La pillola, una bandiera



LA PILLOLA, UNA BANDIERA

Gianna Schelotto

Come eravamo
Tutto quello che avrebbero voluto sapere sul sesso, le donne italiane hanno osato chiederlo - prima sommessamente, poi con toni sempre più lucidi e determinati - intorno agli anni '60.
Ginecologi, endocrinologi ed esperti a vario titolo, anche per difendere il proprio ormai vacillante ruolo, si diedero un gran daffare per spiegare alle signore come erano fatte. Ma quelle risposte sembrarono vaghe, reticenti e incomplete perché le donne cominciavano a percepire il proprio corpo come qualcosa di meno schematico e astratto di quello che i manuali di medicina descrivevano.
Cominciarono così la ricerca e l'analisi, appassionate, nuove, a tratti spietate sull'identità femminile. Non che prima di allora le donne non si fossero interrogate su se stesse e sulla propria inquietante fisiologia. Ma non era mai accaduto che una tale riflessione fosse collettiva, critica, libera da pregiudizi,avida di risposte.
A quel tempo la contraccezione era illegale e, di conseguenza, chi la praticava si macchiava di un delitto contro l'integrità della stirpe come recitava il titolo decimo del codice penale.
La pillola circolava clandestinamente ed era un'autentica bomba ormonale che i ginecologi prescrivevano sotto le mentite spoglie di rimedio contro i disordini mestruali o di altri più fantasiosi disturbi.

Le prime vittorie
Intanto, nel 1970, dopo anni di furori ideologici, il Parlamento italiano aveva approvato la legge sul divorzio (ribadita successivamente con referendum popolare). Fu un passaggio di grande portata simbolica: l'inizio del lungo difficile cammino verso la modernità e contemporaneamente verso la conquista di una nuova consapevolezza femminile. In coerenza con il clima che si era creato nel paese, nel 1972 La Corte costituzionale dichiarava contrario allo spirito della Costituzione l'articolo 553 del codice penale che vietava la pubblicità dei metodi contraccettivi. In altri termini, finalmente, le donne italiane ottenevano la libertà di prevenire le nascite indesiderate.
Il dosaggio di quei primi farmaci contraccettivi era talmente alto da provocare nausee, aumenti ponderali, irsutismo. Ma le donne non demordevano: temevano di veder cambiare il loro corpo, di diventare grasse e baffute e, quel che è peggio, prendendo la pillola che avrebbe dovuto liberarle, svaniva del tutto in loro la voglia di far l'amore. Eppure, l'idea di potersi sentire al riparo da gravidanze indesiderate era comunque più forte di tutti gli inconvenienti e di quei dolorosi effetti collaterali.
Si direbbe che quelle donne sentissero che i sacrifici, le ansie erano un male minore oltre che temporaneo. (Nel frattempo la ricerca scientifica faceva grandi passi per rendere la pillola meno punitiva e per attenuare al massimo gli effetti indesiderati). Ciò che contava era aprire la strada a qualcosa che avrebbe radicalmente trasformato il modello della sessualità femminile. Il che è gradualmente accaduto non solo tra le donne, ma più in generale nella cultura del paese. La possibilità di vivere il rapporto sessuale staccato dal pericolo di gravidanze indesiderate ha cambiato per prima cosa il rapporto delle donne con il piacere. Che da optional nemmeno tanto legittimo è diventato un nuovo diritto o - a seconda della lettura che se ne può dare - persino un dovere verso se stesse. La contraccezione ha largamente contribuito alla costruzione di una diversa e più completa identità femminile dove il valore del sè non è più rappresentato solo dall'essere madri, ma anche ed in misura uguale, dall'essere titolari di un erotismo completo ed appagante.
Il rapporto delle donne con il proprio corpo si è radicalmente trasformato.Aver aggirato con la contraccezione la trappola di possibili gravidanze non volute, ha significato tra l'altro che il corpo delle donne non è più prevalentemente portatore di dolori - quelli mestruali, quelli della deflorazione, quelli del parto - ma è una fonte di desiderio e di emozioni da vivere finalmente non di riflesso, ma in prima persona.
Paradossalmente tutto questo è avvenuto grazie alla contraccezione anche se rimaneva incredibilmente basso il numero di coloro che ne facevano uso. Come se la pillola, prima e più che una concreta pratica preventiva, fosse diventata una leva culturale e simbolica che ha prodotto cambiamento al di là ed indipendentemente dal consumo reale che ne facevano le donne.

