Regolazione autocrino-paracrina della cellula endometriosica



REGOLAZIONE AUTOCRINO-PARACRINA DELLA CELLULA ENDOMETRIOSICA


Francesca Minici1, Federica Tiberi2, Anna Tropea1, Mariateresa Orlando1, Maria Francesca Gangale1, Federica Romani1, Stefania Catino3, Vincenzo Campo1, Sebastiano Campo1, Rosanna Apa1-3, e Antonio Lanzone1-3


L’endometriosi è una malattia ginecologica benigna, estrogeno-dipendente, che interessa il 10-15% delle donne in età riproduttiva. Da un punto di vista biologico è caratterizzata dalla presenza di tessuto endometriale al di fuori della cavità uterina, istologicamente definita dal riscontro di entrambe le componenti: epitelio e stroma.
E’ la principale causa di dolore pelvico cronico, dismenorrea ed infertilità; tuttavia nonostante il grande interesse rivoltole dal mondo scientifico dagli anni ‘80 in poi, ancora si sa molto poco circa i meccanismi eziopatogenetici e le sue implicazioni fisiopatologiche. In linea generale le teorie eziopatogenetiche si dividono tra quelle che suggeriscono uno sviluppo “in situ”, attraverso fenomeni di metaplasia celomatica, e quelle che riconducono l’origine alla disseminazione dell’endometrio in sedi ectopiche, con meccanismi quali la mestruazione retrograda, la disseminazione linfatica e/o vascolare, l’invasione endometriale diretta (1). Attualmente l’ipotesi più accreditata è l’ipotesi di Sampson secondo la quale, cellule endometriali desquamate vengono trasportate in cavità peritoneale attraverso le tube da una mestruazione retrograda. Nelle donne che sviluppano la malattia le cellule endometriali aderirebbero alla superficie peritoneale, costituendo un potente stimolo pro-infiammatorio per il sistema immune ed innescando una reazione flogistica sia acuta che cronica, causa del dolore e dello sviluppo di aderenze pelviche. La discrepanza tra il frequente reperimento di cellule endometriali desquamate in cavità peritoneale e l’effettiva incidenza di endometriosi sintomatica, suggerisce il coinvolgimento di uno o più fattori predisponenti nella patogenesi della malattia.
Un possibile ruolo favorente è stato proposto per i seguenti fattori: l’ambiente ormonale, la predisposizione genetica, le alterazioni immunitarie, le alterazioni anatomiche e/o discinetiche del tratto utero-tubarico (2). Tuttavia, ad oggi, nessuno dei meccanismi ipotizzati spiega da solo il problema “endometriosi”, che riconoscerebbe, più verosimilmente un’eziologia multifattoriale.
Nel presente lavoro ci siamo proposti di analizzare i principali fattori biologici implicati nella promozione e nel mantenimento dell’endometriosi. Allo stato conoscenze attuali, le proprietà intrinseche dell’endometrio eutopico, le influenze endocrine, le anomalie immunologiche ed il microambiente peritoneale sono tra i fattori più studiati e, considerati i più probabili responsabili dell’adesione, impianto, sopravvivenza e crescita delle cellule endometriali endometriosiche.

Endometrio eutopico
Da un punto di vista molecolare e morfologico è stato possibile individuare differenze tra l’endometrio eutopico di donne con endometriosi e l’endometrio di donne sane L’endometrio eutopico delle pazienti con la malattia è caratterizzato da un’aumentata attività proliferativa ed angiogenetica, nonchè da numerosi cambiamenti funzionali ed immunologici, che lo rendono sempre più simile al tessuto endometriosico ectopico. Ricordiamo a tal proposito: la presenza di anticorpi verso specifici antigeni endometriali, l’aumentata secrezione di IL-6 da parte delle cellule stromali, la marcata infiltrazione leucocitaria e l’aumentata espressione di proteine chemiotattiche come la monocyte chemotactic protein 1(MCP 1) (3)(FIG 1).


