nel controllo della funzione luteale
sono le endoteline, potenti vasocostrittori, presenti, assieme ai
loro recettori (69), nel corpo luteo non solo a livello dell'endotelio
(70), ma anche nelle cellule luteali steroidogeniche, come dimostrato
in un nostro recente lavoro (71). I nostri risultati hanno evidenziato
un ruolo luteolitico diretto per l’ET-1, che, agendo sui suoi
recettori di tipo A, determina una riduzione dose-dipendente della
secrezione luteale di progesterone, sia basale sia stimolata dall’hCG
(72). Tale effetto diretto dell’ET potrebbe venire amplificato
in vivo dalla sua stessa azione vasocostrittrice, che, provocando
un quadro di locale ipossia, potrebbe favorire una sua ulteriore produzione
da parte dell’endotelio (73). Un'ulteriore prova del coinvolgimento
dell'ET-1 nella regressione del CL viene dai dati di Usuki e Girsh
(74, 75), i quali hanno osservato in modelli animali un marcato aumento
dell’espressione dell'ET-1 in fase luteale tardiva in concomitanza
con l'aumento dei livelli della prostaglandina luteolitica PGF2a,
in grado a sua volta di stimolare la produzione di ET-1 in cellule
luteali bovine (74). L’esistenza, anche nel corpo luteo umano,
di una relazione funzionale tra il sistema delle ETs e quello delle
PGs è stata evidenziata in uno studio in vitro da noi recentemente
condotto, in cui l'ET-1 e l'ET-3 sono risultate in grado di stimolare
significativamente la secrezione sia di PGE2 sia di PGF2a in cellule
luteali umane (76). Vari dati presenti in letteratura, inoltre, dimostrano
che le PGs a loro volta sono in grado di influenzare la produzione
delle ETs. In particolare, la PGE2, prostaglandina luteotropica e
vasodilatatrice, inibisce la produzione di ET-1 in cellule endoteliali
(77), mentre la PGF2a , ad azione luteolitica e vasocostrittrice,
aumenta il contenuto di ET-1 nel corpo luteo (64). In quest’ultimo,
la ricchezza di cellule endoteliali e la loro stretta contiguità
con le cellule steroidogeniche (78), può far ipotizzare l'esistenza
di una collaborazione funzionale tra questi due tipi di cellule nel
produrre sostanze, quali ETs e PGs, in grado di modulare reciprocamente
la loro sintesi ed i loro effetti. La variazione nel tempo di tale
equilibrio può produrre, a seconda delle fasi del ciclo, effetti
trofici o regressivi sul CL in toto.
La funzione luteale appare modulata anche da diverse citochine, che
tanta parte hanno non solo nei processi di formazione e regressione
del corpo luteo, ma anche nella diretta regolazione della steroidogenesi
luteale. Tra queste un ruolo importante è svolto dall’interleuchina
(IL)-1ß, prodotta nel corpo luteo non solo dai macrofagi localmente
presenti (79), ma anche dalle cellule steroidogeniche, che ne esprimono
anche i recettori (80). In queste ultime cellule l’espressione
dell’IL-1ß è stimolata dall’LH (81). Diversi
autori hanno studiato in vitro gli effetti di tale citochina sulla
steroidogenesi luteale (82-85) con risultati, però, non univoci
probabilmente per i diversi modelli sperimentali usati (variabile
contaminazione leucocitaria, differente grado di differenziamento
delle cellule steroidogeniche studiate, ecc). Comunque, i dati da
noi ottenuti mediante l’utilizzo di colture relativamente pure
di cellule luteali umane differenziate suggeriscono per l’IL-1ß
un’azione luteotropica. Tale citochina, infatti, determina un
significativo incremento della secrezione luteale del progesterone,
mediato dal sistema delle prostaglandine (86).
Conclusioni
I processi di formazione, mantenimento e regressione del CL sembrano
essere il risultato di un delicato equilibrio tra fattori luteotropici
e luteolitici, la cui natura e le cui interferenze reciproche sono
per lo più ignote. Le conoscenze attuali rappresentano, infatti,
solo la “punta dell’iceberg” di un universo ancora
sconosciuto di modulatori, che mediano le reciproche interazioni funzionali
tra le popolazioni cellulari, steroidogeniche e non, del corpo luteo
e, quindi, in ultima analisi garantiscono l’integrità
funzionale di tale importante ghiandola endocrina.
In tale ambito, l’auspicabile futuro ampliamento delle conoscenze
sarà essenziale presupposto per una migliore comprensione della
fisiologia del corpo luteo. Ciò potrebbe fornire nuovi strumenti
nella terapia dell’infertilità e migliorare l’outcome
riproduttivo sia in cicli spontanei sia in quelli stimolati.
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_____________________
1Cattedra
di Fisiopatologia della Riproduzione Umana, Università Cattolica
del S. Cuore- Largo A. Gemelli 8 00168 Roma krimisa@libero.it
2Istituto Scientifico Internazionale (ISI) “Paolo
VI”, Università Cattolica del S. Cuore, Roma
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