Le trasformazioni e le crisi
L'antico nucleo emotivo che vedeva uniti in un unicum inscindibile amore, sesso e figli, ha subito negli anni una vera e propria diaspora.
Il sesso senza amore era probabilmente una condizione che le donne "pativano" frequentemente nel passato. Si trattava di qualcosa da subire in silenzio, senza partecipazione e senza diritti; oggi, al contrario, la sessualità può essere vissuta come una gratificazione fine a se stessa, del tutto indipendente dall'amore o da progetti di coppia. E i figli, se e quando li si desidera, si possono persino avere senza far sesso.
Non si può immaginare che cambiamenti così radicali e terribili non producessero riassetti psicologici: le donne prima e successivamente, per una sorta di trascinamento gli uomini, si resero conto che una volta abbattuti i vincoli di certe situazioni di svantaggio biologico, emotivo e culturale ci si doveva confrontare con i riflessi interni di quegli "abbattimenti".
La diversa distribuzione di potere e responsabilità nel rapporto uomo-donna ha prodotto un maggior bisogno di libertà individuali e di gratificazioni narcisistiche. Le donne, favorite anche dalle mutate situazioni economiche, dai progressi tecnologi, dalla liberalizzazione dei costumi hanno trasformato bisogni ed aspirazioni in opportunità, carriera e ricerca di successo. Questo, se da una parte consente una più completa espansione delle potenzialità femminili dall'altra rende difficili ed ansiogene le scelte di maternità.
La famiglia sta vivendo mutazioni profonde.
L'identità maschile e quella femminile hanno subito, sia pure in termini diversi, fortissime sollecitazioni dalle quali sono derivate crisi e insicurezze. I problemi e le ansie rispetto alla procreazione hanno contenuti diversi che in passato. I giovani di oggi restano figli talmente a lungo che quando trovano il coraggio di diventare genitori si accorgono spesso di aver lasciato trascorrere più tempo del dovuto.
In questa situazione decidere i tempi della procreazione diventa una scelta carica di ansie e di incertezze ancor più di quanto lo fosse in passato. Il mondo della coppia è inizialmente circoscritto ad un progetto a due; in genere è per condividere emozioni e sentimenti e non per obbedire all'antica istanza sociale di "farsi una famiglia" che i giovani decidono di "mettersi insieme". Differire la decisione di avere un figlio non è legato, come molti frettolosi censori affermano, all'emancipazione delle donne o più in generale all'egoismo dei giovani, ma piuttosto all'ansia diffusa rispetto ad un futuro che appare venato di oscure minacce. In questa situazione, gli uomini che già vivono una propria crisi di identità vedono dilatarsi le loro incertezze e si sentono vulnerabili e incerti. È anche per questo che le loro compagne avvertono a volte una nuova solitudine di fronte alle grandi scelte della contraccezione o della procreazione. L'idea più o meno fondata di dovere sobbarcarsi da sole il peso di decisioni tanto importanti, rischia di rallentare o bloccare il lungo laborioso processo di coinvolgimento di entrambi i partner nella scelta di una procreazione consapevole.

Le resistenze e le aspettative
La contraccezione ha perso con gli anni la forte carica ideologica che l'aveva sostenuta in passato. Per le donne del nuovo millennio la pillola non è più il simbolo alto della libertà, dell'emancipazione e della rivolta.
Di tutto questo, per loro fortuna, non hanno più bisogno perché certi valori e certe autonomie sono ormai acquisiti e normali. Proprio la caduta o comunque il progressivo attenuarsi dell'ideologia femminista ha consentito però alle antiche resistenze rispetto al contraccettivo di rinforzarsi e alle nuove di insinuarsi nelle scelte e nelle decisioni relative alla procreazione.
Alle vecchie paure di sentirsi "trasformare" nel corpo e nella mente dall'azione misteriosa e incontrollabile degli ormoni se ne sono aggiunte altre.
È in corso la nuovissima battaglia contro i farmaci vissuti in generale come "veleni" e nemici di una ideale "naturalità".
Resta forte, però, l'impegno delle donne a confrontarsi con le proprie profonde ambivalenze e a cercare nuovi modi per far convivere - meno dolorosamente possibile - autonomia, femminilità, maternità, lavoro. Lo sforzo di controllare e assoggettare la propria fisiologia ha richiesto e richiede alle donne una battaglia antica e non ancora del tutto vinta. Per questo "meritano" una ricerca scientifica che tenga conto delle difficoltà, della paure delle sfide che ancor oggi sono loro richieste.
Ciò che occorre è che la pillola incrementi al massimo la propria "leggerezza" non tanto e non solo in termini di dosaggi, ma soprattutto nell'accezione calviniana del termine cioè nel senso di sottrarre peso alla già difficile quotidianità delle donne. E degli uomini.