Fig.1


L’ endometrio eutopico ha, inoltre, caratteristiche di “recettività” alterate, che ne spiegherebbero l’associazione coi quadri di sterilità associati ad endometriosi. Risultano per esempio alterati markers di recettività come le integrine, molecole di adesione, il cui pattern di espressione si modifica durante l’impianto, coesprimendo la catena ?1?4?3 solo durante la “finestra dell’impianto” embrionario. In caso di endometriosi è stata riscontrata una espressione deficitaria della catena ?v?3, che diventerebbe anche un potenziale parametro di diagnosi per l’endometriosi di grado lieve (4). Altre molecole, markers di recettività endometriale sono le ebaf (endometrial bleeding associated factor), molecole della famiglia dei Trasforming Growth Factors, espresse alla fine della fase secretiva, così come nell’endometrio mestruale. In uno studio che paragonava l’endometrio di donne con endometriosi a quello di donne sane, e l’endometrio di donne affette che ottenevano una gravidanza rispetto a quello di donne affette che non la ottenevano, si è dimostrata una riduzione della loro espressione, nell’endometrio di donne con endometriosi ed ancor di più nel gruppo di donne con endometriosi e sterili (5).
In un nostro recentissimo lavoro, abbiamo anche dimostrato l’alterata capacità delle cellule stromali endometriali eutopiche, di donne affette da endometriosi, di andare incontro al processo di decidualizzazione in vitro, rispetto alle cellule stromali di endometrio di donne sane. Il nostro risultato supporta l’ipotesi dell’esistenza di anomalie “intrinseche” della cellula endometriale eutopica, quale possibile primum movens nell’eziopatogenesi e nella promozione della malattia.
Anche da un punto di vista “ormonale” l’endometrio eutopico si comporta in maniera differente. Diversi studi confermano, attraverso analisi di immunoistochimica, l’espressione dell’enzima aromatasi sia nell’endometrio eutopico, che nell’endometrio ectopico (61% delle pazienti con endometriosi). La citocromo P-450 aromatasi è l’enzima catalizzatore la conversione dell’androstenedione in estrone, e la sua presenza nel tessuto endometriosico è considerata possibile responsabile sia dello sviluppo, che del mantenimento della malattia. Un recente studio dimostra altresì, che l’aggiunta di fluido peritoneale (FP), TNF-? o, soprattutto IL-6, stimola l’attività basale dell’aromatasi nelle cellule endometriali stromali, suggerendo una produzione locale di estrogeni, verosimilmente stimolata da fattori presenti nel FP delle pazienti (6). Questa produzione locale di estrogeni sembra suggerire che le cellule endometriali di donne con endometriosi hanno un potenziale proliferativo maggiore, rispetto alle cellule endometriali di donne sane. Tuttavia, gli studi in tal senso sono controversi. Jones e coll dimostrerebbero l’assenza di differenze in senso di attività proliferativa tra l’endometrio di donne con la malattia, rispetto all’endometrio di donne sane, viceversa Wingfield descrive un aumento della proliferazione in vivo delle cellule epiteliali, sia stromali che endoteliali, in donne con endometriosi.
Gli stimoli in grado di indurre la proliferazione delle cellule endometriali sono numerosi; in particolare, sono capaci di indurre proliferazione delle cellule stromali in coltura, alcune le sostanze contenute nel fluido peritoneale e/o follicolare endometriosico, e più precisamente le citochine ed i fattori di crescita prodotti dalle cellule immuni e con caratteristiche differenti rispetto a quelle di donne sane; inoltre, gli stessi macrofagi di donne con la malattia, cocoltivati con cellule endometriali, indurrebbero proliferazione di cellule epiteliali e stremali, in vitro, probabilmente sia a causa di un’ alterata funzionalità intrinseca di epitelio e stroma, sia per un effetto diretto dei fattori di crescita prodotti dai macrofagi(7).
Quanto il fenomeno “endometriosi” dipenda dal microambiente circostante o sia solo frutto di difetti intrinseci delle cellule endometriali eutopiche, resta tuttavia da chiarire.

Influenze endocrine
Abbiamo già sottolineato come, sia l’endometrio eutopico, che quello ectopico vadano incontro ad un processo di proliferazione estrogeno–dipendente e come tale quadro di stimolazione da iper-estrinismo, giochi un ruolo importante nella patogenesi della malattia.
Oltre all’anomala espressione dell’aromatasi, a livello dell’endometrio eutopico ed ectopico, si instaura un peculiare sistema autocrino-paracrino di amplificazione dell’attività dell’aromatasi, caratterizzato dalla stimolazione, da parte della PGE2, dell’espressione della citocromo P-450 aromatasi attraverso un pathway cAMP–dipendente (Fig 2).


Nelle donne con endometriosi è stata, inoltre, descritta una deficitaria espressione dell’enzima 17 beta idrossisteroide deidrogenasi di tipo 2 (17betaHSD type2), l’ enzima che catalizza la reazione di inattivazione dell’estradiolo (8). Questo meccanismo, che riduce i livelli di estrogeni, è assente nel tessuto endometriale ectopico, favorendo ancora di più la creazione di un ambiente iper-estrogenico. L’aberrante attività dell’aromatasi e il difettivo metabolismo dell’estradiolo nei pazienti con endometriosi sono dovuti a specifiche alterazioni molecolari e precisamente alla inappropriata espressione del fattore di trascrizione SF-1 (9) e alla presenza di una specie di “resistenza al progesterone”, selettiva del tessuto endometriosico (Fig 3).

Fig.3


Quanto detto apre importanti strade anche da un punto di vista terapeutico. L’uso di inibitori dell’aromatasi, insieme a farmaci immunomodulatori, e a farmaci anti-infiammatori, rappresenta infatti, la più promettente tra le strategie in studio nella terapia dell’endometriosi. In particolare l’uso di inibitori dell’aromatasi ha dato incoraggianti risultati nell’animale da esperimento e nel trattamento di forme post menopausali di endometriosi severa(6).


Anomalie immunologiche
Il ruolo svolto dalle alterazioni immunologiche nella adesione cellulare, nella persistenza e nella crescita del tessuto endometriale è molto complesso. In primo luogo, è poco chiaro se l’ endometriosi si presenti nei soggetti che hanno una predisposizione immunologica, oppure se la presenza di impianti endometriosici induca una risposta immunitaria peritoneale anormale responsabile dell’ auto-mantenimento delle lesioni. Entrambi i meccanismi, probabilmente, sarebbero coinvolti nella patogenesi dell’endometriosi. Alcuni ricercatori suggeriscono che una difettosa immuno-sorveglianza, in donne destinate a sviluppare l’endometriosi può spiegare l’adesione cellulare, la proliferazione e la crescita delle cellule endometriali ectopiche. In particolare Oosterlynck ha dimostrato l’esistenza di una diminuita attività e citotossicità delle cellule NK contro le cellule endometriali autologhe di donne con endometriosi (10). Diversi sono i meccanismi paracrini proposti come responsabili della perdita della immuno-sorveglianza del tessuto ectopico. Uno di questo è la competizione fra ICAM (molecola intercellulare di adesione) - 1 e sICAM, la forma solubile della molecola di adesione, per il legame ad uno specifico recettore di superficie delle cellule immuni. Recenti dati dimostrano che le cellule stromali endometriosiche secernono una quantità aumentata di sICAM rispetto alle cellule stromali dell’ endometrio eutopico.
Il legame tra ICAM, espressa sulle cellule presentanti l’antigene, ed il suo specifico recettore sulla superficie delle cellule immuni, è responsabile del riconoscimento dell'antigene NK-correlato e, della successiva azione citotossica. sICAM competendo al legame di ICAM col suo specifico recettore, inibirebbe l’azione di ICAM stesso. Un'altra via di perdita dell’immuno-sorveglianza coinvolge il sistema di espressione del ligando di Fas (FasL). Quando una cellula esprimente FasL lega una cellula immune col Fas di superficie, ne innesca la sua morte per apoptosi. Nelle cellule endometriosiche si osserva una up-regolazione dell’espressione di FasL, indotta da specifiche citochine presenti nel fluido peritoneale delle donne con la malattia, e responsabile di una anormale apoptosi delle cellule immuni, con un ulteriore relativo deficit della risposta immunitaria (Fig 4).



Se l'autoimmunità abbia un ruolo nella genesi dell’ endometriosi o rappresenti solo un epifenomeno della malattia è comunque ancora controverso. A parer nostro le cellule endometriali refluite, hanno, molto più verosimilmente, un difetto costitutivo nei confronti della risposta immunitaria peritoneale che porta alla loro persistenza e alla loro crescita. Questa persistenza di tessuto anomalo comporta non solo una ulteriore risposta autoimmune, ma anche una reazione infiammatoria secondaria contro l’endometrio ectopico (Fig 5).


Fig.5

Microambiente peritoneale
Il fluido peritoneale deriva soprattutto dal trasudato plasmatico e dall’ essudato ovarico e, in una piccola parte, dalle secrezioni della superficie mesoteliale e dal liquido tubale. La componente cellulare del liquido peritoneale deriva, invece, dalle superfici di rivestimento degli organi pelvici e dalle popolazioni cellulari immuni. Gli studi più recenti suggeriscono che il fluido peritoneale delle donne con endometriosi contiene, rispetto al FP di donne sane, un numero aumentato di macrofagi attivati e di altre cellule immuni, così come una quantità anormale di fattori di crescita e di citochine (11). Nell'impianto e nello sviluppo del tessuto ectopico, un ruolo primario è stato attribuito proprio alle citochine contenute nel fluido peritoneale ed in particolare alla interleuchina (IL)-6, IL-8 ed al tumor necrosis factor (TNF)-alfa. Queste citochine sono prodotte non solo dalle cellule immuni, ma anche dalle cellule endometriosiche degli impianti ectopici, sotto l’influenza di stimoli specifici. Le citochine sono sostanze proteiche che svolgono un ruolo centrale nella proliferazione, nell'attivazione, nell'adesione, nella chemiotassi e nella morfogenesi cellulare. Il TNFa in particolare, è attualmente riconosciuto come la citochina più implicata nella patogenesi dell’ endometriosi. Diversi studi mostrano che sia i macrofagi attivati, che l’ endometrio ectopico in sè, sono responsabili di una sua produzione anomala nel fluido peritoneale e che questa citochina è coinvolta nella proliferazione delle cellule stromali endometriosiche attraverso meccanismi diretti ed indiretti. Promettenti ricerche suggeriscono anche, che i TNFa-inibitori potrebbero diventare i farmaci del futuro, per il trattamento dell’ endometriosi; in effetti, è stato dimostrato che la terapia con anti-TNFa inibisce lo sviluppo dell’ endometriosi, sperimentalmente indotta, nel modello animale(12) (Fig. 6).

Fig.6

(*) Clinica Ostetrica Ginecologica - Università di Modena



Bibliografia:

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1Cattedra di Fisiopatologia della Riproduzione Umana, Università Cattolica del Sacro Cuore (UCSC), 00168 Roma, Italia
2Istituto Scientifico Internazionale “Paolo VI”, UCSC, 00168 Roma, Italia
3Istituto di Ricerca “Associazione OASI Maria SS ONLUS”, 94018 Troina (EN), Italia